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Giovani castellane in Sicilia per conoscere Libera

Una settimana presso un campo di Impegno e Formazione sui beni confiscati alle mafie, per conoscere più da vicino la realtà associativa di Libera: per un gruppo di giovani castellane l’avventura è iniziata il 23 luglio scorso nel campo di Naro, in provincia di Agrigento. Ce la racconta Erica Dametto, che l'ha vissuta in prima persona.

Una settimana presso un campo di Impegno e Formazione sui beni confiscati alle mafie, per conoscere più da vicino la realtà associativa di Libera: è l’esperienza che ogni anno impegna moltissimi giovani in tutta Italia. Il Coordinamento del Volontariato della Castellana da sette anni promuove questa esperienza e accompagna gli studenti degli istituti superiori della Castellana, nell’ambito del progetto Laboratorio Scuola Volontariato.
Domenica 23 luglio, il gruppo, composto da me, volontaria in Servizio Civile Nazionale, e da altre quattro ragazze, Anna, Laura, Greta e Carmen, si imbarca in un aereo con destinazione Catania per raggiungere il campo che abbiamo scelto: quello di Naro, in provincia di Agrigento.
Dopo aver passato la notte in un piccolo Bed & Breakfast nei pressi dell’aeroporto catanese, saliamo in un autobus diretto a Canicattì, a circa 10 chilometri dalla nostra destinazione finale. Durante il tragitto, facciamo conoscenza con l’altro gruppo composto da 10 persone che condividerà l’esperienza del campo con noi, il gruppo Scout A.G.E.S.C.I. Avola 1.
Ad aspettarci a Canicattì, ci sono i soci della Cooperativa Libera Terra-Rosario Livatino, che con le loro auto ci portano a Naro, presso il centro Sociale Sant’Agostino, dove alloggeremo durante la settimana di campo.
Nel pomeriggio, Carmela, responsabile di Libera per la provincia di Agrigento e nostra referente presso il campo, ci spiega un po’ come sarà organizzata la giornata tipo: sveglia alle 5 del mattino così da essere operativi alle 6 ed evitare le ore più calde; ci sposteremo nella contrada Robadao, a 10 minuti di macchina dal centro di Naro, per effettuare la risistemazione di un immobile in disuso da due anni, ora dato in gestione dallo Stato alla Cooperativa Rosario Livatino; nel pomeriggio, dopo il pranzo e i turni per le pulizie, si terranno invece diverse testimonianze.
Le mattinate di lavoro iniziano con le prime luci dell’alba: i soci della Cooperativa ci spiegano che è necessario svuotare lo stabile, che negli ultimi anni è stato usato come magazzino, per far sì che torni ad essere utilizzabile come sede della Cooperativa stessa e che i prossimi campi di Libera si possano svolgere al suo interno, risistemando le camere da letto, la cucina e le sale per gli incontri.
I gruppi, insieme, si mettono al lavoro: chi sposta i materiali, chi comincia a fare le pulizie e chi aiuta Ignazio, l’apicoltore, a sistemare le arnie per cominciare la produzione di miele.
Le mattinate sono impegnative, ma ricche di soddisfazione: vedere un immobile dapprima in disuso che inizia a prendere vita grazie al lavoro di un gruppo coeso porta non poche soddisfazioni e molte facce sorridenti. La fatica dell’alzataccia è senza dubbio ripagata!
Nei pomeriggi assistiamo a testimonianze diverse: il primo giorno incontriamo il nipote del magistrato Scaglione, il primo magistrato ucciso da Cosa Nostra il 5 maggio del 1971 e il procuratore di Agrigento, il dr. Salvatore Vella. La loro è una testimonianza di coraggio nello scegliere la strada più difficile della giustizia e della legalità, nel lavoro quotidiano a servizio dello Stato.
La seconda testimonianza, è quella di Piera Tramuta, sorella di Calogero, il cui sogno era quello di commerciare le arance delle terre siciliane in Toscana: viene ucciso nel 1996 da un mandante di Emanuele Radosta per aver osato sfidare la mafia locale e per non aver abbassato la testa davanti alle minacce. Si tratta di una testimonianza toccante e commovente di una donna che per tutta la sua vita si è battuta per dare giustizia al fratello. Un racconto che si intreccia con l’uccisione di Paolo e Giuseppe Borsellino.
Il terzo pomeriggio incontriamo due associazioni della zona: “Volontari di strada” di Agrigento e “A Testa Alta” di Licata. Entrambe ci raccontano la loro esperienza di impegno, formazione e di cittadinanza attiva.
Valentina Fiore, amministratore delegato del Consorzio Libera Terra, ci racconta il progetto “Libera Terra” ed è la protagonista dell’ultimo pomeriggio di testimonianze, insieme ad Andrea Messina e Umberto di Maggio, i quali ci parlano di imprenditori che denunciano gli estorsori e di beni confiscati in cui poter fare Laboratori di Impresa Libera, perché i beni confiscati siano per tutti e non di tutti.
Nella giornata di sabato ci spostiamo a Raffadali, dove è presente il Presidio di Libera “Vincenzo Mulé” per prendere parte alla giornata di attività organizzata dal presidio stesso. Il compito del gruppo è quello di dare nuova vita e colore a un muretto presente nella piazza di Raffadali.
Sotto la guida di Alvise Gangarossa, il muretto anonimo diventa un monumento portatore di un pensiero di Peppino Impastato: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”, in ricordo dei 25 anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio e di tutte le vittime innocenti di mafia e come antidoto a tutto il “brutto” che spesso ci circonda.
Nel corso di questa settimana siamo entrati in contatto con persone appassionate, che amano la propria terra e che collaborano per la realizzazione di un progetto comune ambizioso: la scelta di essere un cittadino attivo, attento e vigile, per percorrere la strada della legalità e della giustizia.
Abbiamo ascoltato storie di cittadini che hanno pagato con la vita per non sottostare alla volontà mafiosa. Siamo diventati testimoni di alcune realtà che si impegnano quotidianamente per
sconfiggere quel mostro chiamato mafia che risiede nel comportamento sbagliato di ogni singolo cittadino.
Abbiamo capito che bisogna agire, e non aspettare che qualcun altro lo faccia per noi.
Il cambiamento che tutti vorremo vedere, deve partire prima di tutto da noi stessi che, consapevoli, scegliamo la strada più difficile: essere cittadini attivi e attenti che camminano sulla strada della giustizia e della legalità e che si impegnano a trasformare la memoria in un impegno concreto verso il cambiamento.

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