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Nel duomo di Castelfranco un vero tesoro tessile

Esce un volume dedicato ad una collezione unica nel suo genere per quantità e  tipologie di tessuti, fondamentale per ricostruire la storia locale della Chiesa. Ne ha curato la ricognizione, l’inventario e lo studio, la storica del tessuto trevigiana Alessandra Geromel Pauletti in collaborazione con don Paolo Barbisan.

Sono 120 pezzi, alcuni veri capolavori d’arte, a costituire il tesoro tessile del Duomo di Castelfranco, una collezione unica nel suo genere per quantità e tipologie di tessuti, fondamentale per ricostruire la storia locale della Chiesa collegandola alla realtà sociale ed economica del territorio. Si tratta di pianete, tunicelle, piviali, veli omerali, abiti realizzati con telai a mano e merletti pregiati, alcuni addirittura risalenti alla fine del 1500.

Ne ha curato la ricognizione, l’inventario e lo studio, la storica del tessuto trevigiana Alessandra Geromel Pauletti su incarico della parrocchia e in stretta collaborazione con don Paolo Barbisan, vicario parrocchiale, all’interno di un progetto dell’associazione Amici dei musei e dei monumenti della Castellana che ha permesso l’uscita alle stampe, proprio in questi giorni, del volume: “Il tesoro tessile del Duomo di Castelfranco”. L’idea, accolta e sostenuta ancora da mons. Adriano Cevolotto, è stata poi condivisa e portata a compimento anche grazie alla disponibilità del nuovo parroco mons. Dionisio Salvadori.

“A dir la verità – spiega la curatrice dell’impegnativo e interessante lavoro cominciato nel 2012 -, a parlare per la prima volta dell’esistenza di questi paramenti fu Gian Paolo Bordignon Favero negli anni Sessanta. Noi abbiamo riaperto gli armadi e i bauli della sagrestia trovandoci all’interno un patrimonio di tessuti ricco e diversificato, in gran parte anche perfettamente conservato”.

Ci sono dunque paramenti liturgici che derivano da abiti civili donati alla Chiesa, per esempio vestiti da sposa o lasciti testamentari, smontati e riconfezionati ad uso religioso. I bauli ne hanno restituiti di marroni su cui campeggiano fiori sgargianti, lilla, azzurri e viola frutto della maestria rigorosamente maschile della corporazione dei tessitori. Ma escono anche veli omerali, stole impreziosite con ricami oro e argento, buste per l’elemosina ricamate a mezzo punto e perline, cuscini e piviali. Tra le pianete moderne pregevole quella donata da papa Giovanni XXIII negli anni ’50, dopo una visita in occasione delle celebrazioni di Pio X. Angelo Roncalli era l’allora patriarca di Venezia e solo qualche anno dopo, nel 1958, sarebbe diventato Giovanni XXIII come reca la scritta ricamata sul tessuto inviato dal Vaticano.

“Per studiare oggi la storia del tessuto non si può prescindere dalle sacrestie e da quanto esse custodiscono – sintetizza Alessandra Geromel per spiegare l’importanza di questo lavoro che è scientifico ma realizzato in modo da essere apprezzato anche da non esperti in materia -, soprattutto per lo stretto collegamento con il territorio che aiuta a tratteggiare una mappa di relazioni sociali, con gli ordini religiosi, con le famiglie della comunità. Nel caso di Castelfranco, oltre ad ipotizzare dei legami con il monastero fuori le mura, dobbiamo riconoscere un forte sentimento devozionale da parte della gente che, per rendere più bella e preziosa la Chiesa, offriva in dono ricami e tessuti”.

All’inizio del 2014 si dava per certo che oltre, alla pubblicazione “Il tesoro tessile del Duomo” sarebbe stata realizzata anche una mostra ad hoc, ma il taglio del contributo da parte dell’Amministrazione comunale non lo ha permesso. Certamente l’auspicio è che per il prossimo futuro maturino le condizioni per poter organizzare l’esposizione.

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