Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Biadene: festa per i 50 anni di ordinazione di padre Giuseppe Durante
Scalabriniano, il sacerdote è oggi in missione in Messico. L'esperienza più dura l'ha vissuta ad Haiti, dove ha trascorso vent'anni, tra violenza, ingiustizie e miseria. Il racconto dei tanti progetti realizzati
Una lunga e intensa esperienza pastorale e missionaria in tanti Paesi del mondo ha caratterizzato la vita di padre Giuseppe Durante, scalabriniano originario di Biadene, impegnato nel servizio verso il prossimo che continua tuttora in Messico, a Guadalajara, dove opera da alcuni anni. Questo cammino guidato dalla fede, iniziato con l’ordinazione sacerdotale 50 anni fa a Biadene, verrà ricordato domenica 11 giugno alle 11 nella messa che padre Giuseppe presiederà nella parrocchiale. Dopo la celebrazione liturgica seguirà il pranzo comunitario. Padre Durante ha vissuto come missionario per gli emigranti in Canada, Stati Uniti, Haiti, Colombia e Messico ed è un profondo conoscitore del continente americano. Per un breve periodo è ritornato dai suoi familiari, nel paese natale, dove lo abbiamo incontrato.
Con grande serenità, ci racconta come 50 anni fa c’era tutta un’altra comunità; il tempo è passato e il suo ricordo va alle tante persone che non ci sono più e che hanno lasciato in noi un senso di vuoto. “Nel mondo della mia infanzia - sottolinea padre Giuseppe - la fede si respirava in ogni momento della giornata, nella comunità e all’interno della famiglia. Il clima era gioioso. E qui, 70 anni fa (ora ne ho 77), in questo ambiente di profonda e semplice religiosità, è nata la vocazione missionaria, il forte desiderio di seguire la chiamata di Dio. Devo essere grato e riconoscente per la sana e salda formazione cristiana che ho ricevuto negli anni del Seminario da parte della Congregazione di cui faccio parte, ma anche per l’approfondita preparazione culturale che ho ricevuto e che è stata fondamentale per il mio servizio a favore dei fratelli. Ho studiato non solo teologia a Friburgo, ma anche filosofia alla Gregoriana a Roma, e quando sono andato in America, ho avuto l’opportunità di studiare Psicologia e Lingua e cultura inglese a Chicago. Sono così diventato cittadino del mondo e ho conosciuto e apprezzato tante culture, tante persone buone, aperte, accoglienti e ho scoperto che nel profondo del cuore umano c’è il desiderio di vivere in pace, di stare bene, di amarsi e di soffrire il meno possibile, anche se sfortunatamente la realtà non sempre risponde a questi desideri”.
“La prima esperienza di missionario per gli emigranti - mette il luce padre Durante - l’ho fatta in Canada, dove ho vissuto per 10 anni; sono stati anni in cui ero in mezzo alle comunità italiane, nelle parrocchie italiane di Toronto e Montreal, caratterizzate dalla presenza di famiglie giovani, con delle comunità in piena espansione. Le autorità valorizzavano la cultura italiana, volevano che le comunità italiane mantenessero i loro caratteri peculiari e finanziavano i cinema e la scuola italiana per integrare le persone e farle sentire protagoniste di un cammino comune. Ho il ricordo del Canada, quindi, come un Paese ospitale, bene organizzato, accogliente”.
L’esperienza più dura, prevalentemente indirizzata all’aiuto sociale - rivela padre Durante - è stata invece quella trascorsa ad Haiti per circa 20 anni, in un Paese poverissimo, dove purtroppo regnano violenza, ingiustizia, miseria. “Lì però abbiamo avuto l’opportunità, anche con l’aiuto generoso di tanti volontari montebellunesi, di realizzare opere sociali che sono un grande esempio di amore verso le persone bisognose: abbiamo, infatti, costruito un Seminario, una grande clinica e soprattutto, dopo il terremoto del 2010, con l’aiuto della Caritas e dei volontari italiani, abbiamo creato strutture che ospitano 350 seminaristi, la casa della Conferenza episcopale, un ampio ospedale e abbiamo avuto l’opportunità di edificare 6 villaggi (con complessive 350 case), uno dei quali si chiama Villaggio Montebelluna, con i fondi della Caritas italiana, di quelli francesi e canadesi. Avevamo creato anche un piccolo centro industriale, oggi un po’ trascurato, chiamato Futuro per Haiti (con un forno per fare pane e pasta), un centro cucina per i bambini, due grandi scuole, dall’asilo fino al liceo, per più di mille giovani. Sfortunatamente oggi la situazione ad Haiti è molto peggiorata, il Paese è in mano a bande criminali, alla violenza che obbliga molte persone a rimanere chiuse in casa: ci sono furti, sequestri, omicidi e la situazione è decisamente tragica”.
Attualmente padre Giuseppe opera in Messico, dove si dedica alla preparazione al noviziato dei giovani che provengono da diversi Paesi dell’America latina. “Molta parte di questi 50 anni li ho dedicati alla formazione - ci spiega il sacerdote -, nella nostra congregazione di San Carlo, prima come maestro dei novizi per 15 anni e dopo come formatore nei Seminari, in quel tempo molto floridi. Adesso anche in Messico, in Colombia ad Haiti le cose stanno cambiando, come in tutto il mondo. A Guadalajara, una grande città molto cattolica, dove vivo, le vocazioni diminuiscono col passare degli anni, così pure le nascite sono in forte calo”.
Il Messico come nazione è abbastanza evoluta - evidenzia padre Durante -, ma è caratterizzato da due grandi problemi: il narcotraffico con associata molta violenza, e l’emigrazione, non tanto quella dei messicani verso gli Stati Uniti, quanto quella che proviene dell’America centrale (Nicaragua, Haiti, Venezuela, Guatemala), da dove fuggono milioni di persone all’anno per cercare, attraverso il Messico, di entrare negli Usa. Questi immigrati subiscono violenze e sono sfruttati dai narcotrafficanti. Gli scalabriniani accolgono questi migranti disperati e li aiutano.
I cattolici messicani partecipano alle funzioni religiose e vivono una fede semplice, un po’ come era qui da noi un tempo: “E’ stato evangelizzato profondamente dai francescani, la gente ha stima della Chiesa e dei preti, perché i francescani 3 - 4 secoli fa promuovevano la fede attraverso lo sviluppo, fondando attività artigianali, e altro, quindi aiutando concretamente la popolazione. Ora però c’è bisogno, specialmente per i giovani, anche di esempi autentici e di una religione che riempia il vuoto creato dalla cultura moderna e dal consumismo”.