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Adolescenti che sentono il bisogno degli adulti, ricerca nella Castellana

Indagine della cooperativa sociale Kirikù. Studiano per realizzarsi, sono spesso online, ma al centro ci sono le relazioni

Studiano per realizzarsi e sono guidati da emozioni positive, ma sentono il bisogno di adulti che sappiano riconoscere le loro capacità e attitudini. E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge dalla recente indagine sui preadolescenti castellani, condotta dalla cooperativa Kirikù, in collaborazione con Sherpa, emanazione dell’università di Padova.

Il lavoro, presentato la scorsa settimana in un convegno pubblico che ha coinvolto istituzioni, realtà del territorio, parrocchie, si basa su oltre 300 questionari, compilati da ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 16 anni degli istituti comprensivi di Castelfranco e 19 interviste a “community holder”, persone a stretto contatto con il mondo dei preadolescenti che lavorano nelle dinamiche delle interazioni sociali. Tra i temi privilegiati, la relazionalità con i pari, il rapporto con la tecnologia e il coinvolgimento nella comunità.

“Abbiamo indagato sette ambiti di ricerca: pandemia e didattica a distanza, tecnologia e digitale, solitudine e socialità, conflittualità, futuro, bisogni e risposte della comunità, infine coinvolgimento nella vita pubblica” spiega Mauro Gazzola, presidente della cooperativa Kirikù.

Sul primo punto - il periodo pandemico - le risposte sono state univoche: la didattica a distanza ha avuto un impatto negativo o è comunque stata genesi di emozioni negative, ricollegabili anche alla scarsa socialità e alla difficoltà di gestire i propri stati emotivi. Oggi, invece, i rispondenti al questionario hanno manifestato, per l’82%, almeno un’emozione positiva. La tecnologia e il digitale, temi importanti anche durante la pandemia, sono riconosciuti dai ragazzi e ragazze come pervasivi (il 59% di chi ha risposto al questionario ha dichiarato di dedicarci 1-2 ore al giorno, il 33% da 3 a 5 ore), ma con potenziale positivo.

Nonostante la presenza online, sulla questione socialità è emerso che solo una minima parte degli adolescenti passa del tempo da solo, prevalentemente per i compiti, lo sport e altre attività analoghe; un campanello d’allarme sorge sul tema dell’alcool e delle sigarette, considerati ancora come mezzo di socialità e in parte non riconosciuti come dipendenze.

Inoltre dalle interviste emerge una scarsa fiducia nei confronti della figura adulta. La conflittualità si lega, tuttavia, in minima parte agli adulti: il 75% dei ragazzi che hanno risposto al questionario, la mette in relazione ai coetanei, e dalle interviste si segnala che, spesso, emerge prima nel digitale, per poi sfociare nel reale, ma una larga parte intravede la soluzione proprio nelle dinamiche di gruppo, per cui auspica una trattazione e condivisione più ampie di queste situazioni.

In generale, i giovani non pensano molto al loro futuro, e si concentrano di più sul presente, ma, quando lo fanno, il 70% dei questionari riporta che aspirano al benessere economico tramite il lavoro, e che per il raggiungimento dei propri obiettivi prevalgono i fattori individuali, come lo studio (79%). Infine, sulla questione del coinvolgimento nella comunità, si segnalano scarsa collaborazione tra realtà e la necessità di formare operatori e genitori e la richiesta da parte dei giovani di essere educati a loro volta su temi come affettività e sessualità.

C’è, inoltre, da parte loro voglia di restituire e quindi offrire aiuto al prossimo: in particolare, l’ambito sportivo è il più attrattivo (69% attivi e 67% interessati), quello della legalità ha il minor numero di persone coinvolte (2%) ma stimola l’interesse di molti (21,4%), e in generale le tematiche che interessano di più sono sport, arte, cultura e ambiente.

“Questa indagine ci è stata molto utile per poterci confrontare tra operatori nel settore e individuare nuovi ambiti di intervento e per cercare insieme delle soluzioni alle fragilità e ai bisogni segnalati, ma anche metodi e strumenti per incoraggiare quanto di positivo è emerso da questi giovani - spiega ancora Mauro Gazzola -. La ricerca mette in particolare evidenza che, in generale, i ragazzi e le ragazze coinvolti studiano per realizzarsi e sono guidati da emozioni positive, ma sentono il bisogno di adulti che sappiano riconoscere le loro capacità e attitudini. Cercano in noi adulti un confronto e una guida, e noi dobbiamo imparare a essere davvero all’altezza di questa richiesta per aiutarli a realizzarsi come cittadini e individui”.

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