Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Trasporto pubblico: un binario morto
Sentenza dura per il Veneto. La Corte costituzionale blocca il ricorso presentato dalla Regione sulla ripartizione dei fondi nazionali per il trasporto pubblico. Si apre una falla per un settore che richiede più di 350 milioni all’anno: fondi a supporto delle aziende che operano sul territorio. La decurtazione è di circa 30 milioni di euro, soldi che sarebbero stati utilizzati per rinnovare ulteriormente le flotte del trasporto.
Diversamente è andata per Lombardia e Lazio, ritenute regioni che investono nel settore del trasporto pubblico. Nonostante ciò, la Regione Veneto ha anticipato i fondi, che solitamente arrivano dallo Stato e che sono stati assegnati per quest’anno, per evitare che le aziende restino a corto di liquidità: sono circa 64 milioni, di cui 40 milioni andranno al trasporto su gomma e 21 al trasporto ferroviario. La parte del leone la fa Venezia, con i suoi 17 milioni; Treviso è al quarto posto, dopo Padova e Verona, con 4 milioni.
Sistema in sofferenza
La criticità, comunque, esiste, e l’assessora ai Trasporti e vicepresidente della Regione, Elisa De Berti non nasconde il suo disappunto. “Prendiamo atto della sentenza della Corte costituzionale, che peraltro sollecita il Ministero a definire i criteri di riparto del fondo basati sull’efficienza dei servizi, attesi dal 2017. Se questo avverrà nei termini, per noi non ci sarà alcuna penalizzazione, anzi una crescita degli stanziamenti. Riteniamo che non sia corretto dire che dove si spende di più il sistema sia più efficiente”.
Il sistema del trasporto pubblico è in sofferenza in Veneto, come testimonia il difficile avvio dei trasporti per l’anno scolastico. Certamente, ha contribuito a una certa confusione l’aumento delle scuole che utilizzano la settimana corta, ma ci sono fenomeni nuovi e critici. Ad esempio, la fuga degli autisti verso l’Alto Adige, dove lo stipendio è di mille euro in più. Così, a Padova sono stati tagliati i servizi festivi. E, invece del tram, si è dovuto utilizzare un autosnodato alternativo, per mancanza di autisti abilitati. Nel Bellunese, neppure l’introduzione del biglietto unico, per ora una sperimentazione in Veneto, benché De Berti lo abbia annunciato dal 2018, ha risolto un problema che ormai è endemico.
A inizio anno diversi studenti si sono trovati a piedi a fine scuola, senza poter rientrare a casa.
De Berti, di fronte alla crisi, introduce un tema delicato, ovvero l’istituzione di singole agenzie provinciali, un po’ come avviene per le Ulss, sottraendo al controllo dei Comuni e delle Province, le municipalizzate del trasporto pubblico. L’assessora insiste sull’integrazione tra ferro e gomma, tra trasporto automobilistico e ferroviario. Una linea che, però, si scontra con la cancellazione, nel 2018, del progetto Sistema metropolitano ferroviario regionale, Smfr, che ha privato la regione di una rete infrastrutturale, per consentire treni cadenzati ogni 15 minuti tra le principali città.
Soluzioni di emergenza
La soluzione di emergenza che viene proposta è quella di contenere l’evasione dal pagamento del biglietto, l’attivazione dei servizi a chiamata (inaugurati nel Bellunese con la soluzione di “Trillo”, sperimentati a Treviso e presenti, almeno per i diversamente abili, in altre province) e addirittura l’apertura di un tavolo con il trasporto pubblico garantito da privati, come tassisti e noleggiatori.
Il segretario regionale della Filt-Cgil, Alessandro Piras, legge in queste proposte un abbandono della funzione pubblica, soprattutto da parte delle aziende di trasporto, a favore di servizi più dedicati ai turisti piuttosto che ai pendolari: “Lo fanno per sostenere i bilanci, ma di fatto penalizzano i cittadini”.
Scioperi e proteste
Le difficoltà sono via via cresciute. A Venezia, il 9 settembre 2024, si è tenuto uno sciopero di sei ore, che ha coinvolto autobus, tram e vaporetti. L’agitazione ha completato una tre giorni di scioperi che ha colpito, in successione, aerei, treni e trasporto locale. A Padova, nelle ultime settimane, le lamentele da parte degli utenti hanno riguardato i ritardi e le frequenti cancellazioni delle corse dei bus, specialmente durante gli orari di punta. A Treviso, a luglio, gli autisti Mom hanno protestato per la mancanza di sicurezza e per le difficoltà nelle manutenzioni.
Sono le zone periferiche a risentire maggiormente delle difficoltà del trasporto. I giorni festivi, in particolare le domeniche, sono quelli più drammatici.
Le corse si diradano, e spesso sono composte da percorsi tortuosi o cambi che raddoppiano i tempi di viaggio. In questo caso, a essere penalizzati sono i turisti: è complicato recarsi ad Asolo, a Portobuffolè, ad Altivole, sul Grappa, nei colli del Prosecco, alle ville venete o sui Berici nelle giornate festive, pur partendo da snodi centrali, come Mestre o Padova. Per le scuole, qualcuno si è inventato il “taxi comunale”, come è successo ad Arabba, un’idea già praticata in altre parti d’Italia, con il sindaco che noleggia con conducente per portare i ragazzi a scuola.
Ma il trasporto pubblico locale ha bisogno di soluzioni di lungo termine e non estemporanee.