giovedì, 21 novembre 2024
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Migranti, quelle "altre" morti riguardano anche noi

Riflessione sul nuovo dramma accaduto al largo della Libia: "Non miglioreremo la qualità della nostra vita chiudendoci in noi stessi, nella nostra famiglia, nel nostro paese, nella nostra Nazione"

Centotrenta. All’ingresso di tante delle nostre chiese c’è un cartello con su scritto un numero come questo, che segnala l’accesso massimo di persone in osservanza alle norme di distanziamento anti pandemia.

Proviamo ora a immaginare: improvvisamente, durante una messa, tutta quella gente viene inghiottita dalla terra, e scompare. Questo è accaduto, in mare, la scorsa settimana, dopo ore di disperate richieste di soccorso. Uomini, donne, bambini. Giovani, più giovani della media delle nostre assemblee liturgiche. La nostra attenzione è satura, i nostri cuori sono già occupati da altre morti che si susseguono nello stillicidio della pandemia. Che fa emergere con brutalità la nostra fragilità umana. A partire da quella della nostra salute, pur salvaguardata da protocolli, da vaccini, da un sistema sanitario che continua a reggere, anche se  con fatica. A seguire, la precarietà dei nostri progetti, la fragilità del crescere dei nostri figli, la distanza nelle relazioni, negli affetti, nei corpi.

E tutto questo rende ancor più difficile anche soltanto accorgersi di queste “altre” morti. Cronache di morti annunciate, in fondo, chi gliel’ha fatto fare di imbarcarsi in un simile viaggio… E serve a poco ricordare ancora una volta che se padri madri e figli decidono di correre tali rischi, per mare o per terra, alle spalle devono avere orrori ancora più terrorizzanti e che la speranza di salvarsi deve avere una presa ancor più forte nel loro cuore, nella loro mente, nella loro volontà.

Certo, potremmo più o meno cinicamente o realisticamente pensare che se vogliono correre rischi simili sono affari loro. Io credo non sia così. Lo scrivo con stanchezza, ma con necessaria tenacia: sono anche affari nostri, riguardano anche noi, anche il nostro oggi. Anche durante questa “cronica” pandemia, che non cancella il complesso di questioni non risolte le quali continuano a mettere a rischio il futuro di tutti, non possiamo dimenticare le situazioni globali di disuguaglianza, le emergenze climatiche, le guerre combattute con le armi o con l’economia, i flussi di migrazioni che da tutto questo hanno origine. E il nostro invecchiare come nazione, che la pandemia ha solo rallentato, nel modo più brutale... e che pone domande sul domani alle quali forse solo chi è più giovane potrebbe rispondere... Riguardano anche noi, allora, queste morti: perché ci gridano il rischio che con loro muoia anche una parte del nostro possibile futuro e che, con l’indifferenza nei confronti degli orrori che le hanno generate, muoia anche un altro tratto della nostra umanità.

Papa Francesco ci ricorda che peggio della pandemia ci sarebbe solo il non aver imparato niente da quello che ci sta accadendo. Un insegnamento importante, allora, è che non miglioreremo la qualità della nostra vita, personale e collettiva, chiudendoci in noi stessi o nei confini della nostra famiglia, del nostro paese, della nostra Nazione, ma dovremo usare tutta la creatività dell’intelligenza per ristrutturare il sistema globale in modo più equo e sostenibile. Dal punto di vista evangelico, facendoci prossimi, con sapienza e lucidità, a chi è più fragile ed escluso, perché c’è bisogno delle energie di tutti per costruire il bene di tutti.

Ricordiamo quei 130, domenica prossima quando ci troveremo a celebrare l’eucaristia: guardiamoci in faccia, e proviamo a immaginare, di essere di colpo inghiottiti dal mare... E proviamo a non rassegnarci all’indifferenza, ma nemmeno a una stanca commiserazione: piuttosto, a livello civile e a livello ecclesiale, impegniamoci a usare mente e cuore per progettare un futuro in cui questo non accada più. Si può fare anche  nel contesto della nostra Chiesa locale, delle nostre comunità cristiane. E chiediamo a chi sta progettando ripartenza, che pure questa venga considerata, fra le questioni decisive per il nostro domani.

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