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Di fronte all'orrore: rimaniamo cristiani!

“Non avrete il mio odio”, dichiara con enorme determinazione Antoine Leiris, a cui i terroristi hanno ucciso la moglie. Oltre ogni retorica, impariamo da lui.

20/11/2015

Una sera qualsiasi, gente qualsiasi. Un commando di uomini che entrano in edifici pubblici, sparano a mitraglia, si fanno saltare in aria. Ma stavolta capita a Parigi. Un messaggio chiaro: possiamo trasformare ogni città d’Europa in una qualsiasi città della Siria, dell’Iraq, dell’Afghanistan, di Israele, della Palestina, della Nigeria, … E certo che i volti di quei morti ci spaventano, più delle migliaia d’altri che avvengono quotidianamente, un giorno qualsiasi… perché in quei volti posso riconoscere il mio, mi rendo conto che potrebbe capitare a me, ai miei figli, ai miei genitori…

E allora via a bombardare, subito, in proprio, e a dare un giro di vite ai diritti di base, costituzionali. Per la sicurezza. Di chi? Di tutti noi che rischiamo la vita oggi in Europa o di chi colpevolmente si implica ogni giorno in scelte di guerra, che lasciano dietro a sé macerie di ogni tipo come in Libia, in Iraq, in Afghanistan, in Siria?

Di chi, come in un copione ormai logoro, tenta di addestrare futuri guerriglieri credendo possano diventare utili nemici dei propri nemici, e poi dire “ci sono sfuggiti di mano”?

Resistere alla tentazione

E allora, a noi che diciamo di esser cristiani dico: rimaniamo cristiani!

Mentre piangiamo i morti e ci indigniamo con orrore contro chi li ha uccisi, non lasciamoci vincere dalla tentazione di rispondere con altrettanta indiscriminata violenza a chi vorrebbe uno scontro totale, tutto l’Islam contro tutto l’Occidente. Resistiamo alla tentazione dell’omologazione, del fare d’ogni erba un fascio. Perché è quanto vogliono coloro che hanno pianificato gli attentati di Parigi, come quando hanno compiuto l’attacco a Charlie Hebdo: far pensare a noi che tutto l’Islam scende in guerra contro l’Occidente e ai musulmani che tutto l’Occidente è sceso in guerra contro l’Islam. E questo è pure quanto vuole chi, dall’altra parte, grida alla crociata contro i “bastardi islamici”. Mentre uno dei tratti più caratteristici del volto del Dio di Gesù è di conoscere fino in fondo ogni volto, ogni cuore, ogni storia…
Rimaniamo cristiani, capaci ancora di pensare e di credere che il bene che abbiamo fatto e possiamo continuare a fare si mostrerà più forte della violenza e della morte seminata con tanta fredda determinazione. Rimaniamo cristiani, capaci di riconoscere nei tanti musulmani presenti da anni fra noi delle persone a loro volta tragicamente ferite da quanto pochi terroristi senza scrupoli hanno compiuto a Parigi e continuano a compiere in troppi altri luoghi, con troppe complicità nascoste. Rimaniamo cristiani, capaci di stimolare nei tanti musulmani che conosciamo un processo sempre più forte di reazione a questa violenza infame, da cui loro stessi sono danneggiati; e quando lo fanno, non trovano in genere grande spazio sui media di turno. Rimaniamo cristiani, che sanno farsi solidali e dar voce ai troppi altri cristiani perseguitati nel mondo, e insieme sanno allearsi con tutti coloro che senza violenza vogliono difendere i diritti di ciascuno alla libertà e alla pace.
Azioni necessarie
Come cristiani (e come uomini e donne) rimaniamo capaci di pensare, di so-stare nel conflitto, i nostri quotidiani come quelli globali. Riconoscendone la presenza, ma senza pretendere di averne già la soluzione. Rimaniamo cristiani che pensano, capaci di dire che non basta l’azione di forza a sconfiggere il terrorismo, ma che ne sono necessarie molte e molte altre. Azioni come un controllo più diretto ed efficace sul mercato delle armi e del petrolio (L’Isis a qualcuno pur lo vende, per finanziare la sua strategia del terrore, e da qualcuno pur compra le armi che usa, quando non sono quelle sottratte dagli arsenali iracheni). Azioni come una soluzione più stabile ed equa della crisi infinita in Palestina, sottraendo uno dei più triti argomenti usati per convincere giovani marginali ad arruolarsi nelle file dei terroristi. Azioni come un riesame del sistema economico e finanziario internazionale, che ha troppe falle nelle quali si innestano operazioni di finanziamento terroristico. Ma anche finalmente l’avvio di un processo di mutazione verso un sistema più equo, nel quale ogni popolo possa avere accesso alle risorse della “casa comune”, e farsi carico della sua gestione, sottraendo argomenti a chi gioca sullo “strapotere occidentale”. Ma anche la collaborazione sempre più stretta con quei musulmani i quali sul nostro territorio continuano ad affermare che chi compie simili azioni di violenza, di carneficina, “non è musulmano”, anche se grida “Allah è grande”. Perché non vuol vedere, ascoltare, capire che i nomi di Dio con cui inizia la prima sura, il primo capitolo del Corano, recitata cinque volte al giorno nella preghiera quotidiana, è “bismillâhi ‘ar-Rahmâni, ‘ar-Rahîm, nel nome di Allah, il clemente, il misericordioso”. E che queste caratteristiche del Dio in cui quegli assassini dicono di credere sono assolutamente in conflitto con il massacro di chiunque, ancor più di persone inermi, di vecchi, di donne, di bambini. Rimaniamo cristiani, che fanno ogni giorno la fatica di distinguere nel volto del musulmano o della musulmana che incontrano alla fermata del bus o al lavoro o al supermercato i tratti di un volto di Cristo che anche in lui, in lei ci interpella, ci chiama, tutti, all’incontro, al dialogo, che unici possono sconfiggere la violenza, la paura, la morte.

Le azioni nostre, di gente di tutti i giorni
“Non avrete il mio odio”, dichiara con enorme determinazione Antoine Leiris, a cui i terroristi hanno ucciso la moglie. Oltre ogni retorica, impariamo da lui. E insieme a tanti altri ed altre, rimaniamo umani che scelgono con tenacia, con forza, con speranza, di continuare a “distinguere nell’inferno ciò che non è inferno, e a farlo durare, e a dargli spazio”. Certo, questo chiede “attenzione e apprendimento continui”, un lavoro faticoso e sempre provvisorio compiuto dall’intelligenza della mente e del cuore (I. Calvino).
Credo sia l’unica possibilità che abbiamo, noi gente di tutti i giorni, qualsiasi sia la nostra fede religiosa o politica, per agire a favore di un mondo che non precipiti nella violenza e nell’odio più estremi: non dimenticare i conflitti e le morti che ogni giorno insanguinano il cammino dell’umanità, ma agire perché quanto di buono posso fare sia fatto con cura, con determinazione, facendolo crescere assieme a tutto quanto di buono possa fare chi vive vicino a me, con il quale condivido il desiderio di una vita più degna di essere vissuta, da parte di tutti.
Noi che diciamo di essere cristiani, rimaniamo cristiani: non lasciamoci rubare il Vangelo della tenace misericordia, del desiderio di perseguire la pace, della giustizia che fa crescere dignità, di un amore intelligente e creativo. Rimaniamo cristiani… a costo della croce.

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