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Papa Pio X autentico riformatore

Dopo gli studi del centenario, conosciamo meglio la figura di san Pio X, un pontefice che ha saputo affrontare le sfide del suo tempo, perché, nel mondo che si affacciava al secolo XX, la Chiesa sapesse rispondervi in maniera adeguata, rimanendo fedele alla sua missione

Quando si parla della riforma pastorale di Pio X, il riferimento è ai numerosi atti di governo che hanno contraddistinto il pontificato in senso riformista, anche se non è mancato chi ha saputo coniugare il carattere pastorale - pratico delle riforme con i documenti più importanti. In un mondo che si sta sempre più allontanando da Dio, come dimostrano sia le correnti ideologiche e culturali, sia le legislazioni degli Stati un tempo cristiani, è necessario che la Chiesa reagisca, impegnandosi in una duplice battaglia da attuarsi contemporaneamente: una repressiva, contro i nemici interni, i “modernisti” appunto, che, cercando un dialogo con il mondo moderno, rischiano di assumerne le categorie e di vanificare lo specifico cristiano, e una riformatrice, che mettendo fine a inerzie, abusi, disfunzioni, convogli tutte le energie alla realizzazione delle missione pastorale affidata alla Chiesa dal Signore.

Instaurare omnia in Christo. Fin dall’inizio del pontificato, nella sua prima enciclica «E supremi apostolatus» del 4 ottobre 1903, emerge un obiettivo pastorale chiaro, che nasce da una lettura della situazione storica, e in particolar modo culturale, del suo tempo e che egli esprime nel motto «Instaurare omnia in Christo», che costituirà per lui punto di riferimento per tutto il pontificato. Questo versetto del primo capitolo della Lettera di Paolo agli Efesini rappresenta un programma che Pio X ha certo maturato nel corso della sua esperienza pastorale precedente, ma che nel modo in cui è espresso, costituisce nel suo percorso di vita una novità del pontificato. Nel pensiero di Pio X tale obiettivo va raggiunto attraverso una duplice azione: di primo annuncio nelle terre di missione e di riconquista degli strati della popolazione in cui la fede, oppure il suo senso genuino è stato perduto. Tutto ciò, come egli esprime nell’enciclica «Il fermo proposito» del 1905 riguarda «non solo ciò che appartiene propriamente alla divina missione della Chiesa di condurre le anime a Dio, ma anche ciò che ne deriva: la civiltà cristiana nel complesso di tutti e singoli gli elementi che la costituiscono, combattere con ogni mezzo giusto e legale la civiltà anticristiana, ricondurre Gesù Cristo nella famiglia, nella scuola, nella società; ristabilire il principio dell’autorità umana come rappresentante di quella di Dio; prendere sommamente a cuore gli interessi del popolo e particolarmente del ceto operaio ed agricolo».

Le sue priorità da Papa. All’interno di questa prospettiva, Pio X ha una forte consapevolezza della sua missione e della responsabilità che ne deriva: «Il Papa è il guardiano del dogma e della morale; è il depositano dei principi che formano onesta la famiglia, grandi le nazioni, sante le anime; è il consigliere dei principi e dei popoli; è il padre per eccellenza che in sé riunisce tutto che vi può essere di amorevole, di tenero, di divino». Accanto al Papa, importantissimo è il compito dei vescovi, sui quali incombe l’obbligo di vigilare (questo indica l’origine della parola “vescovo”) sui vari aspetti della vita cristiana. La priorità è costituita dall’istruzione religiosa dei fedeli, oggi diremmo della formazione cristiana, che i vescovi devono garantire anche con la loro predicazione qualificata. Una seconda priorità riguarda la formazione teologica, spirituale e pastorale dei sacerdoti, con una particolare cura nei confronti dei seminari, dei sacerdoti novelli e attraverso un percorso di educazione permanente nel ministero. Anche la santificazione del clero è una preoccupazione principale del Papa. L’esortazione apostolica “Haerent Animo” del 1908 è la prima di un papa ai sacerdoti: in essa enuclea i principali aspetti della spiritualità sacerdotale. A questo riguardo è duplice l’attenzione da avere: «C’è chi crede, anzi chiaramente professa, che il merito del sacerdote consista semplicemente nel sacrificarsi tutto al bene degli altri; per cui trascura quasi del tutto quelle virtù, che mirano al perfezionamento individuale». Ma, insieme, il sacerdote deve stare in guardia «affinché indotto da un malinteso desiderio della sua perfezione interiore, non trascuri alcune di quelle parti del suo ministero, che spettano al bene dei fedeli. Tali sono la predicazione della Parola di Dio, l’ascoltare le confessioni, l’assistere gli infermi e specialmente i moribondi, l’istruire gli ignoranti nelle cose di fede, il consolare gli afflitti, il ricondurre i fuorviati, l’imitare in ogni cosa Cristo». Pio X si occupa del laicato in particolare nel motu proprio «Fin dalla prima» del 1903 e nell’enciclica «Il Fermo proposito» del 1905, per l’istituzione e lo sviluppo dell’Azione cattolica. Qui il Papa afferma che l’associazionismo laicale va senz’altro favorito «per la santificazione delle anime, ma anche per diffondere e sempre meglio dilatare il Regno di Dio negli individui, nelle famiglie e nella società, procurando ciascuno, secondo le proprie forze, il bene del prossimo con la diffusione della verità rivelata, con l’esercizio delle virtù cristiane e con le opere di carità o di misericordia spirituale e corporale».

La rivisitazione del centenario. Il centenario della morte celebratosi nove anni fa, ha offerto l’occasione per una rivisitazione della figura di Papa Sarto. Dopo il grande entusiasmo suscitato dalla sua beatificazione e canonizzazione, avvenute rispettivamente nel 1951 nel 1954, si era assistito, negli anni del post Concilio, sia a un oblio, sia a una messa in discussione dovuta al suo atteggiamento nei confronti del modernismo, sia anche alla strumentalizzazione fattane dai lefebvriani in esclusiva chiave tradizionalista e anticonciliare. Una più attenta e pacata analisi storiografica, già a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, aveva contribuito a metterne in luce i molteplici aspetti. I convegni, le iniziative, le pubblicazioni avvenuti nel 2013-2014 - in particolare nella nostra Diocesi - hanno notevolmente ampliato gli orizzonti, sia occupandosi di tutte le stagioni della sua vita, e non solo del pontificato, ricollocandone la figura nell’ambiente sociale, culturale ed ecclesiale, sia facendo emergere dimensioni poco conosciute della sua azione. Mettendo insieme i vari contributi apparsi, la categoria sintetica che risulta a definirne l’azione è quella di “riforma pastorale”. Si può dire, a ragion veduta, che non vi è stato ambito della vita della Chiesa in cui Pio X non sia intervenuto per ordinare, riorganizzare e riformare. Ciò corrispondeva a una visione d’insieme che il Papa aveva, a un’idea centrale che riconduceva a Cristo, come diceva il suo motto, tutto l’agire della Chiesa.

Gli studi più recenti hanno continuato ad approfondire gli ambiti di riforma attuati nel pontificato, già scandagliati (catechismo, curia romana, diritto canonico, musica e liturgia, formazione del clero), ma insieme hanno fatto luce anche su altri aspetti come quello della sua formazione e quello del suo ministero precedente al papato, e su altri ancora come l’attenzione ai problemi sociali, alla situazione degli indios dell’America del Sud, al mondo dello sport.

Certamente ora conosciamo più e meglio la figura di san Pio X, un pontefice che ha saputo affrontare le sfide del suo tempo, perché nel mondo che si affacciava al Secolo XX la Chiesa sapesse rispondervi in maniera adeguata, rimanendo fedele alla sua missione. San Pio X è il primo della scia dei cinque papi santi del ‘900, che, rivedendo in chiave pastorale la figura e il ruolo del pontefice, hanno contribuito non poco al rinnovamento della Chiesa.

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