Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Romeo e Giulietta e after Juliet

Da un lato la storia d’amore più celebre di tutti i tempi, dall’altro l’inesplorato tempo che la segue. Il prima e il dopo. Sabato 20 e domenica 21 luglio, alle ore 20.00, al Teatro Del Monaco di Treviso, va in scena Prato inglese, il dittico firmato da Filippo Dini. A comporlo sono Romeo e Giulietta, la tragedia shakespeariana per eccellenza, e After Juliet, un sequel dai caratteri moderni. Due atti della stessa storia, uno frutto della genialità del Bardo, l’altro della penna contemporanea della scrittrice e drammaturga scozzese Sharman Macdonald.
Dopo il debutto al Carignano di Torino e al Teatro Romano di Verona, gli attori diplomati della Scuola del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, diretti da Filippo Dini, tornano in scena a Treviso interpretando la tragedia che meglio esprime lo scontro tra generazioni. E la sua prosecuzione. Per due serate imperdibili.
L’amore contrastato, che finisce con la morte dei due innocenti amanti, è un tema avvincente per ogni pubblico, in qualunque luogo, in qualsiasi epoca. Romeo e Giulietta è una tragedia incentrata sull’odio radicato di due famiglie capace di condurre dei ragazzi, giovani e pieni di vita, alla morte. La prima sera ripercorre così la storia dei due amanti veronesi. Ma cosa accade ai Montecchi e Capuleti dopo la morte dei loro figli, Romeo e Giulietta? Benvolio, il migliore amico di Romeo, è innamorato di Rosalina, la cugina di Giulietta, ma Rosalina vuole vendicarsi. After Juliet inizia proprio dove il dramma di Shakespeare finisce per raccontare, con intensità visionaria e lampi di black humor, una vicenda ambientata in una città attraversata da lotte e odi che nemmeno il peggiore dei lutti riesce a sopire.
“Dal punto di vista sociale, ci siamo disinteressati delle nuove generazioni, i giovani sono stati penalizzati dall’esperienza del Covid, sono stati segnati dalla solitudine e sono aumentati i casi di autolesionismo e di depressione – afferma Filippo Dini nelle sue note di regia -. Tutti gli investimenti che riguardano i giovani, a partire da quelli sull’istruzione, vengono divorati e vandalizzati. Siamo in un’epoca di guerra, di violenza e massacriamo i nostri giovani, non diamo loro nessuna speranza. È esattamente così che accade in Romeo e Giulietta: quando nasce, l’amore deve essere eliminato. In After Juliet scopriamo che la pace che è stata proclamata è fasulla, e di nuovo i ragazzi si trovano a odiare”.
Storie di amore e odio, di speranza e redenzione che prendono vita all’interno di un parco giochi abbandonato. Tra uno scivolo, una giostrina con i sedili, la cabina di una ruota panoramica, tutto prende forma. L’impianto scenografico creato da Gregorio Zurla richiama alla memoria le foto del parco giochi della città fantasma di Pripjat, edificata a soli 2 chilometri dalla centrale nucleare di Črnobyl ed evacuata subito dopo l'incidente.
Prato inglese, produzione del Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale e del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, presenta due drammaturgie estremamente diverse ma capaci di smuovere con parole più o meno moderne corde profonde e sentimenti nascosti.
Note di regia di Filippo Dini
La tragedia di Romeo e Giulietta può essere letta come uno scontro generazionale, ma è sostanzialmente una storia di ragazzi. Il dittico parla di un massacro, della fine di tutto ciò che possiamo riferire alla gioventù: non si tratta di uccidere il bambino che è dentro di noi, ma di affrontare la morte delle generazioni più giovani, il massacro da un punto di vista mediatico. Le nuove generazioni sono uccise dai social, dall’ecoansia, sono già dalla nascita marchiate dal senso della fine, la fine del nostro pianeta. Questo senso di morte se lo porteranno dietro per tutta la vita. Romeo e Giulietta, per me, racconta questo. In un ambiente violento, di faida, di guerra, nasce un amore tra due giovani. La cosa più bella, più istintiva, legata alla natura più straordinaria dell’essere umano, la capacità di amare e di innamorarsi, viene vinta dall’odio, dalla guerra e dalla sopraffazione che pervade il dramma.
Se in Shakespeare ci troviamo di fronte a una tragedia, a un linguaggio alto, in After Juliet tutto questo è stato superato, appiattito. Con un linguaggio che non è lo stesso di Romeo e Giulietta, che non è paragonabile e nemmeno vuole essere paragonato a quello di Shakespeare, l’opera di Sharman Macdonald costituisce un sequel ideale di Romeo e Giulietta, è una favola moderna che parla di amore e odio, di speranza e redenzione. Protagonisti assoluti, ancora una volta, i giovani di una città che, come specifica l’autrice, potrebbe essere la Verona del XVII secolo, così come le attuali Londra o Edimburgo.
In After Juliet scopriamo che la pace che è stata proclamata è fasulla, e lo scopriamo, lo scoprono i ragazzi che si trovano a odiare, a odiarsi ancora, come i loro genitori. Odio oppure nulla, nulla totale. Vuoto. Tutto questo in un clima di attesa della fine, attesa del nemico da un momento all’altro. After Juliet è caratterizzato da una drammaturgia ruvida: non c’è più il verso shakespeariano, c’è solo il fatto. L’accadimento. Lo sbalzo linguistico è forte e lo spettacolo raccoglie la sfida dell’autrice, proponendo la visione di un mondo onirico, dove la realtà è contaminata da visioni di sogno e da ombre, fantasmi dolenti e disperati che chiedono giustizia, pace e ancora e sempre amore. After Juliet è una commedia nera, ricca di humor e pathos, che chiede di riflettere sulle radici del nostro rancore, chiede di guardare con pietà a tutti i morti e di onorarli celebrando non l’odio ma la fratellanza e, in ultimo, la vita stessa.