Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Giovani: a Lancenigo incontro prima della partenza estiva nei luoghi di missione
Ai giovani che si sono incontrati, sabato 11 maggio, a Lancenigo, prima della partenza estiva in luoghi di missione, abbiamo lasciato non solo l’incoraggiamento ad “andare per le strade della vita e del mondo, con gioia!”, ma anche l’augurio tratto dal messaggio di papa Francesco per l’evento “Economy of Francesco” di Assisi 2020: “Cari giovani, so che siete capaci di ascoltare con il cuore le grida sempre più angoscianti della terra e dei suoi poveri in cerca di aiuto e di responsabilità, cioè di qualcuno che «risponda» e non si volga dall’altra parte. Se ascoltate il vostro cuore, vi sentirete portatori di una cultura coraggiosa, e non avrete paura di rischiare e di impegnarvi nella costruzione di una nuova società” . Segue la testimonianza di uno di questi giovani. (d.G.P.)
L’estate che sta per arrivare culminerà, per me, con una esperienza di vita che si preannuncia importante, e spero si rivelerà ancor più preziosa. Dico esperienza, e non viaggio o vacanza, perché le prime stancano e le seconde rilassano. Metto quindi già in conto di vivere un’esperienza stancante, nel senso buono del termine, che sia cioè piena, densa. A tempo debito vedremo di cosa. Il luogo (pre)scelto per il periodo di missione si trova in Ecuador: è Salinas di Guaranda, nella regione andina. E’ una terra che non conosco, ma con la quale un poco alla volta sto prendendo familiarità. Questo è possibile non solo grazie agli strumenti tecnologici, che oggi permettono comodamente di fare una “passeggiata virtuale” dall’altra parte del mondo, o senza spingersi così in là, di vedere fotografie e video. La familiarità a cui faccio riferimento è resa possibile dalle lettere, che ricevo periodicamente da Emanuele e Anna e che leggo con curiosità e interesse, in quanto mi rendono partecipe di una realtà che mi è estranea, ma che inizio a sentire più vicina.
Alcuni mesi fa, di ritorno dalla Gmg di Lisbona, un’amica mi ha domandato molto semplicemente: “Ti interesserebbe l’estate prossima andare in missione”? Un gruppo di giovani della sua parrocchia aveva, infatti, manifestato questo desiderio, e stava tentando di capirne la fattibilità, per dargli corpo. Così, una sera, mi sono ritrovato a un primo incontro organizzato dal Centro missionario diocesano di Treviso, stupito di vedermi in mezzo a tanti. Al primo incontro, ne sono seguiti altri in cui abbiamo tentato di mettere a fuoco ciò che ci spinge a uscire, lasciare per un periodo le nostre certezze e abbracciare una realtà così diversa. Ci siamo interrogati su cosa cercheremo una volta arrivati lì, cosa potremmo “dare” e cosa vorremmo “prendere”, o meglio “ricevere”. La molteplicità dei punti di vista costituisce una ricchezza di per sé, ma in questo caso poter ascoltare sogni, aspettative, timori e paure è stato ancora più importante: aiuta a far sentire parte di un cammino e un percorso comune, infondendo entusiasmo e tranquillità al tempo stesso.
Sabato 11 maggio ci siamo ritrovati in tanti, provenienti dalle diverse esperienze (Centri missionari di Treviso e Vittorio Veneto, del Pime, dell’Operazione Mato Grosso, del Gruppone) per un momento di riflessione e di preghiera. Avremo l’occasione di incontrare prossimamente anche il nostro vescovo Michele, per renderlo parte attiva del nostro cammino.
Se dovessi rispondere alla fatidica domanda “perché parti”?, userei a mia volta un’altra domanda: “Perché no”? Ho avuto la fortuna, alcuni anni fa, anche se inizialmente non l’ho percepita come tale, di vivere un’esperienza in Perù. Si trattava di svolgere il tirocinio dell’Università, ma ben presto ho capito che l’esperienza era destinata a travalicare i confini accademici. Riassumendo: c’è un precedente positivo. A questo precedente mi aggrappo pensando che allora come oggi, non avevo le idee chiare e non sapevo cosa aspettarmi. Questo non mi ha impedito di partire, di fidarmi, di tornare e tornando conservare almeno per un po’ quella fiducia e quella speranza di cui ero stato testimone. L’Ecuador non è il Perù, e la zona andina di Salinas poco avrà a che fare con la periferia sud di Lima. Le peculiarità storiche, culturali, sociali, geografiche si riverberano anche nelle persone che incontrerò, ma sono convinto che un diverso rapporto con il tempo e con la fede, forse più semplice ma non per questo meno autentica, saranno un filo rosso e un ponte tra le due esperienze.
Ogni viaggio comincia con un passo e questo passo viene fatto interiormente prima di essere compiuto anche fisicamente. E’ un passo che intende lasciare spazio, quasi fosse un passo di lato. Parto con questa consapevolezza.