Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Una soluzione possibile per Haiti
Haiti, che significa terra dalle alte montagne, fa parte dell’isola di Hispaniola – la seconda, dopo Cuba, tra le isole delle Grandi Antille - divisa con la Repubblica Dominicana. E’ il Paese meno sviluppato dell’emisfero occidentale, e uno dei più poveri al mondo. Più dei due terzi della sua popolazione (poco meno di 12 milioni di abitanti) vive con meno di due dollari al giorno. Gli indicatori economici e sociali mostrano come Haiti, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, a seguito di una forte crisi economica dovuta anche all’incremento demografico, abbia accumulato il maggior divario rispetto ad altri Paesi in via di sviluppo, con livelli di reddito molto bassi. Attualmente, Haiti occupa la 158ª posizione su 193 Paesi classificati in base all’indice di sviluppo umano.
Nel corso della sua storia, Haiti ha subito una serie di interventi esterni che ne hanno eroso la sovranità e hanno portato direttamente all’attuale crisi. Dopo la rivoluzione del 1791, che portò alla liberazione dal dominio francese, la Francia riuscì a costringere le autorità haitiane a pagare un’indennità in cambio del riconoscimento dell’indipendenza, nel 1825. Questo enorme debito, insieme ai relativi interessi, ripagato in oltre 120 anni, ne ha minato il suo sviluppo economico.
Nel 1915, gli Stati Uniti invasero il Paese, occupandolo fino al 1934 e ponendo le basi per la continua politica statunitense di interferenza violenta negli affari interni haitiani e di indebolimento della democratizzazione. Negli anni ’90 e agli inizi del nuovo secolo gli interventi delle cosiddette “missioni di pace” delle Nazioni Unite, nonché l’attuazione di politiche di aggiustamento strutturale da parte di istituzioni come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, hanno ulteriormente eroso la sovranità di Haiti e aggravato la sua crisi. La forte influenza americana sugli affari politici ed economici ad Haiti ha compromesso la ricomposizione della crisi politica, sociale ed economica ad Haiti, portando invece alla disintegrazione dello Stato e alla presa del potere da parte di varie bande.
Verso dove? Per conoscere dove il Paese sta andando abbiamo raggiunto William O’Neill, esperto indipendente designato dall’Alto Commissario per i diritti umani sulla situazione ad Haiti. Nel suo ultimo rapporto pubblico alla Commissione diritti umani, ha affermato che, mentre la violenza delle gang continua nell’area metropolitana di Port-au-Prince, ci sono altri problemi “significativi” sui diritti umani ad Haiti. Tra questi ha sottolineato segnalazioni credibili di uccisioni illegali o arbitrarie, torture o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti da parte di agenti governativi, gravi problemi con l’indipendenza della magistratura e la corruzione, oltre a sparizioni forzate, rapimenti, torture e abusi fisici.
Dal 3 giugno Haiti ha un nuovo primo ministro, con la missione di cercare di ripristinare la sicurezza e la stabilità nel Paese, devastato dalla violenza delle gang. Il 25 giugno ha preso il via la missione multinazionale di polizia guidata dal Kenya e autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu il 2 ottobre del 2023. Pensa che questo potrebbe essere il momento giusto per voltare pagina?
Questo è un momento favorevole per avere un nuovo Primo ministro, con un team dedicato di ministri che si assume la responsabilità proprio mentre la Missione di supporto multinazionale (Mss) sta finalmente iniziando. Spero che questo costituisca uno slancio nella giusta direzione dopo tanti anni di discesa nella catastrofe che è oggi Haiti.
Anarchia nelle strade, scuole chiuse, sfollamenti forzati, carestie, rapimenti, eventi naturali estremi descrivono oggi Haiti come un girone infernale. Quali scelte attendono il nuovo governo per una svolta?
Innanzitutto, il nuovo Governo deve garantire la sicurezza di base affinché le persone possano vivere la propria vita. La polizia nazionale haitiana ha ottenuto recentemente alcuni importanti successi contro le bande e con l’aiuto dell’Mss le bande potrebbero, finalmente, essere smantellate. La popolazione disprezza le bande, che hanno reso le loro vite infelici, quindi il Governo e l’Mss avranno la gente dalla loro parte. Una volta ristabilita la sicurezza di base, lo Stato haitiano e i principali donatori - compresa l’Unione europea -, dovranno creare posti di lavoro e iniziare a fornire servizi di base, come l’acqua pulita, le scuole, l’assistenza medica, gli alloggi e il cibo alla popolazione.
Non sarà facile sradicare le bande criminali che continuano a controllare diverse zone della capitale Port-au-Prince, di fronte a un debito colossale nei confronti della Francia, alla disintegrazione delle istituzioni politiche e all’elevata disoccupazione. Come si sta muovendo la comunità internazionale?
Lo Stato haitiano deve governare, il che significa fornire servizi e sicurezza e allo stesso tempo riscuotere le tasse per pagare le sue operazioni. I ricchi di Haiti hanno in gran parte evitato di pagare le tasse e la corruzione è diffusa. Il nuovo Primo ministro (ndr, Garry Conille) ha dichiarato che una priorità assoluta per il suo Governo è eliminare la corruzione. Se questo obiettivo venisse raggiunto solo parzialmente, rappresenterebbe un notevole miglioramento per Haiti. Con il lavoro e le tasse, gli haitiani avranno finalmente i beni di prima necessità e potranno avere un futuro. Il settore privato deve fare la sua parte creando posti di lavoro, pagando solo gli stipendi e pagando le tasse. Anche gli operatori internazionali possono aiutare, investendo ad Haiti, che ha un enorme potenziale nel turismo, nell’agricoltura, nella produzione e nella tecnologia.
Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno mostrato un interesse altalenante per Haiti. Accusati di essere coinvolti nell’assassinio del suo presidente, Jovenel Moïse, nel 2021, stanno ora cercando di intervenire indirettamente per portare la pace nell’isola caraibica....
Il rapporto degli Stati Uniti con Haiti è sempre complesso. Non sono a conoscenza di alcun coinvolgimento degli Stati Uniti nell’assassinio di Moïse. Gli Stati Uniti, ora, forniscono molta formazione e finanziamenti per l’Mss e, a livello bilaterale, forniscono attrezzature e supporto logistico alla Polizia nazionale (Hnp). La recente decisione di estendere il tps (status temporaneo di protezione) agli haitiani negli Stati Uniti, per altri 18 mesi, è accolta con favore. Spero che gli Stati Uniti aumentino le ispezioni sulle imbarcazioni in partenza dalla Florida per Haiti, per confiscare tutte le armi e le munizioni, in modo che non finiscano nelle mani delle bande.
A livello diplomatico si vocifera che Washington da qualche mese chieda a Roma di intervenire in suo favore. Dal suo osservatorio, ha capito che l’Italia è stata chiamata ad addestrare le forze armate haitiane con propri soldati in loco, oltre ad addestrare a Vicenza i soldati kenioti, della forza multinazionale che hanno cominciato ad arrivare sull’isola nelle scorse settimane?
Sono a conoscenza della formazione erogata presso il centro di eccellenza di Vicenza per Mss diretti ad Haiti. Questo è un contributo cruciale. Mi è stato detto in precedenza che l’Italia potrebbe fare di più, inviando alcuni consulenti esperti ad Haiti per consigliare l’Hnp e l’Mss, in particolare sull’intelligence sulle reti illegali di denaro, armi e droga delle bande. I Carabinieri italiani hanno un’ottima esperienza in questi ambiti. Ho lavorato con loro in Kosovo, e hanno fatto un ottimo lavoro. Spero che possano fare qualcosa di simile ad Haiti. Non sarebbero in prima linea in nessuna operazione, ma fornirebbero analisi e consulenza a livello di sede centrale. Vediamo se ciò accade. La Spagna ha promesso di fornire esperti simili.
La nuova missione autorizzata dall’Onu si presenta come una delle più pericolose nella storia delle forze di peacekeeping. Eppure, l’operazione non si svolgerà in un Paese in guerra (o comunque non nel senso classico del termine) ma in un territorio, Haiti, in larga parte in mano a bande criminali e con un tessuto sociale da ricostruire.
Non credo che sia così pericoloso, francamente. I keniani hanno prestato servizio in Somalia, Sud Sudan e Repubblica democratica del Congo, zone molto più pericolose di Haiti. Al Shabab utilizza attacchi suicidi e ordigni esplosivi, che in alcuni casi sono stati fatali. Grazie al cielo, ad Haiti le bande non hanno queste tattiche. Le bande non hanno ideologia, esistono mafie criminali più simili alla N’dragheta che ad Al Qaeda o Al Shabab. Molti membri delle bande sono adolescenti, senza addestramento militare e certamente non sono pronti a suicidarsi per i loro leader. Sebbene si tratti di un’operazione complicata e certamente non priva di rischi, è lontana dalle operazioni più pericolose come quelle in Repubblica Centrafricana o in Mali. Mi è stato detto che probabilmente le bande non combatteranno contro l’Mss e vediamo già segnali che hanno spostato alcuni dei loro membri e delle scorte fuori dalla capitale per evitare qualsiasi confronto con l’Mss. Ancora una volta, il tempo lo dirà... Speriamo bene!
Guardando alla sua storia e alla sua gente, Haiti, nonostante tutte le contraddizioni, è una terra ospitale di straordinaria bellezza, che affascina e incanta con la sua ricca cultura fatta di suoni, sogni e vibrante vitalità. Questi elementi potrebbero essere considerati per ripristinare la fiducia nella sua gente?
Haiti è un posto fantastico. L’unico dove nella storia è riuscita la rivolta degli schiavi. Hanno sconfitto la superpotenza mondiale dell’epoca, Napoleone, da soli. La prima Repubblica Nera e il primo Paese nella storia del mondo ad abolire la schiavitù e proclamare l’uguaglianza di tutte le razze. Nessuno ha dato loro niente. La storia è ricca e avvincente. Lo scenario è incantevole: grandi spiagge, montagne impennate, fortezze storiche. Haiti ha forti tradizioni nelle arti: musica, danza, pittura e scultura. Alcuni dei migliori scrittori francesi oggi sono di origini haitiane. Il cibo è meraviglioso, le persone incredibilmente gentili e amichevoli. Se solo avessero dei politici che antepongano gli interessi della gente ai propri desideri egoistici, Haiti potrebbe diventare, ancora una volta, “La perla delle Antille”. Speriamo che ottengano il cambiamento che meritano da tanto tempo!