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La storia delle donne congolesi abusate dai dipendenti dell’Oms

Nella giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne ci si interpella anche sulla condotta degli organismi internazionali. Irrisori i risarcimenti alle vittime

In questo giornale si è più volte parlato di ricorrenze, di cronaca locale, di violenze e diritti legati alle donne. Quest’anno, nel fare memoria della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza le donne (25 novembre) – istituita dall’Onu nel 1999, in ricordo delle tre sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana – vogliamo dare voce a una storia di violenza fisica e morale da parte di alcuni operatori umanitari, che ha come vittime delle donne congolesi.

Non è certo la prima volta che le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative devono fare i conti con degli scandali sessuali. Tra i più gravi, c’è quello scoppiato nella Repubblica Centrafricana, dove decine di ragazze e di donne sono state abusate sessualmente dai militari della missione Onu di peacekeeping Minusca, istituita nel 2014 per proteggere la popolazione e vigilare sul rispetto dei diritti umani, minacciati durante la guerra civile scoppiata nel 2012.

Ma la storia che vogliamo raccontare è un po’ più attuale e riguarda lo spregio messo su carta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nelle scorse settimane che ha riconosciuto una cifra irrisoria come risarcimento alle donne del Congo orientale vittime di violenza sessuale, tra l’agosto 2018 e il marzo 2020, da parte dei suoi operatori andati per curare e arginare l’epidemia di Ebola. Molte vittime lavoravano nelle strutture sanitarie allestite per contrastare l’epidemia come cuoche, donne delle pulizie, mediatrici culturali. Spesso le vittime venivano ricattate: o facevano sesso con i loro violentatori o perdevano il lavoro. Lo scandalo ha coinvolto anche altri organismi Onu, tra cui l’Unicef e l’Oim, delle ong.

Alle oltre 100 donne congolesi che hanno denunciato e sono state riconosciute vittime di abusi da parte del personale dell’Oms, lo stesso organismo ha riconosciuto come risarcimento danni la misera e offensiva somma di 250 dollari a testa, secondo documenti riservati ottenuti dall’Associated press (Ap).

I documenti interni consultati da Ap mostrano che le spese dirette per il personale assorbono più della metà degli 1,5 milioni di dollari che l’Oms ha stanziato per la prevenzione degli abusi sessuali in Congo per il 2022-2023. Per questo fanno indignare i 26 mila dollari di fondo che l’Organizzazione ha messo a disposizione per tutte le vittime.

La somma individuale è stata determinata per un periodo di assistenza delle vittime di quattro mesi – in un Paese in cui, secondo i documenti dell’Oms, molte persone sopravvivono con meno di 2,15 dollari al giorno – risultando inferiore al costo giornaliero di un funzionario delle Nazioni Unite che lavora nella capitale congolese.

E alla fine alcune vittime hanno dovuto pure rinunciare al miserevole risarcimento per la burocrazia connessa con la riscossione.

E se risulta condivisibile quanto indicato dalla stessa Oms nelle Linee guida per un migliore approccio dei sistemi sanitari nazionali nell’affrontare le conseguenze sulla salute fisica e mentale di donne e bambine vittime di atti di violenza – che variano da fratture a gravidanze problematiche, dai disturbi mentali ai rapporti sociali compromessi – non può che risultare deplorevole quanto stabilito come risarcimento alle donne congolesi.

Una panchina rossa per ricordare anche queste donne, vittime di violenza da parte di chi avrebbe invece il compito di aiutarle e tutelarle!

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