Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
Letteratura.
Vigilia di Natale del 1812, cimitero di un villaggio inglese. Pip, un bambino di sette anni, si reca a visitare le tombe dei suoi genitori. E incontra un evaso, Abel Magwitch. Prende il via qui, nelle paludi dell’estuario del Tamigi, una vicenda che si concluderà nel 1840, quando Pip avrà 35 anni.
“Grandi speranze”, tredicesimo romanzo di Charles Dickens, è un autentico monumento della letteratura vittoriana, pubblicato prima a puntate e, poi, in volume nel 1861. Con larghi riferimenti autobiografici, come rivela quel 1812, anno di nascita dello stesso scrittore. E, non a caso, raccontato in prima persona, come David Copperfield, pubblicato dieci anni prima.
Pip nasce da un cognome (Pirrip) e da un nome (Philip) che nella “infant tongue” (cioè nella lingua infantile) producono una abbreviazione fulminante. Magwitch, l’evaso, gli chiede cibo e una lima per segare le catene da cui è avvinto. Pip è terrorizzato, ma decide ugualmente di aiutare il bandito. La fuga di Magwitch dura poco. Il giorno dopo non riesce a sottrarsi auna rissa. Viene catturato e deportato in Australia.
“Grandi speranze” racconta un bambino che diventa uomo. E le sue attese dalla vita (“Great expectations” è il titolo originale). Un grande romanzo di formazione, come si dice. Ma che illusioni si possono nutrire in un villaggio sperduto come quello in cui è nato Pip? Ambiente chiuso, senza prospettive. Pip vive con la sorella, mrs Gargery, molto più vecchia di lui. Violenta, manesca, così abituata a usare il bastone da attribuirgli un nome, come uno di famiglia (Tickler, cioè “che fa il solletico”, ma anche “frustino” e perfino “promemoria”). Il cognato, Joe Gargery, è il fabbro del paese e a lui il bambino si affeziona.
Passa qualche anno, e Pip ha un colpo di fortuna. Almeno così sembra. Diventa “compagno di giochi” di miss Havisham, invecchiata nel ricordo di un matrimonio che non c’è mai stato, abbandonata sull’altare da un quasi marito che ha preferito fuggire con un’altra. Ma è davvero una buona cosa? Satis House, la fatiscente dimora della zitella, si è fermata al giorno del matrimonio mancato. Pip scopre, con angoscia, che la tavola del pranzo di nozze, con la torta che troneggia in mezzo, è ancora imbandita. E la vecchia è vestita col suo abito da sposa.
Miss Havisham ha adottato Estella, fanciulla bellissima (Pip ovviamente se ne innamora), che però viene educata a tenere lontani gli uomini. Vendetta vivente contro l’altro sesso. Pip, grossolano e ignorante com’è, ha anche meno speranze degli altri. Diviene apprendista nella fucina del cognato. Ma la sua vita è destinata a subire una svolta. Un giorno entra nella bottega del fabbro Jaggers, un avvocato. Comunica a Pip che è destinatario di una enorme somma di denaro e il ragazzo pensa di doverla a miss Havisham.
Le grandi speranze: potrà studiare, andare a Londra, farsi una posizione e soprattutto diventare importante agli occhi di Estella. Che però preferisce sposare un poco di buono, Bentley Drummle.
I soldi, in realtà, vengono dall’evaso beneficato anni prima nel cimitero. In Australia Magwitch ha fatto fortuna e non ha dimenticato il bambino che ha corso gravi rischi per aiutarlo. La rivelazione avviene quando Pip se lo trova davanti. Clandestino, fuggito dalla deportazione australiana, ricercato. Di scoperta in scoperta emerge che Estella è sua figlia, avuta da una domestica dell’avvocato Jaggers. Gli eventi precipitano. Pip non abbandona il suo benefattore e cerca di farlo fuggire. Magwitch, però, aggredisce l’uomo che l’ha tradito, il truffatore, Compeyson, che altri non è che il marito mancato di miss Havisham. Catturato, è condannato all’impiccagione, ma morirà, tuttavia, prima dell’esecuzione. Muore la sorella violenta, muore Drummle, il marito di Estella. E muore anche miss Havisham, per le ustioni riportate durante un incendio: il suo abito da sposa prende accidentalmente fuoco. Brucia la sua miserabile vita e brucia Satis House (che beffardamente vorrebbe essere “la casa dell’abbondanza”, “la casa soddisfatta”).
Per Pip cominciano anche i problemi finanziari. Le grandi speranze muoiono? In realtà il bambino smarrito di un tempo è maturato, è pronto ad affrontare le difficoltà della vita. Sa gestire i rapporti con la sua straordinaria vicenda personale e con la società in cui vive.
Certo, gli manca Estella, il grande vuoto della sua vita. La reincontrerà anni dopo. Lieto fine? Così avrebbe voluto Edward Bulwer-Lytton, popolare scrittore inglese (suo il fortunatissimo “era una notte buia e tempestosa”) e confidente di Dickens.
Beh, questo è un romanzo nel romanzo. Perché Dickens scrisse due finali diversi (uno fa ritrovare, con grande efficacia narrativa, i due davanti alle rovine di Satis House). Estella si è risposata, ma è aperta all’amicizia di colui che un tempo disprezzava.
Qui, i finali divergono. Nel primo si promettono eterna vicinanza e confidenza. Nel secondo si dicono un addio definitivo. Romanzo a tinte forti, pieno di colpi di scena. Costruito per catturare un pubblico vasto ed eterogeneo. Teatro, cinema (già dai tempi del muto), radio e tv se ne sono impadroniti, qualcosa come 250 adattamenti. Perché è un meccanismo che funziona. Passa il messaggio che cullare grandi illusioni è inutile. Serve costruire con pazienza la propria vita. E accettare. Ma le grandi svolte ci sono, eccome. Se Pip non si fosse quel giorno recato in cimitero...