Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Ucraina, due anni dopo...
Era il 24 febbraio 2022: le forze armate russe facevano il loro ingresso in territorio ucraino, dopo che per anni i “volontari” di Putin si erano infiltrati in modo più o meno occulto per sostenere le richieste autonomiste della popolazione russofona.
Il 24 febbraio 2024, due anni dopo l’inizio del conflitto, che molti si aspettavano avrebbe portato a una rapida vittoria russa, le due parti sul campo contano, secondo le stime, tra i 250 e i 350 mila morti e tra 400 e 500 mila i feriti complessivi. I numeri ufficiali forniti dai due Paesi sono parziali e incompleti. Dopo essere sprofondati in una guerra di logoramento, a geometria variabile sul controllo di questa o quella città, che non offre, al momento, alcun segnale di una via d’uscita, Kiev/Kyïv e Mosca evitano in questo modo di minare il morale delle truppe e dei civili. Prima del lancio dell’invasione, la Russia controllava il 7% del territorio ucraino, ovvero più di 42 mila kmq. Alla fine di gennaio 2024, il controllo militare russo si stima essere pari al 18% dell’Ucraina, ovvero oltre 105 mila kmq.
Gli antefatti
Facciamo un passo indietro nella storia per capire il presente. Da dove nasce il conflitto fra i due Paesi slavi-orientali? Da dove scaturisce lo scontro – molti si saranno chiesti, in Occidente – fra due entità che nella visione comune venivano in precedenza spesso confuse?
Per partire dalla notte dei tempi, dovremo ricordare che le moderne popolazioni russe e ucraine - spesso ibridate dal contatto con altre nazionalità già presenti nello spazio zarista e, poi, sovietico - sono popolazioni di origine slavo-orientale (assieme ai Bielorussi): dunque, si tratta di nostri “cugini” di derivazione indoeuropea. Nel corso della storia, la loro vicenda, originariamente comune, ha conosciuto epoche di strettissimo contatto - tanto che la definitiva separazione linguistica fra i due gruppi avverrà solo nel Seicento -, ma anche profonde fratture storiche, che hanno progressivamente portato alla luce concezioni identitarie, che si basavano sulla complementarietà fra i due elementi, ma anche altre visioni che, specie da parte ucraina, si basavano sulla contrapposizione, e sul controverso concetto di colonialismo russo.
Risulta rilevante sottolineare che la narrazione della storia di matrice russa ha avuto più fortuna, sino a tempi recenti, in quanto tendenzialmente coincidente con il punto di vista ufficiale di differenti statualità - in modo diverso - fondatesi intorno al ruolo dominante esercitato dall’elemento russo. La principale conseguenza di questa prima serie di considerazioni riposa nel fatto che una storiografia russa “ufficiale”, capace di irradiare il punto di vista dello Stato, si sia diffusa prima di quella ucraina, all’interno, come all’esterno del Paese (zarista, e in seguito sovietico). Una storiografia di matrice pienamente ucraina avrebbe preso forma solo all’inizio del Novecento, con l’opera di Hruševs´kyj - presidente della Rada ucraina durante l’indipendenza del 1918-1921 -, e poi sarebbe rimasta in vita attraverso l’opera della diaspora diretta verso il Nord-America (caratterizzata da un forte nazionalismo, antisovietismo e antirussismo), ed è riemersa, come un fiume carsico, a partire dagli anni della “perestrojka”.
In sostanza, i contrasti recenti, in relazione alla lettura della storia, hanno finito con il polarizzare le interpretazioni, creando delle contrapposizioni relative a tutti gli snodi storici. Ad esempio, secondo la visione russa “classica”, Mosca è erede legittima dell’esperienza storica primigenia del tempo della Rus´: la “terza Roma”, avendo ereditato le insegne del potere religioso kieviano, sarebbe stata investita del ruolo di continuatrice dell’opera svolta da Kiev, anche nella sua opera di “raccolta delle terre della Rus´ - nel frattempo usurparte dai Tataro-Mongoli e dai Poalcco-Lituani. All’opposto, nell’opera del sopra ricordato Hruševs´kyj, Storia della Rus´- Ucraina, l’intera eredità di quella temperie storica e culturale veniva ascritta alla sola Ucraina.
In sostanza, questo terreno di contrapposte valutazioni storiografiche, soprattutto a partire dalla meta del primo decennio degli anni Duemila, ha fomentato la nascita di due discorsi pubblici altrettanto contrapposti, in Russia e in Ucraina, i quali sono alla base dei recenti, sempre più forti contrasti politici. Questi hanno portato a una riconsiderazione totale del passato, specie da parte ucraina, fatto che ha a propria volta dato forma a un drastico cambiamento della monumentalistica e della toponomastica, dei simboli dello Stato, dei valori insiti nelle festività pubbliche, ecc.
Contemporaneamente, su di questo substrato sempre più incandescente, si sono sovrapposte delle profonde faglie geopolitiche, connesse al posizionamento dell’Ucraina nello scacchiere mondiale, e all’allargamento della Nato: tutto ciò ha comportato l’aumento della tensione, nel corso degli ultimi anni, sino alla deflagrazione della guerra odierna.
Una società spaccata
Fin dai primi tempi della nuova indipendenza dell’Ucraina, nel 1991, le componenti filorusse della società e della politica ucraina si erano attivate per indebolire la sovranità dell’Ucraina rispetto al potente vicino. La tensione politica tra la fazione nazionalista e filo-europea e quella filo-putiniana si è manifestata nell’elezione alternata di presidenti espressione dei due blocchi e nel conflitto armato tra le province indipendentiste di Donetsk (rus: Doneck) e Luhansk (ucr.: Luhans´k; rus.: Lugansk) e lo Stato centrale. L’equilibrio precario si è rotto quando, nel 2014, la popolazione di Kyiv si è ribellata alla svolta putiniana del presidente Janukovyč, intenzionato a dare un taglio definitivo a qualunque prospettiva di inserimento del Paese nel quadro della Nato e dell’Unione europea. Putin ha reagito occupando e annettendo la Crimea, strategica per il commercio via mar Nero.
Fino a quando?
Con il passare dei mesi, la guerra di conquista è diventata una guerra di logoramento, che potrà essere sostenuta finché vi saranno risorse che continueranno ad alimentarla. L’inferiorità in fatto di armi e materiali, rispetto alla Russia, rischia di peggiorare, se gli alleati di Zelensky (la grafia corretta sarebbe Zelens´kyj) non si accorderanno sui nuovi fondi da destinare al Paese.
Il 2024 si prepara a essere, così, un anno di trincea al fronte. La durata del conflitto dipenderà quindi, essenzialmente, dall’aiuto occidentale all’Ucraina. La pace, oggi, in questo quadro, appare lontana, nonostante le pesanti conseguenze anche sul piano economico e delle infrastrutture. Nel frattempo, Putin si avvia a essere riconfermato per il quinto mandato alle prossime elezioni del 17 marzo, mentre in Ucraina il voto per le presidenziali continua a essere rimandato per via del conflitto.