sabato, 23 novembre 2024
Meteo - Tutiempo.net

Conflitto Israele-Hamas, aumenta il rischio di escalation in Libano

Continuano, infatti, quotidianamente i lanci di razzi da parte di Hezbollah verso Israele, mentre quest’ultima continua a colpire con droni e raid aerei le «possibili» basi dei militanti sciiti libanesi. I raid sono arrivati fino a Sidone, a 45 chilometri di distanza da Beirut. Per capire meglio quanto grave sia la situazione al confine e quanti rischi stanno correndo i caschi blu dell’Onu, compresi i mille italiani, abbiamo contattato direttamente Andrea Tenenti, il portavoce dell’Unifil (ovvero United Nations interim force in Lebanon)

Il conflitto tra Israele e Hamas è entrato nel sesto mese, mentre un secondo fronte con il Libano rischia di aprirsi. Nulla di fatto per ora dall’ultima tornata di colloqui in corso in Qatar per trovare una mediazione per un cessate il fuoco, prevedendo una tregua di sei settimane. Il premier israeliano Netanyahu respinge tutte le pressioni internazionali e ribadisce la volontà di estirpare Hamas dalla città di Rafah, perché non farlo, ha detto, significherebbe “perdere la guerra”.

Intanto anche la situazione lungo il fronte a nord di Israele si fa sempre più calda, con quotidiani attacchi reciproci, a bassa intensità, tra il gruppo militante libanese Hezbollah, alleato di Hamas, e le forze israeliane. In molti temono un’escalation a livello regionale anche in Libano, a seguito di un presunto ultimatum israeliano al movimento Hezbollah di accettare la proposta di accordo statunitense che prevede, di fatto, l’allontanamento dei combattenti libanesi filo-iraniani dalla linea di demarcazione tra Libano e Israele.

Il Libano, dal 2019, sta attraversando una crisi economica e sociale senza precedenti, effetto anche dell’instabilità regionale. Nel Paese vive circa mezzo milione di rifugiati palestinesi, a cui si aggiungono, secondo le stime, anche 1,5 milioni di rifugiati siriani. Va sottolineato che il numero dei cittadini libanesi, ormai, non raggiunge i cinque milioni di abitanti.

Dopo il 7 ottobre scorso, da entrambe le parti, in un raggio di sette chilometri a nord e a sud della frontiera, tracciata per un lungo tratto dal fiume Litani, sono state evacuate le popolazioni civili. La cosiddetta “Linea blu” pensata dalle Nazioni Unite nel 2000 - e in certi tratti immaginaria - separa il Libano da Israele, due Paesi formalmente in stato di guerra sin dalla loro nascita, più di 70 anni fa, come Stati indipendenti.

Circa 80 mila israeliani, che vivevano nei pressi del confine col Libano, e 150 mila libanesi, al confine con Israele, hanno dovuto lasciare le loro case. Continuano, infatti, quotidianamente i lanci di razzi da parte di Hezbollah verso Israele, mentre quest’ultima continua a colpire con droni e raid aerei le «possibili» basi dei militanti sciiti libanesi. I raid sono arrivati fino a Sidone, a 45 chilometri di distanza da Beirut.

Per capire meglio quanto grave sia la situazione al confine e quanti rischi stanno correndo i caschi blu dell’Onu, compresi i mille italiani, abbiamo contattato direttamente Andrea Tenenti, il portavoce dell’Unifil (ovvero United Nations interim force in Lebanon), che dal sud del Libano ha così risposto alle nostre domande.

Com’è la situazione, oggi, in Libano?

La situazione nella nostra area operativa, dal fiume Litani alla Linea Blu, rimane tesa sin dai primi di ottobre, con scontri a fuoco quotidiani che hanno accresciuto le preoccupazioni. Dopo più di quattro mesi di conflitti armati, la possibilità di un’escalation e di un calcolo errato diventa sempre più probabile. Al contempo, tali scontri sono rimasti principalmente circoscritti, non oltre i 5-7 km dalla Linea blu su entrambi i fronti. Nei nostri colloqui con entrambe le parti, non riscontriamo un reale desiderio di un conflitto più esteso, anche se, come precedentemente menzionato, la possibilità di un calcolo errato è sempre in agguato. La missione, con più di 10.500 caschi blu da 47 Paesi, continua a essere operativa sul campo, con oltre 300 attività quotidiane tra pattugliamenti, assistenza alle comunità locali e azioni finalizzate a smorzare le tensioni

I militari italiani, presenti dal 1979, sono ormai un po’ di casa. In questi anni la vita nel Paese è migliorata?

I militari italiani sono presenti qui da 45 anni e attualmente ne sono dispiegati circa 1.100. L’Italia detiene il comando del settore ovest della missione dove, oltre a continuare a monitorare l’area operativa, sostiene le comunità locali attraverso attività di assistenza alla popolazione. Prima di ottobre, il sud del Libano stava vivendo il periodo più lungo di stabilità degli ultimi 40 anni. Nonostante la difficile situazione economica del Paese, c’era un barlume di speranza nell’avanzare verso un processo di stabilità duratura tra i due Paesi, cercando di risolvere i punti contestati lungo la Linea blu. E’ importante considerare che Israele e il Libano sono stati in guerra per lungo tempo, con un confine mai pienamente definito.

Cosa è cambiato dopo il 7 ottobre per il Paese dei cedri?

Una parte significativa della popolazione che abitava vicino alla Linea Blu ha abbandonato queste zone da mesi, lasciando molti paesi praticamente vuoti. Le informazioni fornite da organizzazioni internazionali indicano che circa 90 mila persone hanno lasciato le proprie case e villaggi. Questa è una situazione estremamente drammatica, considerando che il Paese stava già vivendo una crisi economica e finanziaria senza precedenti. Questo conflitto ha ulteriormente aggravato la situazione, poiché molti villaggi sono stati parzialmente distrutti e l’attività agricola è stata completamente paralizzata, con terreni resi inutilizzabili dopo quattro mesi di bombardamenti quotidiani. La devastazione e la perdita di vite umane sono motivo di profonda preoccupazione.

Se Israele dovesse invadere, quali sono le regole d’ingaggio dei caschi blu dell’Unifil?

Attualmente, sia la missione che la comunità internazionale stanno compiendo sforzi considerevoli per prevenire qualsiasi escalation del conflitto. La Missione Unifil, rientrando nella categoria di peacekeeping sotto il Capitolo 6 della Carta delle Nazioni Unite, opera in conformità con un mandato strettamente circoscritto, limitato al sud del Libano e basato sull’invito del Governo libanese. Tutte le attività svolte sono strettamente correlate alla nostra area operativa e al supporto fornito alle forze armate libanesi. La determinazione sul futuro della missione spetta esclusivamente al Consiglio di sicurezza. Contestualmente, tutte le missioni hanno a disposizione piani di contingenza pronti per affrontare eventualità impreviste.

SEGUICI
EDITORIALI
archivio notizie
07/11/2024

Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...

25/10/2024

La morte ha la forza di farci riconsiderare le priorità della vita e, forse, di dare loro un po’ di ordine....

06/08/2024

Non tutti potranno beneficiare di una vacanza al mare o ai monti o di un viaggio. Oltre a tanti anziani,...

TREVISO
il territorio