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Editoriale. Un tempo per tacere e per ascoltare

Questa Quaresima 2023 cade a un anno esatto da quando l'esercito russo, all'alba del 24 febbraio 2022, sferrò l'attacco all'Ucraina. Forse, in questo tempo di preparazione alla Pasqua, dovremmo tutti convertirci all'ascolto della voce di coloro che soffrono per la guerra, innanzitutto, ma non solo. 

17/02/2023

Mercoledì prossimo, con il rito dell’imposizione delle Ceneri, inizia il tempo di Quaresima, sorto nel IV secolo sotto la spinta di tre istanze o esigenze: il digiuno in preparazione alla Pasqua; la riconciliazione dei penitenti caduti sotto la rigorosità della penitenza canonica; la preparazione ultima dei catecumeni che dovevano ricevere nella Veglia pasquale i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Alla base di tutto ci stava, però, l’esigenza avvertita dalla Chiesa della conversione e, quindi, la Quaresima si caratterizza fin dall’inizio per un’accentuata dimensione penitenziale e battesimale.

La Costituzione conciliare sulla liturgia, in continuità con tutta la tradizione, raccomanda per questo tempo di grazia un ascolto più frequente della Parola di Dio, la dedizione alla preghiera e la pratica di opere penitenziali, come il digiuno e la carità (SC n. 109-110). A loro volta, i vangeli delle domeniche, dopo le pericopi sulle tentazioni di Gesù e della trasfigurazione (domeniche I e II), conferiscono alla Quaresima di quest’anno “A”, con gli episodi della Samaritana al pozzo (III domenica: Gesù dona l’acqua che disseta), la guarigione del cieco nato (IV domenica: Gesù dona la luce) e la risurrezione di Lazzaro (V domenica: Gesù dona la vita), una connotazione prettamente battesimale-catecumenale. 

Un tempo di silenzio e di ascolto

Forse, in questo tempo di Quaresima, in sintonia con il cammino sinodale, potremmo maggiormente esercitarci nella buona pratica dell’ascolto, non solo della Parola di Dio ma, anche, di quella delle persone con cui viviamo o che incontriamo magari occasionalmente. Penso, in particolare, all’ambito familiare e alla necessità di parlare meno e di ascoltarsi di più in piena gratuità, fra coniugi e tra genitori e figli. Oppure alle persone che soffrono o sono in situazioni di disagio le quali, spesso, si aspettano da noi, più che tante parole, spesso di circostanza, silenzio e ascolto e un po’ più di solidarietà nelle loro prove. Ma penso anche a noi preti, propensi come siamo a parlare continuamente, spesso a ruota libera, preoccupati di dire la nostra e fornire risposte anche se da parte dei nostri interlocutori non ci sono vere domande. 

Potrebbe, questa, risultare una buona pratica penitenziale di “digiuno”, da aggiungere a qualche altra piccola mortificazione. Come ci ricorda la sapienza biblica, c’è un tempo per parlare ma, anche, un tempo per tacere e ascoltare. Per noi Chiesa e singoli credenti in cammino sinodale, questo è il tempo propizio per ascoltare.

Ascoltare chi soffre

Questa Quaresima cade ad un anno da quando l’esercito russo, all’alba del 24 febbraio 2022, ha sferrato l’attacco all’Ucraina. Su questa assurda guerra si sono riversati, insieme alle bombe, fiumi di parole e di inchiostro, di analisi, di distinguo e di propaganda menzognera. Le particolari visioni ideologiche e le simpatie più o meno motivate e interessate verso l’uno o l’altro dei belligeranti, hanno diviso anche i nostri animi e ci hanno resi, tante volte, insensibili di fronte al dramma delle distruzioni e delle morti. Abbiamo parlato molto e ascoltato o colto poco le grida di tante vittime innocenti che si mescolavano al frastuono delle armi. 

Forse, dovremmo in questa Quaresima convertirci tutti all’ascolto della voce di coloro che soffrono per la guerra in Ucraina e per le tante guerre sparse nel mondo, ma anche dei disperati che cercano e invocano ospitalità, solidarietà umana e giustizia. Come dice papa Francesco, dobbiamo ascoltare e accogliere la realtà che è sempre superiore e più importante delle idee e dei nostri più o meno sofisticati discorsi. Sappiamo bene che il buon Dio ci chiederà conto non delle nostre idee o, peggio ancora, delle ideologie che abbiamo acriticamente sposato, ma del sangue di Abele il giusto e se siamo stati misericordiosi e vicini a tutti coloro che soffrono e patiscono.

Vincere il maligno

Il Vangelo della prima domenica di Quaresima narra delle tentazioni subite da Gesù e della sua vittoria sul diavolo, grazie al discernimento nelle prove e alla forza che gli infondeva la parola di Dio. Il maligno non si può vincere senza avere prima preso coscienza del male che si annida in modo subdolo nelle sue ammalianti proposte di vita, le quali sempre incrociano e si mimetizzano dentro i nostri più profondi e radicati desideri e istinti. Solo la luce che viene dalla Parola ci può svelare pienamente l’inganno e darci la forza per reagire. Purtroppo, non è accaduto così per i nostri progenitori i quali, come narra la prima lettura, conoscevano bene l’ingiunzione di Dio di non mangiare il frutto dell’albero, ma non l’hanno ascoltata, preferendo affrontare la morte pur di assaporare il desiderabile frutto, tanto decantato dalle parole ingannatrici del serpente, e poter diventare loro stessi come Dio, signori del bene e del male.

Da lì è iniziata la storia, quella degli uomini che, se non si pongono in ascolto di Dio o della retta coscienza, possono arrivare a pervertire tutto, confondendo il male con il bene, e a scaricare sugli altri, sui nemici o su coloro che possono solo ipoteticamente rappresentare una minaccia, tutto il loro potenziale di morte. A che altro sono dovute le guerre, la bramosia del possesso, l’accaparramento a ogni costo dei beni e delle risorse della terra, l’oppressione dei poveri e degli indifesi, se non all’assolutizzazione e divinazione del potere e dei nazionalismi, a costo anche di strumentalizzare Dio e la religione?

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