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Editoriale: un Avvento di responsabilità

Questo tempo può davvero intercettare e coniugarsi con certe tensioni e attese che oggi stiamo tutti vivendo, soprattutto quelle legate alla pandemia. L’attesa del Messia Salvatore da parte dei profeti e di tanti israeliti li ha spinti ad essere attivi, a mettersi in cammino; a creare in loro le condizioni interiori per “vedere” e accogliere il Messia, ma anche per favorire e, in qualche modo, quasi anticipare l’accadere dell’evento messianico di liberazione.

26/11/2020

Domenica prossima inizia con il tempo di Avvento il nuovo anno liturgico, che il Vescovo ha indicato come itinerario pastorale per la diocesi. L’anno liturgico non è semplicemente un susseguirsi di feste e di celebrazioni, ma è Cristo stesso che si fa incontro a noi per invitarci a seguirlo e salvarci. La liturgia, con le celebrazioni memoriali dei misteri di Cristo, è per l’uomo e non per gli angeli; è per la nostra salvezza, non solo eterna, ma anche per quella più specificatamente “terrena”, per la nostra umanizzazione, come evidenzia la costituzione conciliare “Gaudium et spes”: “chi incontra e segue Cristo uomo perfetto si fa pure lui più uomo” (n. 41). Da questo punto di vista, l’anno liturgico, oltre che avere una chiara valenza teologica e spirituale, ha anche una forte dimensione sociale e antropologica (ossia che riguarda l’uomo), ancor più accentuata dal fatto che i tempi sacri e le feste, nella loro origine biblica, sono sorti principalmente in riferimento all’alternarsi delle stagioni, ai ritmi della vita dell’uomo e alle sue molteplici attività ed esigenze religiose e umane. Solo dopo l’evento dell’Esodo hanno assunto dei significati in riferimento alla storia della salvezza.

 

L’Avvento è per l’uomo

Anche l’Avvento non sfugge a questa duplice dimensione spirituale e antropologica. Esso viene comunemente inteso come il tempo dell’attesa e, quindi, anche della speranza.Due sono le accentuazioni che la liturgia mette in risalto nelle letture e nelle preghiere: da un lato, l’attesa del ritorno del Signore alla fine dei tempi (Avvento escatologico) e, dall’altro, l’attesa della sua venuta nella carne (Avvento natalizio). Tuttavia, questa dimensione liturgica-spirituale non può prescindere dalla vita concreta del credente e, più in generale, di ogni uomo, perché le dimensioni dell’attesa e della speranza sono costitutive della sua vita e, anzi, sono il motore che gli consente di affrontare con una certa fiducia ostacoli e prove e di evitare di cadere nella disperazione.

 

Un’attesa attiva

L’Avvento, quindi, può davvero intercettare e coniugarsi con certe tensioni e attese che oggi stiamo tutti vivendo, soprattutto quelle legate alla pandemia. L’attesa del Messia Salvatore da parte dei profeti e di tanti israeliti li ha spinti ad essere attivi, a mettersi in cammino; a creare in loro le condizioni interiori per “vedere” e accogliere il Messia, ma anche per favorire e, in qualche modo, quasi anticipare l’accadere dell’evento messianico di liberazione. Penso, in particolare, a Giovanni Battista che, oltre ad assumere un personale stile di vita povero e austero, sollecita tutti coloro che lo avvicinano ad attendere il Messia non in modo passivo, ma cambiando vita e consuetudini e rinunciando a tante cose non essenziali; penso a Maria e a Giuseppe, che liberamente hanno accettato di rinunciare alla loro libertà e, forse, a tanti desideri e progetti, per far posto alle “incomprensibili” esigenze di Dio per il bene dell’umanità.

 

Un buon proposito per questo Avvento

Ritengo che anche noi, oltre a prepararci degnamente al Natale facendo opere di bene e di penitenza, dovremmo accettare di modificare i nostri stili di vita e di limitare la nostra libertà in modo da poter contenere la diffusione di un virus che sta togliendo a tante persone e imprese la speranza nella vita e nel futuro. Dobbiamo sentirci responsabili del destino e del bene di tutti. Vivere solamente la dimensione strettamente “religiosa” dell’Avvento evitando di farci carico anche delle attese e delle sofferenze che gli uomini stanno vivendo in questo tempo, può facilmente farci scivolare in forme intimistiche della fede e persino alienanti.

Ricordiamoci sempre che Dio, oltre che singolarmente, ci vuole salvare anche “insieme” come comunità, tanto che Gesù, rinunciando liberamente alle sue prerogative divine (Fil 2,6-9), ha assunto i limiti della nostra condizione umana e ha versando il suo sangue per la liberazione e la salvezza di tutti gli uomini e per la nascita di una nuova umanità fondata sull’amore e sulla fratellanza. Della sua libertà ha fatto un dono per la salvezza e il bene degli altri e dell’umanità.

La libertà che abbiamo e a cui teniamo molto non è mai un bene assoluto. Essa, infatti, deve autoregolarsi e responsabilmente limitarsi di fronte alle esigenze del bene comune e alla vita e alla salute degli altri. Dunque, ci attende un Avvento di speranza e di fiducia per tutti che ha bisogno, però, della nostra responsabilità.

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