Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Editoriale: un Avvento di responsabilità
Questo tempo può davvero intercettare e coniugarsi con certe tensioni e attese che oggi stiamo tutti vivendo, soprattutto quelle legate alla pandemia. L’attesa del Messia Salvatore da parte dei profeti e di tanti israeliti li ha spinti ad essere attivi, a mettersi in cammino; a creare in loro le condizioni interiori per “vedere” e accogliere il Messia, ma anche per favorire e, in qualche modo, quasi anticipare l’accadere dell’evento messianico di liberazione.
Domenica prossima inizia con il tempo di Avvento il nuovo anno liturgico, che il Vescovo ha indicato come itinerario pastorale per la diocesi. L’anno liturgico non è semplicemente un susseguirsi di feste e di celebrazioni, ma è Cristo stesso che si fa incontro a noi per invitarci a seguirlo e salvarci. La liturgia, con le celebrazioni memoriali dei misteri di Cristo, è per l’uomo e non per gli angeli; è per la nostra salvezza, non solo eterna, ma anche per quella più specificatamente “terrena”, per la nostra umanizzazione, come evidenzia la costituzione conciliare “Gaudium et spes”: “chi incontra e segue Cristo uomo perfetto si fa pure lui più uomo” (n. 41). Da questo punto di vista, l’anno liturgico, oltre che avere una chiara valenza teologica e spirituale, ha anche una forte dimensione sociale e antropologica (ossia che riguarda l’uomo), ancor più accentuata dal fatto che i tempi sacri e le feste, nella loro origine biblica, sono sorti principalmente in riferimento all’alternarsi delle stagioni, ai ritmi della vita dell’uomo e alle sue molteplici attività ed esigenze religiose e umane. Solo dopo l’evento dell’Esodo hanno assunto dei significati in riferimento alla storia della salvezza.
L’Avvento è per l’uomo
Anche l’Avvento non sfugge a questa duplice dimensione spirituale e antropologica. Esso viene comunemente inteso come il tempo dell’attesa e, quindi, anche della speranza.Due sono le accentuazioni che la liturgia mette in risalto nelle letture e nelle preghiere: da un lato, l’attesa del ritorno del Signore alla fine dei tempi (Avvento escatologico) e, dall’altro, l’attesa della sua venuta nella carne (Avvento natalizio). Tuttavia, questa dimensione liturgica-spirituale non può prescindere dalla vita concreta del credente e, più in generale, di ogni uomo, perché le dimensioni dell’attesa e della speranza sono costitutive della sua vita e, anzi, sono il motore che gli consente di affrontare con una certa fiducia ostacoli e prove e di evitare di cadere nella disperazione.
Un’attesa attiva
L’Avvento, quindi, può davvero intercettare e coniugarsi con certe tensioni e attese che oggi stiamo tutti vivendo, soprattutto quelle legate alla pandemia. L’attesa del Messia Salvatore da parte dei profeti e di tanti israeliti li ha spinti ad essere attivi, a mettersi in cammino; a creare in loro le condizioni interiori per “vedere” e accogliere il Messia, ma anche per favorire e, in qualche modo, quasi anticipare l’accadere dell’evento messianico di liberazione. Penso, in particolare, a Giovanni Battista che, oltre ad assumere un personale stile di vita povero e austero, sollecita tutti coloro che lo avvicinano ad attendere il Messia non in modo passivo, ma cambiando vita e consuetudini e rinunciando a tante cose non essenziali; penso a Maria e a Giuseppe, che liberamente hanno accettato di rinunciare alla loro libertà e, forse, a tanti desideri e progetti, per far posto alle “incomprensibili” esigenze di Dio per il bene dell’umanità.
Un buon proposito per questo Avvento
Ritengo che anche noi, oltre a prepararci degnamente al Natale facendo opere di bene e di penitenza, dovremmo accettare di modificare i nostri stili di vita e di limitare la nostra libertà in modo da poter contenere la diffusione di un virus che sta togliendo a tante persone e imprese la speranza nella vita e nel futuro. Dobbiamo sentirci responsabili del destino e del bene di tutti. Vivere solamente la dimensione strettamente “religiosa” dell’Avvento evitando di farci carico anche delle attese e delle sofferenze che gli uomini stanno vivendo in questo tempo, può facilmente farci scivolare in forme intimistiche della fede e persino alienanti.
Ricordiamoci sempre che Dio, oltre che singolarmente, ci vuole salvare anche “insieme” come comunità, tanto che Gesù, rinunciando liberamente alle sue prerogative divine (Fil 2,6-9), ha assunto i limiti della nostra condizione umana e ha versando il suo sangue per la liberazione e la salvezza di tutti gli uomini e per la nascita di una nuova umanità fondata sull’amore e sulla fratellanza. Della sua libertà ha fatto un dono per la salvezza e il bene degli altri e dell’umanità.
La libertà che abbiamo e a cui teniamo molto non è mai un bene assoluto. Essa, infatti, deve autoregolarsi e responsabilmente limitarsi di fronte alle esigenze del bene comune e alla vita e alla salute degli altri. Dunque, ci attende un Avvento di speranza e di fiducia per tutti che ha bisogno, però, della nostra responsabilità.