Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Editoriale. La guerra e l'uso temerario delle parole
Nelle ultime settimane la guerra in Ucraina ha conosciuto un ulteriore inasprimento. Oramai il conflitto ha assunto i contorni e i rischi di una guerra mondiale. Purtroppo, la minaccia della Russia di fare ricorso a missili nucleari tattici, si sta facendo sempre più concreta. Bisogna assolutamente fare qualcosa per la pace, non possiamo rimanere inermi, assistendo rassegnati alla disfatta dell'Europa.
Con il bombardamento, da parte degli ucraini, del ponte di Kerch, che unisce la Crimea alla Russia (ritenuto da Mosca un atto terroristico) e, prima ancora, con l’omicidio di Darya Dugina (che l’intelligence Usa ritiene opera di Kiev), figlia del filosofo ultranazionalista russo Alexander, ideologo di Vladimir Putin, la guerra ha subito una ulteriore recrudescenza.
Le forze armate russe, infatti, come rappresaglia, stanno lanciando missili contro la capitale Kiev, la città di Leopoli e la regione di Zaporizhzhia, colpendo la popolazione civile, con l’unico scopo di terrorizzarla e seminare il panico. Siamo di fronte alla perversa applicazione della legge del taglione, quella dell’“occhio per occhio e dente per dente”, la quale prevede per i reati subiti una pena identica al torto o al danno provocato.
Quella della rappresaglia è una reazione violenta e ipocrita che, prima o poi, si materializza in ogni guerra ed è, a determinate condizioni, assurdamente giustificata persino da alcune convenzioni internazionali.
In ogni caso, si tratta sempre di una odiosa vendetta, sproporzionata rispetto al male a cui si vuole rispondere.
Sicurezza e debolezza di Putin e Zelensky
Ultimamente l’esercito di Putin si trova in grosse difficoltà e di questo, al momento, sta approfittando Kiev per cercare di riconquistare i territori occupati dall’invasore.
Volodymyr Zelensky, che è già stato armato fino ai denti dall’Europa e dagli Usa, ora sta insistendo con il presidente Usa Joe Biden per avere i missili Atacms, che hanno una gittata di 300 km e possono colpire centri abitati e basi militari in Russia perché, a suo dire, è in grado di sconfiggere il nemico e ricacciarlo indietro.
Ormai si sente così sicuro che, in modo categorico (forse, non senza provocare imbarazzo in Joe Biden), dice di non voler alcun compromesso sull’integrità territoriale dell’Ucraina, né tantomeno di trattare con la persona di Putin.
Sappiamo che, purtroppo, non potrà essere così. Il presidente Putin si è ormai talmente compromesso e la guerra lo sta così esponendo anche in Patria che, piuttosto di subire una disfatta, potrebbe anche essere disposto anche all’uso delle bombe nucleari.
Comunque la si voglia mettere, è evidente che in Ucraina si sta consumando un conflitto tra Occidente e Russia nel quale, di fatto, è pienamente coinvolta la Nato. Come è evidente che Zelensky, che in ogni occasione aumenta le sue pretese verso l’Europa e gli Usa, tiene in mano il pallino del “gioco”, chiedendo agli alleati sempre più armi e non offrendo loro alcuno spiraglio per un compromesso e avviare delle trattative di pace.
Il presidente russo e quello ucraino ostentano sicurezza e lanciano minacce e proclami che, però, celano le loro debolezze e difficoltà.
Parole sconsiderate
Ormai il conflitto ha assunto i contorni e i rischi di una guerra mondiale nella quale, i Paesi amici della Russia, come Cina, Iran, Bielorussia, non potranno rimanere a lungo alla finestra, limitandosi a fornire solo droni e missili. Purtroppo, la minaccia della Russia di impiegare missili nucleari tattici (ossia da usare nel campo di battaglia per obiettivi militari o civili specifici) si fa sempre più concreta, man mano che l’armata rossa viene messa all’angolo e crescono le tensioni interne al regime putiniano. Non ne fa mistero il ciarliero ex presidente russo Dmitry Medvedev, secondo il quale la Russia “ha il diritto di usare l’arma nucleare se lo riterrà necessario”.
A sua volta, il presidente Usa Biden, condizionato dalle prossime elezioni di medio termine, non si è tirato indietro nel lanciare minacce, affermando - un po’ avventatamente per la responsabilità mondiale che ricopre e per la potenza nucleare di cui dispone - che il rischio di un conflitto nucleare non è mai stato così alto dalla crisi missilistica cubana del 1962 e che il conflitto potrebbe sfociare nell’apocalisse nucleare.
Sono parole temerarie, che fanno rabbrividire e che dicono, in maniera imprudente e sconsiderata, del possibile pericolo che ci sovrasta, richiamato più volte, in modo accorato, da papa Francesco. Parole che, ahimè, vengono usate con leggerezza anche nei giornali, nei talk show televisivi e tra la gente, quasi per esorcizzare la paura o per incoscienza circa gli effetti catastrofici di un eventuale conflitto nucleare. Non vorremmo che, a forza di parlarne, si instillasse l’idea che il disastro è inevitabile e che, pertanto, non rimanga altro che preoccuparsi per rifugi antiatomici e di fare scorte di compresse di iodio contro le radiazioni (ormai largamente reclamizzate anche su Amazon).
La pace è possibile?
Biden, di recente, ha affermato che sta cercando di capire quale sia la possibile via d’uscita per Putin che rischia di perdere potere, guerra e faccia. Questa, nello stallo generale, è già una buona notizia. Sembra che tra Usa e Federazione Russa (e, forse, il card. Pietro Parolin) ci siano trattative in corso al cui risultato, se ci sarà, Zelensky dovrà per forza adeguarsi. La pace comporta sempre un compromesso e la rinuncia di qualcosa da parte dei contendenti, a meno che uno dei due non venga definitivamente sconfitto. Martedì scorso, su “Avvenire”, Fulvio Scaglione, con molto pragmatismo, scriveva che l’Ucraina non può sperare di tornare ai confini pre-2014 riprendendosi la Crimea, né la Russia può credere di annettersi l’intero Est dell’Ucraina fino al fiume Dnepr.
Purtroppo, anche tra la gente comune, la parola “pace” viene declinata secondo le proprie simpatie, visioni ideologiche e politiche, al punto che, soprattutto sulle televisioni, si innescano sempre più tensioni e conflitti tra gli invitati che, a volte, finiscono in una indegna caciara.
Continuiamo a chiederci se sia impossibile fare qualcosa per la pace. Ad esempio, si potrebbe, almeno, convincere o costringere i belligeranti a un armistizio, ossia alla cessazione provvisoria delle ostilità, in attesa della definizione di una trattativa di pace? E’ possibile chiedere almeno questo, oppure dobbiamo rassegnarci a rimanere ostaggi di Putin e Zelensky, dell’armata rossa e della Nato, e assistere rassegnati alla disfatta dell’Europa?