Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Dare speranza di futuro là dove vivono
Il MicroMacro gFest di GiaveraFestival 2018, nella sua 23° edizione sempre promossa da don Bruno Baratto, si è confrontato con studiosi ed esperti. Le soluzioni all’accoglienza dell’ondata migratoria non sono semplici, ma lo scambio è sempre la risposta vincente nonostante le opinioni siano contrastanti e molti optano per la chiusura
E’, come sempre, l’instancabile promotore da 23 anni del Festival Ritmi e danze dal mondo, don Bruno Baratto, ad aprire l’incontro-conferenza del MicroMacro gFest - GiaveraFestival 2018, presentando, domenica 8 luglio, Duccio Canestrini, antropologo, giornalista e scrittore, e Paolo Bergamaschi, eurodeputato nel gruppo dei Verdi e da 23 anni alla Commissione Esteri del Parlamento europeo. Da tempo impegnato nel movimento eco-pacifista, collabora con riviste d’area e quotidiani occupandosi, in particolare, di risoluzione e prevenzione dei conflitti. Don Bruno ricorda che per la prima volta quest’anno il festival si è fatto itinerante passando per Milano, Pordenone, Giavera del Montello, per chiudersi a Konispol, un piccolo villaggio al confine tra Albania e Grecia, il 24, 25 e 26 agosto, nello stile di sempre: incontro e scambio tra persone. Questo stile verrà poi ricordato nel comunicato-manifesto siglato dagli organizzatori e letto alla fine dell’incontro. Di fronte alle tante migrazioni, che è una questione complessa e non può avere soluzioni semplicistiche, “Il Festival è nato con al cuore l’incontro e lo scambio, tra genti e persone. Ed è questa anche oggi la posizione che scegliamo, scomoda come sempre, perché non si vuole ridurre a una parte contro l’altra, ma sceglie la tenacia e il rischio di chi vuole confrontarsi piuttosto che schierarsi. Di chi vuole cercare soluzioni creative, salti in altro, tenendo sempre ben aperti gli occhi sul mondo”. Il pubblico, sollecitato a non dare per scontato nulla, pretendendo di sapere e di tenere gli occhi aperti sul mondo, viene brutalmente apostrofato da Paolo Bergamaschi a non dare per scontato che per fine ottobre l’Europa non ci sia più!!! “L’Europa - aggiunge Bergamaschi -, si trova oggi di fronte a crisi profonde, di identità, di funzionamento. Le soluzioni, che devono venire da tutti, non sono pronte, e queste richiedono uno spirito costruttivo da parte di ogni Paese, ma oggi l’Europa è la sommatoria di 27 egoismi nazionali e se così è, entro la fine dell’anno tutto andrà in disfacimento”. Cita la ben nota crisi della Brexit, la crisi catalana, la politica estera e di sicurezza comune che hanno bisogno di scelte, ma il meccanismo del consenso unanime sta portando alla paralisi perché Malta ha lo stesso peso della Germania e basta un diniego e tutto è bloccato. Ma come superare questi egoismi se l’opinione pubblica che “guida” i governi con il proprio consenso non apre gli occhi? Basta un migrante che bussi alla porta e si entra nella paura e ci si scaglia contro l’Europa. Ma “l’Europa - ricorda Bergamaschi -, non esiste come entità terza, è fatta dai governi e quando si dice che le istituzioni europee sono complicate è vero, ma la responsabilità è dei governi che complicano per ripararsi. Oggi la vera questione, con le elezioni europee al prossimo marzo, è se si vuole o no l’Europa! Chi spinge per andare al disfacimento e vuole l’Italexit, lo deve dire con chiarezza perché tutti ne siano consapevoli!”. Non da politico, ma più da “antropop”, è l’intervento di Duccio Canestrini: “Siamo in un’epoca di globalizzazione per cui parlando di lontananza dall’altro tutto è relativo, tutto oggi è prossimità, ma il confronto con l’altro crea sempre spaesamento, smottamento. Ma la diversità è genetica. Ad esempio, l’homo Sapiens e l’homo di Neanderthal si sono ibridati. Noi siamo frutto di ibridazioni, con tutto ciò che comporta, conflitti, mutualità, alleanze, empatia. Forse, perché frutto di queste ibridazioni, che rendono le specie più forti, noi uomini oggi siamo tanti. Dal punto di vista evolutivo abbiamo avuto un successo favoloso, ma a scapito delle altre specie di animali e vegetali”. L’aumento della popolazione, secondo Duccio Canestrini, porta da un po’ di tempo a tendenze catastrofistiche alla Blade Runner, ma lo studioso si dice ottimista perché pensare al peggio può aiutare l’umanità a darsi una mossa nel creare maggiore empatia e convivenza pacifica, anche se ha dubbi che si possa raggiungere la desiderata integrazione.
Discorsi paralleli, che si incrociano e si spostano da chi dovrebbe confrontarsi con “l’altro”, alle motivazioni per cui “l’altro” ti si pone violentemente davanti. Su queste motivazioni ci ragiona nell’incontro pomeridiano, Sami Bennour, giornalista della tivù tunisina En Ewan, che ha inseguito le storie di molti giovani che rischiano la vita per il “sogno europeo”. Dopo un’analisi, conosciuta, delle attuali rotte migratorie del Nord Africa, si ritorna a uno, tra i tanti, antidoti per fermare l’emorragia dei giovani: “Dare loro speranza di futuro là dove vivono”. Forse questo è uno dei tanti “salti in altro” del Festival di Giavera, tenendo sempre ben aperti gli occhi sul mondo in cui viviamo, nel quale c’è sempre chi lo vorrebbe semplificare riducendolo ai propri interessati “occhiali di lettura”.
Annalisa Milani