Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Cento anni dall’assassinio di Giacomo Matteotti, ispiratore della nostra Costituzione
Il 10 giugno ricorreranno 100 anni dal violento assassinio di Giacomo Matteotti, deputato socialista originario di Fratta, l’ultimo uomo in Italia che osò sfidare apertamente Benito Mussolini in Parlamento, denunciando violazioni e brogli nelle elezioni dell’aprile 1924.
A seguito del suo rapimento e del suo assassinio, avvenuto per mezzo di criminali assoldati da figure vicinissime a Mussolini stesso, il fascismo cessò di muoversi nel solco della legalità per virare definitivamente verso un regime totalitario. In questi ultimi mesi, numerosi studi indagano lo statista di Fratta Polesine. Gianpaolo Romanato, presidente del comitato scientifico della casa museo Matteotti di Fratta Polesine e autore di “Giacomo Matteotti. Un italiano diverso” (Bompiani, 2024), ci aiuta a inquadrare questa figura: “Matteotti è l’ispiratore dell’attuale Costituzione repubblicana” ci fa notare il professore: “La prima parte della costituzione contiene numerosi principi che ritroviamo nelle sue battaglie politiche. Tra questi anche l’articolo 11 della Costituzione (l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ndr), che ricalca il pensiero antimilitarista e antinterventista tenuto da Matteotti durante la Prima guerra mondiale”. Romanato su questo punto propone un confronto diretto con il presente: “Questa posizione fermissima che Matteotti tenne durante la Prima guerra mondiale, per cui subì un processo per disfattismo e scontò anni di confino in Sicilia, mi sembra di grande attualità e significato con le vicende del mondo di oggi e sulla quale vale la pena di riflettere, proprio perché anticipò l’articolo 11”.
Il netto anti-bellicismo di Matteotti ci porta a scorgere il suo temperamento inflessibile, per nulla accomodante e prono ai compromessi. Ne sono prova anche i difficili rapporti con la sinistra italiana, soprattutto dopo la nascita del Partito comunista nel 1921: “Matteotti fu divisivo anche all’interno del Partito socialista del tempo - ci spiega il professore -. Fu contrario alla rivoluzione d’ottobre sin dall’inizio, temendo di vedere un nuovo zarismo. Tra il ‘21 e il ‘24, Matteotti si spostò decisamente su posizioni riformiste e socialdemocratiche e questo scavò un abisso nei confronti del Pci. Gramsci lo definì “un pellegrino del nulla”; Togliatti, con imbarazzo, evitò sempre di parlarne: la più nota vittima del fascismo era stato un socialdemocratico moderato e non un comunista”.
L’opera di Romanato, attraverso la figura di Matteotti, indaga sulla storia del Polesine, luogo d’origine dello statista, a cavallo tra ‘800 e ‘900: “Matteotti era cresciuto in una provincia tra le più depresse d’Italia, quale era il Polesine. Di fronte alla miseria più nera, alla fame dilagante che costringeva tantissimi a emigrare, ebbe la reazione della persona onesta che era e si ribellò. Allora significava diventare socialisti, partito che si opponeva a questa realtà. Si dedicò a questa battaglia e alla redenzione delle plebi agricole, sua espressione questa, con una tale determinazione e convinzione che divenne beniamino della povera gente del Polesine, diventando nemico delle poche classi agiate polesane che lo videro come un traditore: il ricco possidente, il «socialista con la pelliccia, passato dalla parte dei proletar»”, ci spiega Romanato.
Uno degli aspetti più interessanti dell’opera di Romanato sta nel recupero della corrispondenza con la moglie, Velia Titta: “Ciò che mi ha maggiormente colpito da questa corrispondenza sono stati i costi enormi che quest’uomo inflisse a se stesso e alla sua famiglia: alla madre, alla moglie e i tre figli nati dal matrimonio. L’epistolario rivela quest’aspetto che rivela una profonda umanità e anche un velo di tristezza. I costi continuarono anche dopo la sua morte per il controllo asfissiante che il fascismo esercitò sulla famiglia: moglie e bambini furono sottoposti a una sorveglianza quotidiana, fino al 1943, quando finì il regime. Addirittura, un agente dell’Ovra si infiltrò all’interno della famiglia stessa: l’ombra di Matteotti e la sua morte furono sempre per il fascismo motivo di paura e inquietudine” ci fa notare il professore, che da presidente del comitato scientifico della casa-museo di Fratta, ci lascia un appunto: “Abbiamo avuto una disponibilità piena dalla parte delle Istituzioni locali: sono grato al Comune di Fratta, alla provincia di Rovigo e alla Regione del Veneto, interlocutori diretti e pronti, per l’impegno di valorizzazione profuso in questo periodo. Obiettivamente c’è stato un notevole ritardo nell’erogazione dei fondi della legge Segre sul centenario (legge approvata all’unanimità alla Camera, lo scorso luglio, ndr): varie iniziative che avevamo in programma, stentano ad andare a buon fine perché i relativi fondi non sono ancora arrivati”. Proprio in queste settimane, si sta riallestendo la casa-museo: “Cambieranno i criteri, ma non i contenuti espositivi - ci anticipa Romanato -. L’attuale percorso biografico, realizzato una ventina di anni fa, verrà aggiornato e adattato con tecniche più moderne. Speriamo, così, di rendere più accattivante per il visitatore questa figura, soprattutto per le scolaresche” conclude.