martedì, 19 novembre 2024
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A Natale l’appello del Papa; “Cessino operazioni militari”

“Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale”. È l’appello del Santo Padre nel messaggio natalizio, pronunciato prima di impartire la Benedizione “Urbi et Orbi”, sulla situazione a Gaza e in Israele.

Quello di Betlemme è l’annuncio di “una grande gioia” che “non la felicità passeggera del mondo, non l’allegria del divertimento, ma una gioia ‘grande’ perché ci fa ‘grandi’. Oggi, infatti, noi esseri umani, con i nostri limiti, abbracciamo la certezza di una speranza inaudita, quella di essere nati per il Cielo”. Lo ha detto il Papa nel messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, prima di impartire la Benedizione “Urbi et Orbi”: “Oggi a Betlemme tra le tenebre della terra si è accesa questa fiamma inestinguibile, oggi sulle oscurità del mondo prevale la luce di Dio, ‘che illumina ogni uomo’ (Gv 1,9): rallegriamoci di questa grazia! Gioisci tu, che hai smarrito fiducia e certezze, perché non sei solo, non sei sola: Cristo è nato per te! Gioisci tu, che hai deposto la speranza, perché Dio ti tende la mano: non ti punta il dito contro, ma ti offre la sua manina di Bimbo per liberarti dalle paure, sollevarti dalle fatiche e mostrarti che ai suoi occhi vali come nient’altro”.

“Nella Scrittura, al Principe della pace si oppone “il principe di questo mondo” che, seminando morte, agisce contro il Signore, “amante della vita”. Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti. Quante stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi”, ha proseguito papa Francesco. Per il Santo Padre, dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, “a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse”: “Ma per dire ‘no’ alla guerra bisogna dire ‘no’ alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre”.

In Israele e Palestina “la guerra scuote la vita di quelle popolazioni”: “Le abbraccio tutte, in particolare le comunità cristiane di Gaza e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale”. È l’appello del Papa nel messaggio natalizio: “Il mio pensiero va poi alla popolazione della martoriata Siria, come pure a quella dello Yemen ancora in sofferenza. Penso al caro popolo libanese e prego perché possa ritrovare presto stabilità politica e sociale”. Quindi Francesco implora “la pace per l’Ucraina”, rinnovando “la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio”.

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