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Giovani: nuovi esploratori

Paola Bignardi, a Treviso lo scorso 30 ottobre, ha parlato di fede e spiritualità

Sta “indagando” da molti anni le giovani generazioni, e in particolare il loro rapporto con la fede e con la Chiesa, la loro ricerca di spiritualità, il rapporto con il trascendente. Paola Bignardi, pedagogista e pubblicista, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica e coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, la settimana scorsa è stata ospite a Treviso, nella sala Longhin del Seminario, per un dialogo sui giovani che si sono allontanati dall’esperienza religiosa, a partire dalla domanda: “Se ne sono andati: e adesso?”.

Bignardi è autrice, insieme a Rita Bichi, del libro “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità”, edito da “Vita e Pensiero”, nato dalla ricerca qualitativa, fatta con l’Osservatorio, che ha coinvolto circa 200 giovani (il 95% dei quali ha fatto un percorso di iniziazione cristiana) in tutta Italia, tra i 18 e i 30 anni. A loro sono state poste, a seconda della situazione personale, le domande: “Perché vi siete allontanati dalla Chiesa?” o “Perché siete rimasti?”. Un tema che Bignardi aveva iniziato a scandagliare già nel 2013 con la ricerca “Dio a modo mio”.

L’attento uditorio trevigiano era composto da alcuni giovani e da numerosi adulti: educatori, preti, consacrate, insegnanti, tutti con il desiderio di riflettere insieme, di capire. A presentare la serata i due responsabili degli organismi che l’hanno promossa, don Michele Marcato, per l’Istituto superiore di Scienze religiose di Treviso e Belluno “Giovanni Paolo I”, e don Stefano Didonè, per l’Istituto teologico interdiocesano “Giuseppe Toniolo”. Didonè stesso ha collaborato alla ricerca, come docente della Facoltà teologica del Triveneto: “Farsi delle domande, come facciamo stasera, è già il primo passo per cominciare a pensare” ha sottolineato.

Un lavoro importante, quello svolto con l’indagine, che ha messo al centro l’ascolto, ma che ha soprattutto dato voce ai giovani, con l’intento che, forse, “ascoltare le ragioni di chi ha lasciato la Chiesa fosse un modo per capire la Chiesa di oggi e comprendere l’appello che in questo allontanamento è contenuto”, ha chiarito Bignardi, che ha anche dato un consiglio ai presenti: aprirsi a un ascolto non giudicante, per poter “entrare in un mondo che presenta ricchezze inaspettate”.

Illustrando i dati dell’Osservatorio sulla dimensione religiosa, la studiosa ha ricordato che in 10 anni (dal 2013 al 2023) i giovani italiani che si considerano cattolici sono “crollati” dal 56 al 32 per cento, con un calo più rapido tra le donne. Un trend che, se confermato, porterebbe a uno scenario nel 2050 con il 6/7 per cento di giovani che si dicono cattolici. Quello che appare è un mondo giovanile incredulo, dunque, per conoscere il quale, però, è necessario un ascolto sulle grandi questioni sia della fede che della vita, per capire se non si tratti di una trasformazione del modo di credere. “La profondità delle risposte alle domande è il segnale che questi interrogativi sono famigliari ai giovani, che la ricerca in loro è presente, e già questa è un’ipoteca sulla definizione della loro incredulità” ha sottolineato Bignardi.

All’inizio della ricerca spirituale ci sono domande esistenziali importanti, a cominciare da quelle sulla morte, sul male, sul futuro, e la fede è rappresentata con l’immagine di un interruttore in una stanza buia. “La questione della fede porta con sé la questione di Dio che «non si vede e non si compra», come ha detto un giovane. Dio, per alcuni, non è un’idea, ma qualcuno con cui stare in relazione - ha evidenziato Bignardi -. Spesso la rappresentazione di Dio avviene con il linguaggio della vita, non della teologia. C’è un’inquietudine nella loro vita che parla di Dio, ma nella quale Gesù non compare: forse il Gesù che abbiamo presentato loro non ha le caratteristiche che lo farebbero amare, ricco di un’umanità attrattiva. Temo che abbiamo presentato soprattutto l’aspetto dolorista e sacrificale della vita cristiana”.

Le risposte parlano di una Chiesa vista come vecchia, lontana, chiusa, lenta. La vorrebbero come una cena a casa di amici, dove si sta bene, e dove si può parlare di tutto e non si è giudicati. Perché l’hanno abbandonata - si è chiesta Bignardi - perché è fallito il passaggio da una fede infantile a una personale e matura? Una rottura che si colloca intorno ai 16 -17 anni e che è stata classificata come allontanamento esistenziale, critico o anche arrabbiato. Ma se hanno abbandonato la Chiesa, i giovani non sembrano aver abbandonato una ricerca di fede. Definiscono la propria spiritualità con le parole viaggio, interiorità, relazioni, ricerca di sé, connessioni. Hanno sostituito la pratica religiosa con le relazioni e con la ricerca di una nuova spiritualità, che porti a vivere una fede in modo umano, passando dall’appartenenza a una comunità a un credere che ha radice nella coscienza e nelle motivazioni personali. Non a caso, chi è “rimasto”, magari impegnandosi, è chi ha continuato a trovare le relazioni calde e alcune risposte alle domande esistenziali, trovando “più luce che polvere, dopo aver acceso l’interruttore”. Chiedono un cristianesimo in uscita, competente sulle questioni del mondo, che torni alle origini, più attento alle persone e meno alle strutture. Risonanze di temi che sono emersi anche dai tanti ascolti sinodali effettuati nella nostra diocesi con i giovani delle scuole superiori.

Importante il dialogo tra la relatrice e quattro giovani, che hanno condiviso le proprie riflessioni e le motivazioni che li hanno fatti “restare” o “lasciare” la Chiesa, così come il dibattito che ne è seguito.

“I giovani sono esploratori di un territorio nuovo - è convinta Bignardi -, quello dell’umano di oggi, e cercano nuove possibilità di una fede autenticamente umana, contemporanea per tutti”. E così la vignetta che ritrae la Chiesa su un “Titanic” con i giovani che salutano dalla zattera (che ha fatto da sfondo alla serata), può rappresentare l’augurio che si tratti di un “naufragio” generativo. Tanto più che Gesù è ritratto insieme a loro. (Alessandra Cecchin)

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