Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Vescovo Gardin, con lo sguardo del Vangelo. Il ricordo del vescovo Michele
Padre Gianfranco Agostino Gardin mi ha regalato il primo sguardo sulla Diocesi di Treviso, appena dopo che ho saputo che papa Francesco mi aveva nominato Vescovo, immediato successore di padre Agostino.
Sapevo poco o nulla di questa Chiesa - che ora, a distanza di quasi cinque anni, sento con gratitudine la «mia» Chiesa, e casa mia - e sentivo la fatica di lasciare quella che per più di cinquant’anni era stata il luogo delle relazioni e degli affetti più profondi. Fin da subito padre Agostino mi si è fatto accanto, discreto, premuroso, amico. Di nascosto da tutti ci siamo incontrati già qualche giorno prima della comunicazione ufficiale della mia nomina, e poi numerose volte prima dell’ordinazione il 14 settembre 2019 e dell’ingresso in Diocesi il 6 ottobre 2019. Sempre ha preso lui l’iniziativa, e ogni volta mi ha introdotto alla vita, alle vicende, alle caratteristiche della nostra Chiesa, raccontandomi molto, anche con dovizia di particolari, sempre tentando di fornirmi uno sguardo di insieme che mi aiutasse a orientarmi.
Ogni volta che ci siamo visti mi ha comunicato soprattutto il suo amore per la Diocesi, per le persone che ha incontrato e alle quali si è dedicato con impegno e dedizione per dieci anni. Non ha mai nascosto le questioni e i problemi, tutt’altro; ma sono convinto - ripensando a quegli incontri così fondamentali per me - di dovere molto a lui se ho ricevuto il dono di voler subito bene a questa porzione di Chiesa di Cristo.
Gli stavano a cuore i presbiteri, il loro ministero come anche alcune loro particolari situazioni, così come il Cammino sinodale con la riscoperta anche a tratti impegnativa della fecondità del camminare insieme – presbiteri, diaconi, consacrati e laici – nella pari dignità e nella corresponsabilità.
Aveva uno sguardo lucido ed evangelico sulle vicende del tempo e sulle fatiche di dialogo della Chiesa cattolica con la modernità, e comunicava passione – talvolta anche carica di indignazione per tante chiusure ed egoismi – per una scelta preferenziale dei poveri che non fosse solamente vuota parola, ma scelta concreta di vita, personale e istituzionale.
E continuava – non soltanto in quei primi incontri, ma ogni volta che avevo la grazia di trascorrere tempi più prolungati assieme a lui – ad appassionarsi alle possibilità di annunciare il Vangelo come parola efficace e significativa, fonte, in particolare, di una morale vista finalmente come forza di liberazione del potenziale di bene di ogni persona e della società intera, cammino verso la fioritura umana integrale piuttosto che strumento di controllo delle coscienze.
“Padre Agostino ha testimoniato, ha annunciato, e ha messo al cuore della vita della Diocesi la relazione viva con il Signore Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto”
Siamo riusciti a condividere – meno spesso di quanto avrei voluto, ma non raramente – la mensa conviviale (con alcune preferenze culinarie in comune), la musica (pensavo di conoscere qualcosa, quanto ho potuto imparare!), alcune riflessioni sulla vita della Chiesa universale e sul potenziale tutto ancora da scoprire dei testi del Concilio Vaticano II. Persino qualche camminata: ma che fatica stargli dietro! E poi molti racconti di vita, suoi e miei.
Sarei stato contento se avesse deciso, nel 2019, di rimanere a vivere in Diocesi. Mosso dal suo signorile rispetto e dalla sua discrezione, imparati in famiglia e coltivati per tutta la vita, ha invece pensato di trasferirsi a Padova, dai confratelli francescani. E ho, poi, vissuto personalmente come un dono immeritato e inaspettato la sua decisione di tornare a vivere a Treviso, un paio di anni fa. E ho sperimentato con dolore gli ultimi mesi della sua esistenza terrena, durante i quali progressivamente si è manifestata sempre più evidente la fragilità delle sue condizioni di salute.
Non è certo questo il momento di bilanci o di valutazioni. Sento soltanto forte il desiderio di condividere con tutti voi la mia tristezza e la mia speranza. Sono triste, perché so che avrei ancora imparato tanto da padre Agostino, e che avremmo potuto ancora trascorrere momenti fraterni e lieti: per tutto questo mi manca e mi mancherà.
E vivo intensa la speranza che noi tutti avremo molto da imparare in futuro, riprendendo alcuni suoi passaggi, alcune sue intuizioni, alcuni temi del suo magistero episcopale, e che, forse proprio là dove egli si era sentito più inadeguato, riusciremo a scorgere germogli di nuova fecondità spirituale.
In particolare riconsegno a tutti noi l’ispirazione che ha portato padre Gianfranco Agostino Gardin alla scelta del suo motto episcopale “Domini pulchritudine correpti”, “avvinti dalla bellezza del Signore”. La sua francescanamente sobria e umanissima signorilità si è sempre abbeverata alla fonte della bellezza e della bontà divina. Padre Agostino ha testimoniato, ha annunciato, e ha messo al cuore della vita della Diocesi di Treviso la relazione viva con il Signore Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto. Il suo motto è una citazione dell’esortazione post sinodale “Vita consecrata” di san Giovanni Paolo II del 1996. In essa il papa citava, a proposito della “dimensione pasquale della vita consacrata”, un bel passaggio di sant’Agostino.
Lo riporto qui, perché mi aiuta a descrivere lo sguardo che ora rivolgo al Signore, in questo momento in cui diamo il nostro saluto a padre Agostino. E’ il Signore vincitore della paura e della morte che ora contempliamo, a Lui affidiamo la vita di padre Agostino, a Lui chiediamo il dono della consolazione e della speranza, e la grazia di cogliere, in ogni istante dell’esistenza, la bellezza del suo amore per noi:
“Bello è Dio, Verbo presso Dio [...]. È bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell’invitare alla vita e bello nel non curarsi della morte; bello nell’abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella Croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con intelligenza, e la debolezza della carne non distolga i vostri occhi dallo splendore della sua bellezza”.