sabato, 07 settembre 2024
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Speciale 130°, gli auguri della Cei: "Dare voce a chi non ce l'ha"

È questo il valore aggiunto di questo giornale, scrive il direttore dell’ufficio Comunicazioni sociali della Chiesa italiana. Che ci chiede “un impegno a custodire la memoria di quanto fatto con dinamicità. Un giornale non può e non deve essere statico”.

Suscita sempre un grande interesse scorrere i nomi delle testate diocesane. È come se ogni scelta fatta nel tempo evidenziasse anche un impegno di fondo, da perseguire in modo integrale. Se per qualcuno è motivo di scherno, l’elenco dei settimanali parla di identità, cultura, umanità e appartenenza. Per questo, nel celebrare un anniversario è tutto il territorio a fare festa. Auguri, dunque, a tutta la comunità trevigiana per i 130 anni della Vita del popolo. Un traguardo prezioso, che apre una nuova pagina, tutta da scrivere, e rinnova allo stesso tempo una storia di fedeltà e di servizio alle donne e agli uomini del nostro tempo. In che modo? Ascoltando e raccontando il vissuto concreto, informando e formando un’opinione pubblica che sappia integrare i punti di vista differenti, con un compito ben preciso: dare voce a chi non ce l’ha. È questo il valore aggiunto delle pagine di questo giornale. Certamente non rispondono a criteri di mercato, ma non per questo è un’informazione a perdere. Ecco, allora, il senso della testata: è la vita del popolo, del nostro popolo, di questo popolo ben preciso, che vive in un territorio, i cui confini (anche giornalistici) sanno aprirsi alla cronaca nazionale e internazionale.

Auguri per la cifra tonda raggiunta - 130 anni - con un impegno a custodire la memoria di quanto fatto con dinamicità. Un giornale non può e non deve essere statico. In questo, il riferimento alla memoria implica lo sviluppo del dialogo tra le generazioni. Una sfida, questa, da vivere appieno: se colta nella sua essenza, infatti, ne beneficerà tutta la società che verrà ricomposta e pacificata nelle sue mille sfaccettature. La memoria, poi, è cammino continuo, è capacità di afferrare il frammento riconducendolo all’insieme. Non è ingresso in un museo o libro di citazioni cui riferirsi nei momenti difficili, ma input a rinnovarsi continuamente, a rivedere totalmente il proprio modo di essere e di pensare. È qui che si origina lo stupore. D’altronde, come ricorda papa Francesco, “la vita, senza stupore, diventa grigia, abitudinaria...”.

Alla Vita del popolo l’augurio di assaporare la bellezza e la fatica dello stupore. E’ l’unica medicina al virus dell’autoreferenzialità. Lo stupore riconnette con il territorio, valore umano, sociale e culturale dentro il quale il settimanale “si costruisce e costruisce”. Non delimitato dall’ombra del campanile, il settimanale è il luogo in cui la concretezza della vita misura ogni giorno i concetti e le teorie nel confronto con la fatica e la speranza della gente. Per questo, la cultura del territorio, che ispira e sostiene l’esperienza dei settimanali, non ha avuto timore di confrontarsi con la globalizzazione, le diversità, le nuove tecnologie. Come altre, ha avuto momenti difficili, ma questa cultura è uscita rafforzata dalla prova perché è nutrita dalla saggezza della gente. La fiducia del lettore nel settimanale non è fine a sé stessa, ma offre indicazioni utili a costruire comunità. Per questo, la responsabilità cresce nel leggere la testata: La Vita del popolo. Auguri e ad maiora!

*Direttore ufficio Comunicazioni sociali Conferenza episcopale italiana

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