Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Rapporto Istat: "Il Covid-19 ha acuito le diseguaglianze"
“A metà 2020 il quadro economico e sociale italiano si presenta eccezionalmente complesso e incerto. Al rallentamento congiunturale del 2019 si è sovrapposto l’impatto della crisi sanitaria e, nel primo trimestre, il Pil ha segnato un crollo congiunturale del 5,3%; i segnali più recenti includono: inflazione negativa, calo degli occupati, marcata diminuzione della forza lavoro e caduta del tasso di attività, una prima risalita dei climi di fiducia”. È la fotografia offerta oggi dal Rapporto annuale 2020, presentato oggi a Roma, a Montecitorio.
“A metà 2020 il quadro economico e sociale italiano si presenta eccezionalmente complesso e incerto. Al rallentamento congiunturale del 2019 si è sovrapposto l’impatto della crisi sanitaria e, nel primo trimestre, il Pil ha segnato un crollo congiunturale del 5,3%; i segnali più recenti includono: inflazione negativa, calo degli occupati, marcata diminuzione della forza lavoro e caduta del tasso di attività, una prima risalita dei climi di fiducia”. È la fotografia offerta oggi dal Rapporto annuale 2020, presentato oggi a Roma, a Montecitorio. “Le previsioni Istat stimano per il 2020 un forte calo dell’attività economica, solo in parte recuperato l’anno successivo”, precisa il Rapporto, che ricorda: “Nel 2019 è proseguito il riequilibrio dei saldi di finanza pubblica, ma le azioni di bilancio volte a contrastare la crisi avranno un impatto rilevantissimo sulla finanza pubblica”.
Una rilevazione ad hoc dell’Istat presso le imprese mostra che “i fattori di fragilità sono molto diffusi ed è cruciale la questione del reperimento della liquidità, seppure emergano elementi di reazione positiva”.
Secondo il Rapprto, “il segno distintivo del Paese nella fase del lockdown è stato di forte coesione. Questa si è manifestata nell’alta fiducia che i cittadini hanno espresso nei confronti delle istituzioni impegnate nel contenimento dell’epidemia e in un elevato senso civico verso le indicazioni sui comportamenti da adottare”. Nonostante l’obbligo di restare a casa, “emerge l’immagine di una quotidianità ricca ed eterogenea, in cui la famiglia ha rappresentato un rifugio sicuro per molti, ma non per tutti”: “Le restrizioni non hanno impedito alle persone di dedicarsi alle relazioni sociali, alla lettura, all’attività fisica e ai tanti hobbies, consentendo di cogliere anche le opportunità che la maggiore disponibilità di tempo ha offerto alla gran parte della popolazione”.
L’Italia è uno dei Paesi più precocemente e intensamente coinvolti dalla pandemia, i contagi registrati sono stati quasi 240mila e hanno causato poco meno di 35mila decessi. Le regioni del Sud e delle Isole sono state meno coinvolte di quelle del Centro e del Nord. L’impatto dell’epidemia sulla mortalità è stato significativo nel periodo di marzo e aprile”.
“L’epidemia ha colpito maggiormente le persone più vulnerabili, acuendo al contempo le significative disuguaglianze che affliggono il nostro Paese, come testimoniano i differenziali sociali riscontrabili nell’eccesso di mortalità causato dal Covid-19 – precisa il Rapporto -. Sono infatti le persone con titolo di studio più basso a sperimentare livelli di mortalità più elevati”.
In realtà, “l’emergenza sanitaria interviene a valle di un lungo periodo in cui il Servizio sanitario nazionale è stato interessato da un forte ridimensionamento delle risorse, nonostante ciò, è riuscito a reggere, pur con difficoltà, l’impatto dell’emergenza sanitaria”. Negli ospedali “si è riscontrata la diminuzione dei ricoveri per malattie ischemiche di cuore e per malattie cerebrovascolari”. Ma nello stesso tempo, “il sistema ha mantenuto inalterata la capacità di trattamento tempestivo e appropriato di queste patologie una volta ospedalizzate”.
“La pandemia da Covid-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti e crescenti disuguaglianze”, secondo il Rapporto. “La classe sociale di origine influisce ancora in misura rilevante sulle opportunità degli individui nonostante il livello di ereditarietà si sia progressivamente ridotto – evidenzia il Rapporto -. Per la generazione più giovane però è anche diminuita la probabilità di ascesa sociale”. Sul fronte del mercato del lavoro “la fotografia al 2019 indica crescita di diseguaglianze territoriali, generazionali e per titolo di studio rispetto al 2008”, mentre “quelle di genere sono diminuite in termini di quantità di occupati ma aumentate sotto il profilo della qualità del lavoro”.
Non solo: “L’elevato tasso di irregolarità dell’occupazione – più alto tra le donne, nel Mezzogiorno, tra i lavoratori molto giovani e tra quelli più anziani – nella crisi è fonte di fragilità aggiuntiva per le famiglie. Rischi di amplificazione delle diseguaglianze a svantaggio delle donne sono associati alla precarietà, al part time involontario e alla conciliazione dei tempi di vita, resa più difficile dalla chiusura delle scuole e dalla contemporanea impossibilità di affidarsi alla rete familiare”. E ancora: “Le disuguaglianze tra bambini crescono per il digital divide, la mancanza di attrezzature informatiche e l’affollamento abitativo. Crescono anche per la carenza strutturale dei nidi, in particolare nel Mezzogiorno”. Infine, in un Paese in cui l’organizzazione del lavoro è ancora rigida, “l’esperimento dello smartworking, bruscamente accelerato dall’emergenza sanitaria, ha messo in evidenza le potenzialità di questo strumento, al netto delle criticità legate all’ampio divario digitale che caratterizza il Paese e alle cautele legate agli squilibri tra lavoro e spazi privati”.