martedì, 19 novembre 2024
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Primo maggio: formazione e nuove tutele, binomio vincente

Il problema più urgente da affrontare per le generazioni più giovani nonè “semplicemente” la riduzione dei posti di lavoro che la quarta rivoluzione industriale porta con sé, bensì la capacità di gestire lo “skill mismatch”, cioè la mancata corrispondenza tra le competenze possedute e quelle richieste dalle aziende e dal mercato.

L’accesso al mondo del lavoro, le misure a sostegno dell’occupazione e la tutela dei diritti dei lavoratori: come garantire tutto ciò in un mondo del lavoro che cambia a ritmi molto veloci e ha confini sempre meno definiti? Sono queste le principali domande su cui ci stiamo interrogando come Acli a livello nazionale, regionale e provinciale. Lo abbiamo fatto nel corso del nostro tradizionale convegno di studi: abbiamo analizzato le possibili conseguenze nel mercato del lavoro a fronte della progressiva automazione dei processi produttivi e dell’innovazione digitale. Si è evidenziato come il problema più urgente da affrontare per le generazioni più giovani non sia “semplicemente” la riduzione dei posti di lavoro che la quarta rivoluzione industriale porta con sé, bensì la capacità di gestire lo “skill mismatch”, cioè la mancata corrispondenza tra le competenze possedute e quelle richieste dalle aziende e dal mercato.
Se questo è uno dei problemi più urgenti, l’unica strada possibile da intraprendere a tutti i livelli di governo, è investire in termini concreti sulla formazione. Sia nella fase che precede l’ingresso al mondo del lavoro valorizzando il ruolo fondamentale della scuola di ogni ordine e grado, restituendole quel ruolo fondamentale che le spetta di diritto in ogni sociètà che si professi democratica. Un’attenzione particolare va riservata agli Istituti di formazione professionale: ricordiamo che l’esito del referendum del 4 dicembre 2016 ha lasciato la Formazione professionale tra le competenze esclusive delle Regioni, che quindi conservano un potere legislativo in questi ambiti. Ancora, investimento sulla formazione continua dei lavoratori favorendo l’aggiornamento e la formazione durante tutta la carriera professionale. In questa seconda accezione, il patto forte è tra le imprese i lavoratori e lo Stato, il life long learning deve essere un diritto garantito a tutti i lavoratori e tutti i datori di lavoro; tutti, non solo le grandi imprese strutturate, devono essere messi nelle condizioni di poter garantire ai propri collaboratori l’accesso a questo diritto. I fondi interprofessionali rappresentano ancora oggi dei “grandi sconosciuti” per moltissime piccole e medie imprese che non hanno il tempo e le risorse da impiegare in questo ambito.
Ancora, abbiamo cercato di approfondire quali sono le frontiere del lavoro nel 2018 come si riesce a conciliare il tema della flessibilità con quello della tutela dei diritti e spesso della dignità del lavoro. Lo abbiamo fatto in occasione delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, formulando 43 proposte concrete sui temi del lavoro, welfare, patto intergenerazionale. Una delle proposte prevede espressamente di “inserire nel nostro ordinamento nuove tutele per i lavoratori della Gig Economy”. Non è possibile, almeno non lo è per un’organizzazione come le Acli, accettare questo progressivo svuotamento del valore del lavoro che è tutto fuorché “condivisione”. Molto spesso l’unica cosa che si condivide è uno status di impotenza e di rassegnazione rispetto a una situazione data che non prevede alcuna alternativa e tanto meno partecipazione creativa.
Come Acli di Treviso abbiamo avuto la possibilità di sperimentarci in diversi progetti di inserimento sociale e lavorativo, realizzati in collaborazione con altri soggetti del terzo settore e con Amministrazioni locali. Queste sperimentazioni ci portano ad affermare che è fondamentale intercettare i bisogni delle persone sui temi del lavoro cercando di “abitare” i loro luoghi fisici e motivazionali, sia che si tratti di giovani sia che si tratti di meno giovani usciti dal mondo del lavoro. Questa affermazione può sembrare quasi scontata, però ritengo sia fondamentale sottolineare con forza l’importanza di tornare al “perché delle cose” per non abituarci all’idea che indagare le cause costituisca un lusso che non possiamo più permetterci.

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