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Paola De Pin e le 5 stelle perdute

La parlamentare trevigiana parla del brutto clima che circonda il movimento di Grillo, dopo le espulsioni a raffica: “Ha smarrito la sua genesi democratica, ha perso la sua finalità partecipativa”.

Per la senatrice Paola De Pin, di Fontanelle, un’altra pagina per niente piacevole s’è aggiunta nei giorni scorsi: al centro di smistamento postale di Roserio, Milano è stata intercettata una busta indirizzata “Al Parlamento Piazza Montecitorio, Roma” contenente alcune pallottole ed una lettera minatoria dove si faceva anche il suo nome insieme a quelli di alcuni politici ex M5S: Lorenzo Battista, Luis Orellana, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella.
Eletta nel febbraio 2013, la De Pin non è nuova a momenti difficili: a giugno quando aveva deciso di uscire dal gruppo parlamentare dei 5 Stelle non condividendo l’espulsione della collega Adele Gambaro; ad ottobre le feroci critiche dopo il suo voto di fiducia al governo Letta; ora la lettera minatoria.
Senatrice De Pin, la sua esperienza politica le sta riservando momenti difficili. Immaginiamo che si aspettasse qualcosa di diverso nell’impegnarsi in politica…
Il mio impegno in politica nasce nella condivisione delle idee proposte dal Movimento Cinque Stelle che si potevano riassumere in tre punti. Parlamento pulito: senza la presenza di indagati e condannati per corruzione e per reati contro la pubblica amministrazione; lotta agli sprechi: per una spesa pubblica razionale e votata verso il sociale, quindi eliminazione delle pensioni d’oro, maggior controllo della gare e degli appalti pubblici; democrazia diretta in cui il cittadino diventava protagonista nella gestione della res pubblica attraverso una condotta responsabile, consapevole e partecipativa. Questi erano i punti che dovevano essere attuati attraverso un dialogo democratico con tutte le forze “pulite” della politica, poi invece è degenerato tutto in una forma chiusa e leaderistica.
Cosa pensa di queste minacce rivolte a lei e dei contrasti a cui stiamo assistendo in questi giorni? Ha paura?
In particolare nell’ultimo decennio è stata accumulata tanta rabbia sociale, dovuta ad evidenti ingiustizie e disparità tra i cittadini. Questo ha generato un pericoloso disfattismo che talvolta genera in forme violente ed anticostituzionali. Come mamma, non nascondo la mia paura nell’aver subito questa minaccia, in questo momento tuttavia mi sento forte, avendo fiducia nelle forze investigative e trovando conforto nella preghiera, nella famiglia e in tante persone che mi hanno abbracciato con la manifestazione di solidarietà e affetto.
Come valuta quel che sta accadendo nel M5S, suo ex partito?
Ci tengo a ricordare che il M5S non si è mai ritenuto un partito, bensì un movimento di cittadini. In questo momento credo che abbia smarrito la sua genesi democratica, lo si vede dalle continue espulsioni, dimissioni ed abbandono non solo da parte dei parlamentari, ma anche nel cuore dell’attivismo di base. Il M5S oggi poggia su strategie di comunicazione, su populismo e, permettetemi, su qualche “furbata” pubblicitaria che ottiene dei risultati verso l’elettore disattento.
Alla prova dei fatti, forse, il M5S si è rivelato non all’altezza del compito e delle attese della gente? Oppure qualcos’altro non ha funzionato?
Il M5S oggi sembra essere diventato lo strumento di lotta politica di una cerchia ristretta di persone, ha perso quella che era la sua finalità partecipativa. E molti simpatizzanti appaiono critici e disaffezionati.
Secondo lei quali sono ora le prospettive in parlamento per il M5S? Continueranno le defezioni? Gli ex M5S si raggrupperanno in nuovi gruppi oppure quali i più probabili approdi?
Credo che la presa di coscienza di molti parlamentari sulla gestione del M5S, porterà a nuovi allontanamenti, ma questo non vuol dire che si abbandonino le idee innovative che il Movimento aveva introdotto nella politica italiana. Oggi si vuole che le idee vengano portate avanti attraverso un franco dialogo con le altre forze politiche, non attraverso uno sterile ostruzionismo.
E’ passato un anno dal suo ingresso in Senato: cosa le ha colpito di più – in positivo e in negativo – di questa sua esperienza di impegno politico a livello nazionale?
La prima cosa che ho imparato è che la politica vista dall’esterno sembra quella dei talk show televisivi, in realtà è fatta da tanto studio e attenta riflessione perché gli argomenti sono complessi ed occorre affrontarli con estrema responsabilità. In questo momento faccio parte del gruppo misto al Senato, e sono componente della Commissione Giustizia nonché della Commissione diritti umani. Le mie giornate a Roma si dividono tra la famiglia, i lavori d’Aula, i lavori in Commissione e l’impegno a favore degli operai del settore del legno-arredo Veneto che vivono un momento di grande difficoltà occupazionale; a tal proposito ho avviato un tavolo di confronto tra operai, sindacati, aziende e Ministero dello sviluppo economico per trovare una soluzione che attraverso un finanziamento del settore, possa ricreare le condizioni migliori nel  mercato del mobile.
Ma non c’è solo questo.
Sono in contatto con i Comitati per lo studio dell’idrovia in Veneto, con i gruppi di studio per la salvaguardia di Venezia dal passaggio delle grandi navi e come vede, la politica a livello nazionale passa giustamente attraverso il territorio.
Se potesse tornare indietro cosa cambierebbe: proverebbe ad agire diversamente per cambiare le cose dentro il M5S? Non si ricandiderebbe?
Credo di aver sbagliato nel sottovalutare la gravità delle prime espulsioni nel movimento. Avrei dovuto capire che si trattava di un inaccettabile segnale di intolleranza. In quel caso non mi sarei candidata.

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