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Glory, una vita donata

Ha commosso tutta Treviso, e non solo, la storia della giovane donna che ha rinunciato a cure antitumorali invasive per poter dare alla luce la sua bambina. A ricordarla i volontari di “Uniti per la vita”.

“Grazie, Glory. Il tuo passaggio tra di noi ha lasciato una profonda traccia di bene, di amore, di fede”. Ha concluso così don Adriano Fardin, parroco di Dosson, l’omelia del funerale di Glory Obibo, la giovane donna che ha rinunciato a cure antitumorali invasive per poter dare alla luce la sua bambina.
Una storia che ha commosso Treviso, e non solo, la sua. La giovane, 29 anni, originaria della Nigeria e in Italia da diversi anni, qualche anno fa si trasferisce a Treviso e incontra Samuele. I due si innamorano e decidono di sposarsi. Glory è consapevole delle difficoltà economiche proprie di una giovane famiglia, ma sa anche che in Italia il fiorente mondo dell’associazionismo dà risposte anche a coppie che, loro malgrado, coronerebbero volentieri il sogno di un figlio. Ora aspetta una bambina, così decide di contattare “Uniti per la Vita”, l’associazione trevigiana della rete nazionale Cav-Mpv che si dedica alla promozione della cultura della vita e a un fattivo e concreto accompagnamento nelle tante situazioni di difficoltà, dalle gravidanze non desiderate a quelle rese più complesse da problematiche di tipo psicologico, economico, affettivo. Inserita in un corso pre-parto del pomeriggio, in un gruppo più piccolo, dedicato a chi necessita di un supporto in più per via delle barriere linguistiche e non solo, a seguirla personalmente nel suo percorso è Moira Renosto, una volontaria dell’associazione.
Le visite mediche connesse alla gravidanza rivelano un tumore al seno particolarmente aggressivo. “Nel fascicolo di Glory non era ben chiara allora la portata della malattia - spiega Moira -. Sono gli incontri con le altre mamme a indurre Glory a raccontarsi, almeno in parte: «Aiutatemi ad avere la bambina, poi mi curerò», ha detto ai volontari”.
Lidia Netto De Candia, presidente onoraria di UpV, racconta come a Glory fosse stato prospettato dai medici di optare per l’aborto al fine di consentirle di curarsi nel migliore dei modi e non nei limiti di quelle terapie soft, unica chance a fronte di una chemioterapia invasiva, incompatibile con la gravidanza. Glory, seguita e accompagnata dal personale dei diversi reparti, sceglie consapevolmente di ritardare le cure più pesanti per far nascere sua figlia, anteponendo la salvaguardia di un’altra vita alla propria.
La piccola Greta nasce tre mesi fa - le condizioni di Glory hanno imposto un cesareo a 7 mesi - è sana e sta bene. Ora la ragazza può abbracciarla e può curarsi, ma l’aggressività del male non lascia molte speranze. “Solo nel sapere del parto anticipato abbiamo avuto una chiara idea della gravità della situazione direttamente da Samuele - ricorda Moira -. Glory ha protetto tutti dal conoscere la realtà, anche la sua stessa famiglia in Nigeria”.
L’ultimo incontro nella sede dell’associazione, in via Pinelli, risale a metà giugno. Glory ha tenuto a ringraziare di persona i volontari che l’hanno seguita e le hanno voluto bene. “Siamo stati presenti fino alla fine, su consenso di Samuele al quale abbiamo garantito aiuto anche per il futuro”, riferisce Lidia che giudica la scelta della giovane un “esempio di maternità eroica”. Glory Obibo è morta domenica 18 agosto, circondata dai suoi cari, dall’assistenza degli operatori della Casa dei Gelsi e dall’affetto degli amici. I funerali si sono svolti nella parrocchia di Dosson, nella chiesa che Glory ha frequentato finché le è stato possibile.
Così la volontaria del corso pre-parto: “Per me è stata un esempio, con la sua forza interiore e la sua fede. Abbiamo seguito Glory cercando di ispirare vicinanza. Ora conta non lasciare soli la piccola Greta e il suo papà”.
Una forza e una maturità, quelle di Glory, sottolineate anche da don Adriano Fardin al funerale, concelebrato dal vicario foraneo di Treviso, don Angelo Visentin, e da don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio Migrantes. “La sua ricchezza umana e spirituale ha dato il frutto della testimonianza più alta. Il suo desiderio di vita e di amore si è compiuto nel dare la vita per Greta. La scelta che Glory ha fatto è quella che ci indica Gesù: Egli ci invita a rimanere nel suo amore e così ha fatto lei. Un cammino, il suo, che l’ha vista crescere nella sua relazione con il Signore, una intimità con Dio che le ha dato la forza e anche la gioia di una scelta così radicale. Un cammino percorso e condiviso con Samuele, il compagno con il quale ha realizzato un progetto di vita e di famiglia. Oggi contempliamo in questa donna una grande testimonianza di maturità umana e cristiana, e nell’affidarla al Signore le esprimiamo tutta la nostra riconoscenza”.

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