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Emilia Romagna: nel fango, la speranza. Testimonianza del vescovo di Forlì

“E’ difficile raccontare il dramma se non ci si va di persona. Ho provato a descrivere la situazione a papa Francesco che all’assemblea della Cei ha voluto incontrare i vescovi delle diocesi più colpite della Romagna, Forlì, Faenza, Cesena e Ravenna per manifestarci la sua vicinanza e preghiera”. Mons. Livio Corazza è il vescovo di Forlì. Anche lui è rimasto isolato per un paio di giorni a causa dell’alluvione, nel seminario dove vive, senza energia elettrica. “Isolati, non abbandonati”, tiene a precisare.

25/05/2023

“E’ difficile raccontare il dramma se non ci si va di persona. Ho provato a descrivere la situazione a papa Francesco che all’assemblea della Cei ha voluto incontrare i vescovi delle diocesi più colpite della Romagna, Forlì, Faenza, Cesena e Ravenna per manifestarci la sua vicinanza e preghiera”. Mons. Livio Corazza è il vescovo di Forlì. Anche lui è rimasto isolato per un paio di giorni a causa dell’alluvione, nel seminario dove vive, senza energia elettrica. “Isolati, non abbandonati”, tiene a precisare.

Fa il punto della situazione nel territorio e ripete un detto romagnolo, “Tin Bota”, che significa, tenere botta, non mollare, “ed è quello che la popolazione sta facendo. L’acqua ci ha colpito, ma non ci ha vinto. Ci ha scossi, ma non piegati”. E poi rivela: “Non volevo lasciare la mia diocesi per venire all’assemblea della Cei, ma è stata la mia gente a dirmi di andare. Io provengo dal Friuli, da Pordenone, una terra che ha subìto disastri come il Vajont, i terremoti e sappiamo bene che in questi momenti abbiamo bisogno di tutti. La risposta della gente è incredibile”. Per questo motivo mons. Corazza parla di “un impasto di fango e di speranza. Il fango è tanto, il danno è enorme ma la speranza non viene meno. Dobbiamo puntare su questa resilienza che è motivo di speranza. Siamo consapevoli – sottolinea – che i tempi saranno lunghi e che è necessario che lo Stato e la comunità, non solo forlivese e romagnola, si impegni in sforzi di tutela e di programmazione. Ora è il momento della solidarietà e della preghiera, poi verrà quello della riflessione per assumere con decisione stili di vita compatibili con il rispetto dell’ambiente. Circa la fragilità del territorio qualche responsabilità c’è. Bisogna fare di più”.

“Sono giorni in cui il sapore della tragedia si mischia a quello della consolazione, due sapori molto forti, due sentimenti contrastanti - continua il presule -. La tragedia: domenica ho celebrato ai Romiti, nel teatro parrocchiale di via Firenze, per manifestare vicinanza alla popolazione del quartiere forlivese più colpito dall’alluvione. Abbiamo pregato per le vittime, una di loro, Vittorio, è morto sopraffatto dall’acqua mentre cercava di mettere in salvo alcuni animaletti domestici. Ci sono migliaia di sfollati, le strade sono piene di mobili e arredi oramai marci. Le case sono state svuotate. Nelle vallate ci sono zone isolate da frane, intere strade sono collassate e scivolate a valle. Queste andranno rifatte prima possibile”. Poi la consolazione: “Accanto alle macerie si muove una folla di giovani e meno giovani sporchi di fango, armati di badili e di stivali, che da giorni lavorano senza sosta”.

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