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DOSSIER NATALE: Come sentinelle nella notte del lutto

A fine ottobre “Rimanere insieme” ha festeggiato con un convegno i 20 anni di vita, insieme ai 30 anni dell’Advar, la realtà trevigiana impegnata nell’assistenza ai malati terminali - a domicilio e nell’hospice “Casa dei gelsi” -, che ha scelto di accogliere il progetto fin dal suo nascere e di promuoverlo.

C’è un tempo, quello del lutto, nel quale pare impossibile che si possa tornare a vedere uno spiraglio di luce, immaginare che possa ritornare la gioia, che rifioriscano progetti e speranze. Ma ci sono persone che hanno scelto di stare accanto a chi soffre, nella notte del dolore, come le sentinelle che scrutano l’aurora. “E’ un’immagine che ci è cara e che usiamo nei nostri incontri con le persone in lutto - racconta Luigi Colusso, responsabile del progetto «Rimanere insieme» dell’Advar -. A chi soffre per la perdita di una persona cara diciamo: ti staremo a fianco, in questa notte di dolore, finché non sorgerà il sole”.

A fine ottobre “Rimanere insieme” ha festeggiato con un convegno i 20 anni di vita, insieme ai 30 anni dell’Advar, la realtà trevigiana impegnata nell’assistenza ai malati terminali - a domicilio e nell’hospice “Casa dei gelsi” -, che ha scelto di accogliere il progetto fin dal suo nascere e di promuoverlo. Una realtà pionieristica, che non poteva che essere tenuta a battesimo da un’altra associazione che ha fatto scuola, l’Advar, che oggi è sinonimo in Italia di cure palliative.

Nato dall’esperienza personale del dottor Colusso, che 22 anni fa ha perso la figlia in un incidente stradale, “Rimanere insieme” negli anni è cresciuto, si è ampliato nel territorio, con la nascita di vari gruppi di automutuo aiuto, ha avviato un prezioso progetto per le scuole e ha dato vita a quello che oggi è il tavolo provinciale per la prevenzione dei suicidi. Ad affiancare Colusso c’è un’équipe formata da psicologi, pedagogisti e counselor (nella foto a fianco una parte del gruppo), in un lavoro che è fatto soprattutto di accoglienza, ascolto, vicinanza ai dolenti, e di formazione.

“Ho potuto applicare a questa realtà il metodo ideato per i gruppi dedicati alle persone con problemi di alcol, un servizio al quale mi sono dedicato come medico per 20 anni - spiega Colusso -. Le persone con cui avevo costruito una forte prossimità mi hanno aiutato a elaborare il lutto, e mi hanno fatto capire quanto sia necessaria, per tutti, questa feconda vicinanza nel tempo del lutto, e quanto oggi sia difficile realizzarla, al punto da impedire a molti dolenti di ritrovare un senso al loro vivere, dopo la perdita”. Ecco, allora, la scelta di usare l’approccio del mutuo aiuto, che mette in campo risorse pensate e studiate ad hoc. “Avevo questa esperienza ben collaudata sul campo - racconta -, così, dopo il tempo occorso alla mia elaborazione, ho tentato di trasformare la morte di mia figlia, perdita grandissima, in un dono per gli altri, progettando il servizio per accompagnare le persone in lutto, che ha preso il nome di «Rimanere insieme»”.

C’è poi la formazione, che “Rimanere insieme” fa a tutto campo, in primis al proprio interno, e poi per operatori sanitari, care givers (le persone, soprattutto famigliari, che assistono i malati), insegnanti, educatori, sacerdoti, volontari.

Una realtà che oggi cresce ancora, sia perché è sempre più conosciuta e “richiesta”, sia per la capacità dei responsabili di individuare nuovi bisogni e di offrire risposte. In cantiere ben tre nuovi progetti, altre “luci” di speranza. “Il primo progetto, che stiamo studiando in collaborazione con Advar e con l’ufficio diocesano Migrantes - racconta Colusso -, vuole accogliere nel modo giusto le persone in lutto di altre culture, che vivono nel nostro territorio, aiutandole a fare gruppo e a trovare un sostegno nella comunità. Insieme all’Israa, poi, stiamo pensando a una proposta per gli anziani soli e in lutto, convinti come siamo che la solitudine sia un fattore dalle ricadute molto pesanti in soggetti di età avanzata che vivono un distacco. Infine, stiamo pensando a un sostegno al lutto anche attraverso i social”.

Una prossimità che aiuta il cammino di rinascita di quanti soffrono, e che permette di indicare l’aurora anche dal buio della notte.

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