lunedì, 16 settembre 2024
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Card. Parolin a Venezia ricorda il 70° della Liberazione: lavorare ancora per la pace

"Il ricordo della fine dell’ultimo conflitto mondiale ci spinga a lavorare con rinnovato vigore per la pace e la concordia tra i popoli, ci impegni a essere solidali con gli esuli e gli ultimi" ha detto il cardinale nella basilica di san Marco

“Quest’anno il 25 aprile coincide con il 70° anniversario dalla fine in Italia della seconda guerra mondiale e delle lotte fratricide del drammatico biennio tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945. Mentre ci preoccupano le notizie di tante tragedie e conflitti nel mondo e registriamo che le discriminazioni e le persecuzioni per motivi religiosi, etnici o ideologici non sono solo un retaggio del passato, ma sono ancora purtroppo presenti nelle cronache dei nostri giorni, ci sia concesso di ringraziare il Signore per i tanti benefici e progressi, che questi 70 anni di pace hanno consentito all’Italia”. Lo ha affermato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, durante l’omelia tenuta nella basilica di San Marco a Venezia, dove è stato invitato a presiedere l’eucarestia nel giorno della festa patronale. “Il ricordo della fine dell’ultimo conflitto mondiale ci spinga a lavorare con rinnovato vigore per la pace e la concordia tra i popoli, ci impegni a essere solidali con gli esuli e gli ultimi e a rimanere vigili nei confronti dei pericoli che provengono da coloro che, strumentalizzando e manipolando un interesse di parte, un’ideologia o una religione, invece di portare liberazione e giustizia, arrecano all’umanità le ferite lancinanti della violenza e della sopraffazione”.
“Il Vangelo - ha affermato inoltre il card. Parolin - ci offre la garanzia che la storia è nelle mani di Dio, il quale rovescia le prospettive e i progetti terreni e sa trarre frutti di salvezza, utilizzando anche i limiti, gli abbandoni e le ribellioni dell’essere umano. Il Vangelo ci assicura che esiste la Provvidenza, che ci accompagna e ci sostiene”. E sull’evangelista-patrono, ha spiegato: “San Marco, portandoci il vangelo, ci ha elevati verso l’alto, ci ha fatti incontrare con la Parola e la presenza viva del Risorto, liberandoci in tal modo dalle paure inconsistenti verso un futuro ignoto, dagli sterili pessimismi rispetto alle difficoltà del presente e dalle tristezze e angosce per gli errori del passato”. Il card. Parolin ha affermato quindi: “San Marco poté scrivere il Vangelo e donarcelo perché per primo lo visse nella sequela umile e fedele. Non c’è altra via per trasmetterlo che quella dell’umiltà in cui lo si vive, imitazione sempre imperfetta della sconvolgente umiltà del Figlio di Dio, della sua kenosi, del suo abbassarsi verso di noi e della sua disponibilità ad accompagnarci e a dare la sua vita per noi”. “San Marco ci sproni a rileggere il Vangelo per scoprirne la perenne freschezza e attualità e la gioia pacificante che scende nell’animo di ogni persona che accoglie la bella notizia della Resurrezione del Signore Gesù”.

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