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Pianosa, da colonia penale a isola turistica

Una sezione speciale del carcere nel tempo è stata riservata ai reati politici in epoca fascista e ospitò Sandro Pertini.

31/07/2015

Sono, per un caso fortuito o per una sorta di coincidenza non cercata, nell’isola di Pianosa. Qui, quando il fuoco incrociato di terrorismo, mafia e movimenti destabilizzanti l’Italia dei conosciuti “anni di piombo”, erano di casa nomi amaramente conosciuti che l’informazione faceva scorrere a testi e immagini nei telegiornali. Sempre qui, come in altre isole dell’Arcipelago toscano - Capraia e Gorgona - fin da metà ottocento era stato individuato un sito adatto per una Colonia Penale Agricola (ma anche Agrippa, nipote di Augusto venne qui relegato). Le troppe parole sprecate sui temi della giustizia-pena-reclusione-riabilitazione, gironzolando per le diramazioni della rimanenti vestigia dell’ex Colonia che ora ospita pochi detenuti in regime di semi libertà, assumono valori quasi incoerenti. Bisogna calpestare il suolo scritto da troppo dolore per riuscire, ma solo un po’, a capacitarsi di come l’uomo riesca ad infliggere tanto dolore e a subirne altrettanto.

Molti sapranno di  una sezione speciale che nel tempo è stata riservata ai reati politici in epoca fascista e che ospitò il già presidente della Repubblica Sandro Pertini. Fin qui la curiosità. La stessa che si incontra  quando si arriva: l’occhio rimane scioccato da quello che è conosciuto come il muro del Generale Dalla Chiesa costruito sul finire degli anni settanta. Una, l’ennesima prova di forza di uno Stato che le ha pensate tutte nella sua lotta tragica contro i delitti più efferati, fino a pensare al 41bis, quell’articolo del Codice Penale che consegnava i colpevoli alla sorveglianza più stretta. Mentre ho percorso i viali segnati da muretti a secco, alcuni diroccati, altri in restauro, mi sono chiesto quanto sterminato e multiforme è il male e quanto altrettanto feroce e sibillino è l’uomo che si ingegna per difendere i singoli e la società tutta dagli artigli velenosi delle menti crudeli.

Andando qua e là si incontra il caseificio, un’enorme stalla per ovini e caprini. Il “pollaio razionale”  per l’allevamento delle galline, la lavanderia, le officine, la fornace e una misteriosa Torre di Babele fatta a gradoni di sassi -l’interpretazione simbolica, ma qui tutto è simbolo, è che qui le persone costruiscono la loro sfida al tutto e tutto si rivela solo un tentativo- . Si intravvedono anche alcune case isolate dei cosiddetti sconsegnati, cioè quei detenuti che per buona condotta si sono guadagnati un proprio spazio autonomo con un’area per l’orto, il pozzo,  per una vita in compiuta autonomia. E come non citare un  sito che già al pensiero genera malinconia e silenzio non fosse altro per quanto è scritto nelle colonne di ingresso:  “Eravamo come voi siete, sarete come noi siamo - qui ha fine la giustizia degli uomini e inizia la giustizia di Dio”.  E’ il cimitero dei cronici o dei detenuti, molti dei quali morirono di tubercolosi. E sul frontespizio della Cappella la scritta PAX. Si commenta da sé. Tra le sterpaglie di tombe dimenticate di poveri cristi  cui avrei voluto dare un nome e un estremo gesto di pietà, la sola che resta dopo tanto sofferenza tacita e sconosciuta.

Ora Pianosa è terra di visita turistica. Una perla super protetta come riserva ambientale integrale. Ora le stagioni si alternano come il migrare degli uccelli e la fauna che alberga e nidifica libera. Ora il silenzio e la disciplina governano le presenze discrete che sostano per alcune ore tra spiaggia e paese e poi prima del tramonto la barca riporta tutti ai luoghi di provenienza. Soli si rimane volentieri e viene da pensare al suggerimento del filosofo Kant: “due cose riempiono l’animo di ammirazione venerazione sempre nuova e crescente quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Qui ci sono ambedue, ed è quanto basta per stare bene e vivere in pienezza anche qui.

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