Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Le relazioni contro i veleni del cuore
Quando succedono eventi che ci sconvolgono, ci si chiede sempre quanto ci sia di malato e quanto ci sia di cattivo in ciò che è accaduto. La cattiveria è ciò che porta a compiere azioni... cattive, cioè in vario modo negative e distruttive nei confronti degli altri e anche di se stessi.
Uno studio molto interessante ha identificato dieci caratteristiche sempre presenti nella persona che ha in sé il così detto fattore “D-dark”, cioè che compie cattiverie.
Innanzitutto l’egoismo: il focalizzarsi unicamente sui propri interessi anche a scapito dei diritti di base degli altri.
Poi, l’individualismo: il percepirsi come individui staccati da un contesto relazionale, contesto di cui si può fare a meno o di cui si può approfittare.
Il machiavellismo, cioè l’essere strategici per ottenere ciò che si vuole, costi quel che costi.
E ovviamente il narcisismo: l’essere focalizzati solo su di sé, tanto da non vedere niente e nessuno che non sia se stesso.
Contemporaneamente, l’essere convinti di essere superiori agli altri, e quindi meritevoli di privilegi scambiati per diritti.
Ovviamente, un importante deficit nell’affettività, nel senso di essere mancanti di sensibilità ed empatia.
Il sadismo, che consiste nel trarre soddisfazione dalle sofferenze altrui.
L’interessamento cioè il puntare, a qualunque costo, a ritorni sociali e materiali per sé.
L’autogiustificazione, che recita “ne ho diritto”, “pareggio i conti”, “c’è un buon motivo”, “tutti farebbero così”...
E, infine, la malevolenza, ossia la tendenza a vedere il male dove non c’è, o a causarlo perché ci sia.
Possiamo onestamente affermare che queste dieci caratteristiche abitano ogni essere umano, ma che il tutto dipende da quanto grandi e quanto frequenti siano in una stessa persona questi dieci veleni.
E si conoscono gli elementi che dispongono una persona agli atti cattivi: l’esempio ricevuto ovviamente, ma anche la mancanza di empatia ricevuta ed esercitata, come anche un’educazione che non coltivi la sensibilità personale e non costituisca un valido contenimento regolativo.
L’ambiente familiare, dunque, dispone una persona ad ampliare le dieci gocce di veleno che stanno nel sangue di chiunque, poiché è all’interno delle relazioni, che si plasma il cervello umano ed è la relazione il più potente catalizzatore di cambiamento, in meglio o in peggio che sia. Ancora le relazioni, stavolta però quelle col gruppo di pari, quindi gli incontri dall’età scolare in su, sono cruciali perché il bisogno di non essere scartati dal gruppo può far fare alle persone cose che da sole non farebbero mai. Ancora una volta è responsabilità della famiglia vigilare sulle così dette “cattive compagnie”, perché non prevalgano sull’educazione valoriale trasmessa a casa.
Non basta, cioè, avere una buona famiglia alle spalle, è fondamentale che essa sia anche ben attenta e presente nella vita dei figli offline e online.
Sì, perché ai genitori con la tentazione di miagolare è sufficiente ricordare che il nemico dei propri figli “come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare”.