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Abbattere i muri tra dentro e fuori

Le attività delle associazioni con le scuole, per parlare di carcere
17/04/2025

Il carcere minorile è una pesante battuta d’arresto per la vita di un adolescente, eppure dall’altra parte di quelle mura ci sono esistenze che meritano valore e pienezza, esattamente come quelle che affollano i banchi di scuola. Il pregiudizio, lo stigma, l’idea di una voragine di diversità che separa i ragazzi “di dentro” e quelli “di fuori” sono quindi i principali pilastri da abbattere nelle attività che si svolgono all’interno degli istituti scolastici. A occuparsene sono diversi enti e associazioni del territorio, che vedono il coordinamento del Centro servizi volontariato (Csv) Belluno-Treviso, e anche quest’anno, nonostante le difficoltà, sono stati raggiunti oltre 1.200 studenti. Con loro anche le attività della Cappellania penitenziaria, che da diversi anni incontra gli studenti delle scuole del territorio e quest’anno, in particolare, ha svolto alcune attività alle Canossiane e al collegio Pio X di Treviso.

Perché le scuole

Le attività si rivolgono soprattutto con gli istituti superiori, ma alcuni incontri si svolgono anche con le quinte elementari. “La scuola offre l’opportunità di raggiungere un’eterogeneità di ragazzi che con i gruppi parrocchiali e le nostre realtà associative non incontreremmo - spiegano dalla Cappellania penitenziaria -. All’interno delle scuole si trova uno spaccato dei giovani odierni che è molto interessante e molto stimolante, anche per noi. L’idea, infatti, è anche quella di non andare a spiegare niente. Certo, portiamo la testimonianza di quello che viviamo, ma per noi è fondamentale ascoltare loro e quello che pensano, per esempio rispetto alla violenza, ai reati, al carcere e quello che ci si immagina. Cerchiamo di aiutarli ad aprire lo sguardo”.

Il “J’accuse” dei giovani

Vanna Boscato, da vent’anni volontaria dell’associazione La prima pietra, durante le attività nelle scuole superiori lascia molto parlare i ragazzi “di dentro”. Per esempio loro fanno notare che azioni di sensibilizzazione e di prevenzione sarebbero molto utili già alle scuole medie. “Come associazione sappiamo che i ragazzi in istituto sono un termometro della società: non arrivano dalla luna, e quindi segnalano che ci sono peculiarità gravi nel territorio. Non dobbiamo lasciare indietro quei ragazzi, dobbiamo accoglierli e capire cosa fare per loro”, spiega Boscato, che solo in quest’anno scolastico ha incontrato circa un migliaio di ragazzi in tutto il territorio della Marca, ai quali propone racconti, musica, video, dibattiti.

Insieme sulle emozioni

Da 18 anni ormai il Csv mette a stretto contatto i ragazzi con il progetto “Voci di dentro, voci di fuori”, che in questi mesi ha coinvolto otto classi quarte del Mazzotti, del Duca degli Abruzzi, del Giorgi-Fermi, del Riccati-Luzzatti, del Besta e del Mazzini, insieme ai ragazzi del Cpia Alberto Manzi, che gestisce la scuola in carcere. Al centro delle attività di quest’anno ci sono le emozioni, sulle quali ciascuna classe lavora a scuola e, poi, insieme ai ragazzi del Cpia in una giornata che si svolge all’interno dell’Istituto. “Amore e rabbia”, “paura, paranoia, pregiudizio”, “felicità e ansia”, “malinconia, stupore, invidia” e, infine, “tristezza e speranza”, ciascuna affrontata anche con l’intervento di testimonianze e performance di altri enti e realtà, per rendere l’esperienza un’occasione di scambio e incontro al di là del pregiudizio. “Ma prima ancora il progetto prevede un gran lavoro con i ragazzi “di fuori” affinché il successivo incontro in Ipm non si configuri, mi si passi il termine schietto, ma che rende bene l’idea, come una visita allo zoo”, spiega Erica De Pieri, responsabile del progetto per il Csv. “Le classi si trovano tutte insieme in plenaria, poi, lavorano individualmente, poi, incontrano i ragazzi “di dentro” e, infine, facciamo un incontro di verifica in ciascuna classe”.

Nuova sensibilità

I feedback ricevuti dagli studenti sono generalmente positivi. “Prima dell’ingresso i ragazzi esprimono preoccupazione e disagio, perché l’impatto è un po’ forte, ma quando si iniziano le attività generalmente ci si riconosce nel fatto di essere ragazzi, al di là del reato, sul quale per altro invitiamo sempre gli studenti “di fuori” a non fare domande. I ragazzi “di dentro” sono sempre molto accoglienti, per loro queste iniziative sono boccate d’aria, perché possono sostenere conversazioni diverse dalle solite su processo e avvocati. All’uscita i ragazzi “di fuori” provano disagio e tristezza per i ragazzi di dentro”, racconta ancora De Pieri. E per fortuna, a quanto pare, ne parlano molto in famiglia.

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