Di per sé, l’idea di una “conversione missionaria” della parrocchia non è una novità, perché essa agita...
Presentazione di Gesù al Tempio: Nel mistero di un incontro
Due anziani, un uomo e una donna, Simeone (“Dio ha esaudito”) e Anna (... “e ha donato grazia”), una coppia giovane, Giuseppe (“Dio aggiunge”) e Maria (“amata da Dio”) si incontrano nello spazio sacro per eccellenza di Israele, il tempio di Gerusalemme.
Il mistero di un incontro nel tempio dell’Alleanza
I primi, portatori di una sapienza della memoria, che sa leggere il percorso delle promesse di Dio, i secondi, custodi del futuro, capaci di stupore per quanto Dio ancora compirà. Si incontrano nel presente del rito prescritto, cioè quello spazio di tempo e di gesti in cui Dio assicura la sua presenza al di là perfino della nostra “buona disposizione”. Al centro di questo ritrovarsi, “disegnato” da Dio grazie appunto alle prescrizioni rituali (vv. 22-24) e all’azione dello Spirito (v. 27) c’è lui, un bimbo appena nato, Gesù, Dio-salva. E’ inconsapevole di quanto gli si va compiendo intorno, degli incontri che intorno a lui si realizzano. Eppure è il punto di convergenza di tutti gli altri protagonisti, il centro del compimento tra la lunga via che si affatica ormai sterile, e la via nuova, una promessa fragile quanto la vita di un bimbo. Maria e Giuseppe dovranno farsene responsabili, accettando spesso di rimanere stupiti, senza capire tutto ciò che va accadendo. Grazie al loro “aver cura”, Gesù potrà crescere e diventare pienamente uomo, ricco della sapienza che viene dal far memoria del passato e aperto alla novità di Dio, alla sua «grazia» che agisce per portare a compimento le promesse annunciate lungo il cammino di Israele, per tutta l’umanità (Gen 12,2-3).
I due anziani sono evidentemente i testimoni dell’attesa della «salvezza» di Dio, che viene offerta a «tutti i popoli», «luce» che illumina «le genti» e insieme splende («gloria») sul popolo della promessa, Israele.
Dal tempio di pietre al tempio della carne
Dal tempio si passa allo spazio di vita di tutti i giorni, a Nazareth, ma appena nel brano successivo (Lc 2,41-51) Gesù tornerà al tempio per rimanervi, stavolta di sua volontà, oltre il tempo del rito della Pasqua, oltre la custodia di suo padre e sua madre. Ormai, è la sua vita lo spazio dell’incontro con il Sacro: il quarto Vangelo lo riprenderà in modo esplicito, il tempio è «il tempio del suo corpo» (Gv 2,21). Lo spazio dell’incontro con il Padre è lo spazio creato dall’incontro con lui, Gesù, Dio-salva, lo spazio inventato dai suoi inediti incontri con coloro che erano giudicati esclusi, dai suoi gesti di misericordia che guarisce, dalle sue parole di salvezza che affascinano... e oggi quanti “altri” spazi sacri, quanti “templi” affondati nel mare, devastati dalle guerre, dalle carestie, dalle ingiustizie, da malattie curabili, se solo non si è nati “dalla parte sbagliata del mondo”: quanta ricchezza di possibili incontri con Dio nella varietà di tanta umanità gettata al vento...
Al tempio delle «pietre vive»
Quanto è vero anche per noi? Quali spazi di incontro con Dio si rendono credibili nelle nostre comunità cristiane? Sia all’interno delle ritualità dei sacramenti, prima fra tutti la celebrazione dell’eucaristia, sia in spazi di silenzio e di ascolto della Parola, personali e comunitari? Le nostre chiese sono spazi fisici curati che dicono di un’accoglienza cordiale, di un’attenzione alla bellezza, sono aperte alla “visita” di chi può desiderare un momento di “raccoglimento”? Ma ancora: sappiamo creare spazi di incontro tra generazioni, in cui i più anziani possano portare una sapienza della memoria che non castra la vitalità dei più giovani, ma la sa illuminare con la delicatezza dei nonni che sanno prendere in braccio i nipotini? incontri in cui i più giovani si lascino «stupire» da uno sguardo profondo sulla storia e sulla vita, e insieme sappiano prendersi responsabilità di quella “vita di casa” nella quale accompagnare a crescere i più piccoli con speranza e fiducia? Questi, e molti altri, sono i gesti che mettono insieme le «pietre vive» che costruiscono comunità (1Pt 2,4-5), spazio di presenza promessa da Gesù (Mt 18,20). La luce delle candele oggi benedette, che già ci avvia alla luce del cero di Pasqua, è luce fragile, esposta ad ogni vento di oscurità: eppure, è luce preziosa proprio quando le tenebre presenti nel quotidiano sembrano spegnere ogni altra speranza. Riconosciamo intorno a noi ogni fiammella che può rischiarare un passo ancora del nostro cammino, impegniamoci a custodirla, e se talvolta la nostra si spegne, siamo grati di poterla riaccendere da quella di chi ci cammina accanto, perché ci illumini l’incontro con lui, la presenza sacra di Dio fatta carne di uomo, Gesù, Dio-salva. E perché illumini, ben oltre noi, la speranza dell’intera “umanità delle genti” chiamate alla salvezza.