venerdì, 06 settembre 2024
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Pentecoste: una festa davvero necessaria

Lo Spirito Santo ci mette in grado di amare con la stessa qualità di bene con cui siamo continuamente amati da Dio

Pentecoste è davvero festa di compimento della Pasqua, del senso più profondo del morire e risorgere del Figlio di Dio, che percorre quel durissimo cammino solo per poterlo condividere fino in fondo con noi, a salvezza. Il dono del suo Spirito che in questa domenica celebriamo, lo rende possibile.

La “verità tutta intera”. L’azione dello Spirito Santo, nei versetti che ascoltiamo quest’anno, è innanzitutto in continuità con quella di Gesù e quindi con quella del Padre: «Prenderà del mio... tutto quello che il Padre possiede è mio». Ed è un «annuncio» per i discepoli, per noi che l’accogliamo: la Pasqua di Gesù - lo ripeto - diventa, grazie allo Spirito, esperienza possibile per noi e per tutti. Infatti, ci «guiderà (= ci introdurrà) alla verità tutta intera», ovvero all’esperienza sempre più piena di ciò che Gesù ha vissuto: la relazione di amore misericordioso, traboccante e senza limiti, del Padre. Tale è la «verità» così densa e sorprendente che Gesù è venuto a rivelarci in quanto Dio-salva. E tale è il «glorificarlo» da parte dello Spirito: fare in modo che sia sempre più evidente, dentro la storia e la creazione intera, che davvero in Gesù Crocifisso e Risorto si manifesta l’amore senza pentimenti di Dio. E’ questa la «verità tutta intera»: non rivelazioni supplementari che vorrebbero in fondo ridurre il volto di Dio e l’agire di Gesù alle nostre insufficienti immaginazioni e misure, ma la scandalosa verità del suo amore.

Il “peso”: lo scandalo dell’amore di Dio. E, in fondo, è anche «ciò di cui non siamo capaci di portare il peso»: che la via della vita passi proprio per la morte, la morte più derelitta e maledetta. E’ il nucleo del messaggio del Vangelo secondo Marco, consegnato a noi nell’annuncio pasquale riguardante «Gesù il Nazareno, il Crocifisso». E’ la vicenda che i discepoli uomini non hanno saputo sopportare, fuggendo dalla croce, è la rivelazione che ha spaventato perfino le discepole, che pure erano rimaste fedeli fino alla sua sepoltura. E’ ciò che mi mette alla prova ogni volta che mi trovo di fronte a persone straziate dalla sofferenza, dall’ingiustizia, dalla solitudine, dall’abbandono, dal lutto: sono labirinti angosciosi senza uscita, come posso annunciare loro che dal profondo di quelle disperazioni si apre la fessura di Pasqua? Come posso accettare che proprio di là passi Dio-salva? Ogni volta che scegliamo di non chiudere occhi e orecchi alle grida che salgono ogni giorno dalla storia di questo mondo, ogni volta che ci lasciamo ferire il cuore da quanto continua disumanamente ad accadere appena più in là dei nostri confini, di Nazione ma talvolta anche di quartiere, ma anche soglie di casa... ogni volta ritorna lo scandalo di un Dio che proprio di là perfino di là va percorrendo vie di liberazione, di speranza, di vita che non si rassegna, non abbandona, mai...

Lo Spirito Santo ci prova le spalle. Lo Spirito Santo, allora, è Colui che “ci prova le spalle”, che da un lato aggiusta il peso, dall’altro ci irrobustisce nella speranza e nella fede, affinché anche noi, insieme con lui, diventiamo testimoni di questo amore continuamente crocifisso e sempre risorto. Testimoni, inevitabilmente, amando. E’ una condizione di credibilità che già domenica scorsa era stata posta. E lo Spirito, Amore del Padre e del Figlio che si riversa traboccante sull’intera creazione, proprio questo continua a metterci in grado di fare: amare con la stessa qualità di bene con cui siamo continuamente amati da Dio. Non da soli: condividere sofferenze, ingiustizie, solitudini, morti, ma anche scoprire e coltivare speranze, desideri, gioie, stupori... così cresce la Chiesa che valorizza ogni ricchezza di esperienze di bene, fino al Regno di Dio da riconoscere e di cui testimoniare presenza, speranza fino «ai confini della terra e ai mari lontani».

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