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IV Domenica di Avvento: Gesù, promessa di vita riconoscente

L’incontro tra due donne e un riconoscimento che si fa benedizione fino a noi

Ormai sulla soglia della Nascita, ci viene proposto un incontro che conferma il progressivo compiersi della promessa di vita di Dio.

Un incontro fra due donne “fuori misura”

E’ un incontro in linea con il proporre avvenimenti fuori dal comune, che accadono però dentro le comuni esperienze umane – e sconvolgono la nostra logica. E Dio affida all’incontro fra due donne l’inizio dello sconvolgimento, il riconoscimento del suo “venire”.

Due donne incinte “fuori età”: Maria, “l’amata”, ancora vergine; Elisabetta, “Dio è pienezza”, ormai oltre l’età feconda. Due donne che si incontrano, senza la presenza di uomini, se non i due che portano in grembo. E che si riconoscono a vicenda: Maria aveva scelto di andare a incontrare Elisabetta perché riconosceva in lei il «segno» dell’agire di Dio annunciato dall’angelo. Elisabetta risponde all’incontro riconoscendo in Maria la presenza del «mio Signore», titolo che l’evangelista usa qui per la prima volta nei confronti del figlio di Maria, e che rivelerà compiutamente l’identità del Crocifisso Risorto (Lc 24,34). L’incontro tra le madri muove l’incontro tra i figli, in «sussulti» che sanno di danza di gioia davanti alla presenza di Dio (2Sam 6,14).

Un incontro che riconosce l’altra, che riconosce Dio

Ma anche un incontro che diventa riconoscimento di identità da Elisabetta a Maria, riconoscimento di benedizione, di “beatitudine”, di pienezza sovrabbondante di vita, che si allarga a «tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica» (vedi Lc 11,28), come ha fatto Maria. Ed è chiaro che il «mettere in pratica» è prima di tutto una scelta di fede (v. 45): Maria si è fidata che Dio facesse vita nuova nel suo corpo vivo, e che questo suo “fare” diventasse fonte di benedizione e di salvezza, Gesù, Dio-salva.

Incontro fra donne autentiche chiama incontro con uomini nuovi

Ricordiamolo, ancora una volta: tutto ciò viene riconosciuto e annunciato grazie all’incontro fra due donne. In un tempo di incontestato potere maschile, sulle relazioni umane e sulla Parola stessa di Dio, gli uomini sono resi muti perché incapaci di credere, come è il caso di Zaccaria – mentre in casa sua viene proclamata «beata» la donna che, invece, «ha creduto». Oppure vengono interpellati dopo, dopo la scelta libera di una donna, come è il caso di Giuseppe. Entrambi entreranno in scena in seconda battuta: l’uno ricuperando l’uso della parola per riconoscere a propria volta quel che Dio incredibilmente fa (Lc 1,67-79). L’altro per accogliere con fiducia la donna e il figlio che gli vengono affidati (Mt 1,24-25).

Stiamo attendendo una Nascita, che è conseguenza di questi incontri, e che sconvolgerà ancor di più il nostro modo di intendere Dio e il nostro rapporto con lui e tra noi. E siamo chiamati, per accogliere «colui che nascerà», a lasciarci almeno iniziare a sconvolgere i nostri modi di pensare, che ispirano i nostri modi di agire. A partire dalle relazioni quotidiane ed ecclesiali tra uomini e donne, entro le quali siamo fortemente provocati a riconoscere quanto Dio continua a fare spesso senza che ce ne accorgiamo. Quel che Dio continua a far lievitare, risvegliando le capacità e la fede di tante donne, le loro qualità fin dentro le fatiche e i drammi della vita. Quel che Dio continua a dire a noi uomini, di riconoscere spazio e disponibilità ad accogliere gli imprevisti dell’incontro con le “altre”, che fin dentro le nostre rigidità portano l’annuncio di una nuova Nascita, resa possibile solo dall’incontro. Dall’incontro con lui che si rivela nell’incontro tra noi, donne e uomini che si lasciano rinnovare dal suo sconvolgente amore. E che rinnoverà anche le nostre comunità ecclesiali, lasciando irrompere la sua Nascita.

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