Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
“Operazione Vendetta” con Rami Malek. In sala anche “La casa degli sguardi” e “Sotto le foglie”

Nel segno del brivido, dell’ironia e della commozione. Su questo tracciato si giocano tre uscite al cinema di inizio aprile. Anzitutto il thriller a stelle e strisce “Operazione Vendetta” diretto dal britannico James Hawes con il Premio Oscar Rami Malek. Un po’ Hitchcock e un po’ “Mission: Impossible”, l’opera è un action-giallo che oscilla tra colpi di ingegno di un informatico nerd, refrattario alla socializzazione, e un viaggio nella notte accecato dal delirio di vendetta. Ancora, finalmente in sala, dopo l’anteprima alla 19a Festa del Cinema di Roma, la prima regia di Luca Zingaretti, “La casa degli sguardi”. Il ritratto di un ventenne inghiottito dalla vertigine della bottiglia, che grazie al sostegno di un padre resiliente e un lavoro presso l’Ospedale Bambin Gesù prova a rimettersi in partita con la vita. Una storia accesa dalla speranza. Infine, “Sotto le foglie” di François Ozon con Hélène Vincent e Josiane Balasko. Con un omaggio a Simenon, l’autore francese compone un giallo esistenziale con pennellate di umorismo nero.
“Operazione Vendetta” (Cinema, 10.04)“Questo ruolo mi ha dato l’opportunità di esplorare le complessità di una persona comune catapultata in circostanze straordinarie. Volevo interpretare un personaggio che fosse realistico, che non fosse uno stereotipato eroe d’azione, ma che potesse comunque fare qualcosa di straordinario a modo suo”. Così l’attore Premio Oscar Rami Malek (“Bohemian Rhapsody”, ma anche “007. No Time to Die”), raccontando il nuovo progetto come interprete nonché produttore. È l’action-thriller “Operazione Vendetta” (“The Amateur”), che prende le mosse dal romanzo di Robert Littell. Alla regia il britannico James Hawes, autore del recente “One Life” (2023) e di alcuni episodi della serie cult “Slow Horses” (Apple TV+). Nel cast Rachel Brosnahan, Caitríona Balfe, Michael Stuhlbarg, Julianne Nicholson e Laurence Fishburne. Film targato 20th Century Studios (Disney).
La storia. Stati Uniti, oggi. Charlie Heller è un informatico della Cia che si occupa di decodificare documenti. Quando la moglie Sarah rimane vittima di un attentato terroristico a Londra il suo mondo va in frantumi. Capisce che nella struttura della Cia ci sono fin troppe zone d’ombra, così abbandona tutto e si mette da solo a caccia degli attentatori. Non contando su una preparazione fisica, decide di affidarsi unicamente alle sue abilità informatiche....
Dal punto di vista visivo “Operazione Vendetta” è un buon thriller, che ruba molto dal fortunato modello “Mission: Impossible” rivitalizzato da Tom Cruise. Un racconto però che fa sue anche le regole classiche della suspense alla Alfred Hitchcock.In più Malek cesella abilmente un anti-eroe lontano dalla fisicità granitica, che si difende e domina l’azione grazie ad astuzia, ingegno e talento informatico. È questa la particolarità del racconto.Poi, ovviamente, le location suggestive – dagli Stati Uniti a Londra, da Parigi a Istanbul, sino ai confini della Russia – proposte con dinamiche action alla James Bond fanno il resto.
Al di là di ciò, occorre soffermarsi sull’impianto narrativo, sul tema. Il film fa perno, infatti, sulla vendetta: Charlie ha perso la moglie in un efferato attentato e non si dà pace; si lascia così inghiottire dall’odio e il suo unico obiettivo è farsi giustizia da solo. Il copione, forte di un imprinting marcatamente hollywoodiano, non ammette alcuna alternativa: al torto subito l’unica risposta plausibile, secondo il protagonista, rimane la violenza.Per lui la “giustizia riparatrice” si configura nella vendetta. Un approccio non poco primitivo e monocolore,che a ben vedere fa inceppare la logica del racconto d’evasione, di genere. Complesso, problematico.
“La casa degli sguardi” (Cinema, 10.04)Il percorso di crescita di un ventenne oggi, complicato dal male di vivere e da una dipendenza dalla bottiglia.Un cammino di riparazione, lento e sofferto, che passa per ripetute cadute e faticosi tentativi di risalita, sostenuto dalla presenza di un padre solido, che con amore silenzioso non smette di sperare.È il tracciato del primo film diretto da Luca Zingaretti, “La casa degli sguardi”, dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli. Protagonisti lo stesso Zingaretti e Gianmarco Franchini, insieme a Federico Tocci, Chiara Celotto, Alessio Moneta, Riccardo Lai e Filippo Tirabassi. Una produzione Bibi Film, Clemart, Rai Cinema, Stand By Me e Zocotoco, in sala con Lucky Red.
La storia. Roma, oggi. Marcolino è un ventenne che soffre per la perdita della madre e fatica ad avere un dialogo con il padre. Si è chiuso in se stesso, allontanando amici e fidanzata; compone poesie ma non trova il coraggio di condividerle. Riesce solo a bere fino a stordirsi. Un giorno il padre gli procura un posto come addetto alle pulizie in una cooperativa presso l’Ospedale Bambin Gesù. Un’esperienza che apre alla possibilità di cambiamento, di riscatto...
“Un film che parla di genitori e figli – sottolinea Zingaretti – e della capacità di stare, come atto di amore più puro. È un film sull’amore e l’amicizia, che possono farti ritrovare la strada di casa”.L’autore dirige un’opera dura e potente.Il diario di bordo di una caduta nelle pieghe della disperazione di un ventenne che non trova stimoli nel futuro, un vinto per troppo dolore, che si nega ogni talento e possibilità. “La casa degli sguardi” descrive lo smarrimento di un giovane – un po’ come la serie Netflix “Tutto chiede salvezza” sempre da un romanzo di Mencarelli –, che fatica a rimettersi in partita con la vita.Zingaretti governa il racconto con misura e prudenza, non scivolando mai nel melodramma o nel melenso, ma descrivendo la traiettoria padre-figlio in maniera credibile. Toccante.Un’opera che coinvolge ed emoziona, inserendosi nel pieno della riflessione sulla speranza, del cammino giubilare, per il suo scandagliare le fratture e gli affanni della vita, dove è possibile comunque cogliere segnali di fiducia, opportunità di ripartenza. Un invito alla resilienza e alla custodia dei legami. Complesso, problematico-poetico, per dibattiti.
“Sotto le foglie” (Cinema, 10.04)Parigino classe 1967, François Ozon è un autore dallo stile riconoscibile, con una elevata attenzione alla dimensione estetica. Alternando i toni del giallo, del mélo e del dramma, ha composto una filmografia variegata: tra i suoi titoli “8 donne e un mistero” (2002), “Giovane e bella” (2013), “Grazie a Dio” (2019) e “Mon Crime” (2023). Ora è al cinema con “Sotto le foglie” (“Quand vient l’automne”), giallo-dramma esistenziale con lampi da black humor. Protagonisti Hélène Vincent, Josiane Balasko, Ludivine Sagnier e Pierre Lottin.
La storia. Borgogna oggi. Michelle è una pensionata che conduce un’esistenza tranquilla, prendendosi cura dell’orto e condividendo il tempo libero con l’amica Marie-Claude. Le due sono ex prostitute ora finalmente libere dalla strada. Michelle ha occhi solo per il nipotino Lucas, ma il difficile rapporto con la figlia Valérie le impedisce di vederlo. L’uscita dal carcere di Vincent, figlio di Marie-Claude, altera i già fragili equilibri...
Un film, ha sottolineato Ozon, che esplora “i temi del senso di colpa e dell’omicidio”, richiamando atmosfere alla Simenon. “Ho ricercato un approccio semplice e dolce nella messa in scena, percorsa da una tensione e da una suspense sulle vere motivazioni dei personaggi che si trovano ad affrontare dei complessi dilemmi morali in circostanze al di là del bene e del male”.Ozon costruisce un racconto apparentemente lineare, ma in verità non poco stratificato.Mette a fuoco anzitutto le due anziane ex prostitute, libere dal fardello della strada e desiderose di vivere un’esistenza ritirata, fatta di piccole gioie. La loro guadagnata serenità è spazzata via dai rispettivi figli, Valérie e Vincent, due irrisolti condizionati dalla professione materna. I due producono caos, che le due anziane provano a rigovernare (in maniera poco ortodossa).Il tono del racconto è semi-serio, acceso da ironia irriverente, che rende il film di certo scorrevole e godibile; a ben vedere, però, affiorano non pochi problemi a livello tematico, tra cui un omicidio in famiglia e l’occultamento della verità.Un film che, pur affascinando a livello stilistico, rischia di sbandare a livello narrativo,imponendo una propria, discutibile (e non condivisibile), morale. Complesso, problematico.