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In sala la commedia “FolleMente” e il dramma “Noi e loro”

“FolleMente” firmata da Paolo Genovese è già nei cinema, in uscita dal 27 febbraio il dramma familiare “Noi e loro” delle sorelle Delphine e Muriel Coulin

“FolleMente”. Il tracciato narrativo è quello dell’animazione Disney-Pixar “Inside Out” (2015, 2024), ma il tema e lo svolgimento si orientano verso un pubblico adulto. Parliamo della nuova commedia di Paolo Genovese, “FolleMente”, che indaga l’universo emotivo di due adulti alla prova del primo appuntamento. Genovese – suoi i fortunati titoli “Immaturi” (2011), “Tutta colpa di Freud” (2014) e “Perfetti sconosciuti” (2016) – visualizza e dà voce a tutto quel turbinio di idee, istinti, sensazioni ed emozioni che divampano nella mente quando ci si relaziona con l’altro, quando ci si mette in gioco in una relazione. Protagonisti Pilar Fogliati ed Edoardo Leo, con Emanuela Fanelli, Claudia Pandolfi, Vittoria Puccini, Maria Chiara Giannetta, Marco Giallini, Claudio Santamaria, Rocco Papaleo e Maurizio Lastrico.

Prodotto da Leone Film e Rai Cinema con Disney+, “FolleMente” è un viaggio tra testa e cuore in chiave semiseria, uno scandagliare il parco emozioni di due adulti che si stanno conoscendo e stanno provando a capire se quel primo incontro sarà l’inizio di un sentimento, di una relazione, o meno. Un primo appuntamento che gira come una seduta psicanalitica di gruppo, giocata tra suggestioni acute e battute brillanti. L’autore ritrova smalto ed efficacia narrativa, negli ultimi anni un po’ appannati, ritornando ai livelli di “Perfetti sconosciuti”. È una commedia che ha ritmo, ariosità e freschezza narrativa, grazie a dialoghi ben cesellati che viaggiano spedititi con attori tutti in parte. Consigliabile, brillante, per dibattiti.

“Noi e loro”. All’ultima Mostra del Cinema della Biennale di Venezia ha vinto la Coppa Volpi per l’interpretazione di Vincent Lindon. È “Noi e loro” (“Jouer avec le feu”), dramma esistenziale-familiare delle sorelle francesi Delphine e Muriel Coulin, il racconto della discesa negli inferi della disperazione di un padre che assiste allo sbandamento del figlio ventenne dietro un fanatismo neonazista, una cultura dell’odio xenofoba e intollerante.

È un “piccolo” film di grande risonanza. Il tema è circoscritto, ma attorno a esso si apre una vasta gamma di sensazioni e riflessioni sul rapporto genitori-figli, sui dualismi smarrimento-ascolto, sanzione-riconciliazione, bene-male. Un’opera che esplora i tormenti di un padre, che si sente incapace di salvare il figlio dalla vertigine del male; un padre che però non si lascia spaventare, ma tende sempre la mano con coraggiosa speranza e resilienza. Un’opera che intercetta il male del nostro tempo, il rischio di rigurgiti di forze antisistema di matrice neonazista, che minano la stabilità sociale e democratica. Un’opera acuta e necessaria, dove la regia non è mai invadente, ma si muove in sottrazione. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

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