Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
La puzza di fritto può integrare il reato di molestie olfattive
Avete voglia di mangiarvi un bel piatto di patatine fritte oggi a pranzo? Attenzione se vivete in condominio, perché questo desiderio culinario potrebbe costarvi una bella querela da parte del vicino.

Secondo, infatti, una recente sentenza della Corte di Cassazione, il comportamento di chi emette odori di cucina che superano la normale tollerabilità integra il reato di “getto pericoloso di cose”. In poche parole, per l’odore di fritto o di sugo si rischia il penale. La sentenza citata è giunta dopo le continue proteste da parte dei condomini di un palazzo del Friuli Venezia Giulia, per le emissioni di fumi, odori e rumori molesti provenienti dalla cucina di un appartamento al piano terra.
Ma partiamo da cosa prevede la legge. L’art. 674 del codice penale punisce con l’arresto fino a 1 mese e con l’ammenda fino a 206 euro chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato, ma di comune o altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, oppure, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti. La puzza di frittura, appunto, secondo la Cassazione rientra in tali emissioni olfattive vietate dalla legge, ma solo a condizione che riesca a molestare le persone. E per molestare, l’odore deve essere superiore alla normale tollerabilità. Un giudizio quest’ultimo che spetta al Giudice, sulla base dell’entità dell’odore e della sua capacità di penetrazione nell’appartamento altrui. Non basta, per esempio, che solo nelle ore dei pasti l’odore possa essere evitato tramite la chiusura delle finestre. Per integrare il reato, è necessario che gli odori si diffondano nell’intero appartamento tanto da impuzzolentire i muri interni, le tende, i vestiti e gli altri oggetti dell’abitazione. Per stabilire il superamento del limite della stretta tollerabilità bisogna fare riferimento al codice civile, in particolare all’art. 844, laddove consente al Giudice di fondare il suo convincimento sugli elementi probatori a sua disposizione, senza dover necessariamente ricorrere a una perizia tecnica, ma anche valendosi della testimonianza dei vicini di casa. Naturalmente, il comportamento integrativo di questo tipo di reato sostanzia un “fatto tenue” per il quale la legge consente il “perdono” (ossia la remissione di querela); il colpevole, in questo caso, non subirà la punizione, ma potrà essere citato in giudizio per il risarcimento del danno, in sede civile.