Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Superstrada Pedemontana, un affare? Per la Sis sicuramente...
La denuncia di Osvaldo Piccolotto: ora tutto il rischio è della Regione. E i pedaggi saranno quattro volte più cari rispetto all’A4, a chi converrà percorrerla? Ripercorriamo la storia recente del progetto che fa discutere il Veneto.

La Superstrada pedemontana veneta va. Un cammino che, a sentire Osvaldo Piccolotto, del Comitato No Pedemontana, è lastricato di dollari australiani e di ricorsi. Di recente, ad Altivole, Piccolotto ha tenuto una precisa relazione sulla storia della Spv e sulle tre convenzioni che la Regione Veneto ha firmato con la concessionaria dell’opera, la spagnola Sis. Una relazione preoccupante, che nella sintesi finale evidenzia la crescita esponenziale dei costi, che passano dai circa 600 milioni del 2009, ai 1.050 della convenzione del 2013, ai 13 miliardi del 2017. Una crescita che è tutta da addebitare alla modifica sostanziale dell’accordo tra la Sis e la Regione Veneto.
L’azzardo della Regione
Fino al 2013 si trattava di un project financing, dove il rischio d’impresa era totalmente a carico della Sis, ovvero la Regione concedeva l’opera e garantiva solo un affitto di 29 milioni anno per la disponibilità dell’opera fino al 2033. Con la nuova convenzione il canone è ben più salato, dura fino al 2059 e dovrà essere pagato a prescindere dai flussi di traffico: il pedaggio ora andrà alla Regione e non più al concessionario, sperando che sia sufficiente e ripagare il debito. Insomma, le parti si sono invertite e possiamo parlare di un affidamento dell’opera secondo criteri tradizionali. Ora la Regione Veneto ha un potenziale debito di 13 miliardi, contro il miliardo e 50 milioni della convenzione precedente.
Intanto la Sis festeggia
Festeggiano invece in Australia, dove in gran parte è stato collocato il bond, ovvero il prestito di oltre un miliardo necessario per il closing finanziario per realizzare l’opera. Gli investitori riceveranno un interesse dell’8 per cento che, se confrontato con quello che le nostre banche offrono a noi correntisti (prossimo allo zero), è stellare. Per di più un prestito garantito dalla Regione Veneto, quindi dai veneti.
Festeggia anche la Sis, che ha ricevuto a Londra il premio internazionale per la migliore operazione finanziaria europea nel settore delle infrastrutture di trasporto proprio per le modalità di finanziamento dalla Spv. Ritirano il premio sorridenti e festanti gli spagnoli Miguel Angel Rufo Acemel, Carlos Mijangos, Pablo Mochón López, Borja Merelo De Pedro e Joaquín Camacho Calderón.
“Il profondo buco che si potrebbe creare nel bilancio della Regione Veneto - secondo Piccolotto - deriverebbe in gran parte dai flussi di traffico che, secondo le indagini della Cassa depositi e prestiti e della Banca europea investimenti, non supereranno i 15mila veicoli al giorno. La convenzione 2017 prevede, invece, un traffico almeno doppio”.
Pedaggio salatissimo
Spariscono per i veneti anche tutte le ventilate agevolazioni e anzi il pedaggio nel 2020 sarà di 0,2178 euro a chilometro, contro lo 0,0577 della A4. Si spiegano in questo modo le affermazioni del governatore del Veneto Luca Zaia, che parla di autostrada sostenibile solo se i cittadini ne usufruiranno appieno. “Con questi costi, però, un cittadino della Pedemontana potrebbe spendere 100 euro al mese per andare al lavoro e un mezzo pesante potrebbe scegliere la viabilità ordinaria per andare da Trevignano a Vicenza per risparmiare i 33 euro di pedaggio”.
Oggi la Spv è realizzata per il 31 per cento circa e si sono spesi oltre 700 milioni: 539 per i lavori, 103 per gli espropri (un terzo dei totali). 36 per le connessioni con la viabilità ordinaria (un quarto del totale), 36 per la progettazione che non è ancora completata ma ferma al 73 per cento. Unico caso in Italia, la Spv è stata sottoposta per tre volte al giudizio della Corte dei Conti, analisi che hanno lascito più interrogativi che certezze. Nel dicembre 2015 la Corte, oltre a togliere l’ingiustificato segreto sulle carte relative a concessione e appalto, evidenziò 39 punti critici. “I giudici dissero alla Regione e alla Sis che non si capiva se si stesse parlando di superstrada o autostrada - ricorda Piccolotto -. La Corte stigmatizzò l’aumento dell’onere dello Stato, che passò da 174 milioni di euro a più di un miliardo. Chiese spiegazioni sul perché la seconda convenzione, quella del 2013, nascondesse in realtà un forte debito a carico del pubblico. Rilevò l’anomala presenza di un commissario straordinario e soprattutto il fatto che non fosse previsto un traffico in grado di sostenere l’opera”. In quell’occasione l’imprenditore Dogliani, primo collaboratore della Sis in Italia, manifestò per la prima volta la difficoltà di fare il closing finaziario, ovvero a trovare i soldi per finanziare l’opera, parlando di una durata del finanziamento per 39 anni e di alto rischio, perché i dati sul traffico futuro erano incerti.
La rescissione mancata
Nell’adunanza del 6 ottobre 2016 la Corte rileva che nessun punto è stato risolto, anzi l’opera procede lentamente, gli espropri non vengono pagati, aumentano oneri e penali a carico della Regione Veneto. Salta fuori che il Ministero dell’Ambiente non ha mai approvato il progetto e il Ministero delle Finanze non ha mai ricevuto la rendicontazione dei fondi pubblici. A questo punto, molti si chiedono perché Zaia non rescinda il contratto, visto anche che la Dogliani Sis non chiude il finanziamento che si era impegnata a fare. “Zaia poteva riscuotere la polizza di garanzia di 82 milioni e rivedere il progetto, magari approvvigionarsi del denaro necessario a un tasso che sul mercato è di poco superiore all’1,6 per cento, in 39 anni avrebbe comportato oneri poco superiori al miliardo di euro, a fronte del tasso dell’8 per cento ottenuto ora dalla Sis”.
I dubbi della Corte dei Conti
L’ingegner Pellegrini della Regione Veneto, nella terza e ultima adunanza con la Corte dei Conti, il 6 marzo 2018, affermò che rescindere il contratto avrebbe comportato una penale di 14 miliardi di euro e per questo hanno proceduto alla terza convenzione. Il relatore della Corte dei Conti ribadì la preoccupazione per l’amministrazione imprudente nelle stime ottimistiche di traffico, per l’atto aggiuntivo che trasferisce il rischio di impresa sulla Regione Veneto e per le opere complementari che non c’erano ancora. Fece anche un severo richiamo per il fatto che nulla è stato ancora rendicontato al ministero dell’Ambiente, a quello dell’Economia e finanza e neppure al ministero dei Beni culturali.
La Corte alla fine evidenziò problemi di efficacia, efficienza, economicità e legittimità. La Corte però non ha strumenti di intervento ma solo di segnalazione al Governo, al Parlamento e all’opinione pubblica.
Nel frattempo si conclude anche la storia giudiziaria di ricorsi al Tar, alle procure di Vicenza, Treviso, Venezia e Roma, all’Autorità anticorruzione. Restano pendenti oggi 4 ricorsi la Tar del Veneto, uno al Tar del Lazio e 2 appelli al Consiglio di Stato. Tre sentenze il 24 novembre 2011, il 2 febbraio 2012 e il 21 giugno 2013 condannano la Regione Veneto per la falsa emergenza traffico e per l’uso illegittimo del commissario. A sorpresa, grazie a un nuovo presidente e nuovo collegio il Tar del Lazio, il 18 agosto 2015, cancella tutte le sentenze, affermando che la Regione può dichiarare l’emergenza quando e come meglio crede. I ricorsi sono ora in attesa dell’appello al Consiglio di Stato. Piccolotto al termine della sua relazione suggerisce di cancellare la convezione stretta con Sis salvando 13 miliardi di soldi veneti. Il clima però durante l’assemblea non era dei migliori. C’è scoramento tra le persone che in questi anni hanno combattuto contro la Spv. La strada giudiziaria è in salita e i governi che si sono succeduti a Roma, tranne aver tolto la figura del Commissario, finora hanno sostenuto, anche economicamente, le scelte della Regione Veneto.