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Qualche chiave di lettura del prof. Salvatore Vassallo (Istituto Cattaneo) per comprendere l'astensionismo in Italia

"Quando gli elettori avvertono la polarizzazione fra due scelte, il cui esito pare incerto, è più forte la spinta a partecipare alle elezioni". 

24/02/2023

Sei cittadini su dieci hanno  disertato i seggi alle elezioni Regionali in Lazio e Lombardia dello scorso 12 febbraio. E’ il dato che, forse, ha fatto maggiormente riflettere, in occasione della recente tornata elettorale. Le percentuali esatte dei votanti sono state le seguenti: 41,68% in Lombardia, 37,20% in Lazio. Stiamo vivendo una crisi profonda della partecipazione democratica? Lo abbiamo chiesto al prof. Salvatore Vassallo, professore di Scienza politica nell’Università di Bologna e direttore dell’Istituto Cattaneo, famoso per diffondere attente analisi su andamento e flussi elettorali.

“Bisogna distinguere - dice subito Vassallo -. Certamente, c’è una tendenza al calo della partecipazione di lungo periodo, dovuta, per esempio, al fatto che le giovani generazioni votano di meno. Ma l’aspetto principale a cui bisogna guardare, per quanto riguarda le Regionali, è quello contingente”.

Il politologo invita a guardare a un altro dato, relativo alle Regionali del 2014, quando si votò in Emilia Romagna  e in Calabria. In quell’occasione votarono, rispettivamente, il 37,71% del corpo elettorale e il 44,08%. Eravamo in un’altra era politica, quella del “renzismo”, il Pd giocava praticamente da solo (in quell’anno vinse perfino in Friuli Venezia Giulia). “Lo scenario è rovesciato politicamente, ma in realtà la situazione di oggi è molto simile a quella di allora. Anche nel 2014 ci fu un grande dibattito, si parlò della disaffezione dell’elettorato per il fatto che il Consiglio regionale era stato sciolto per le indagini sul presidente uscente Vasco Errani, del fatto che, in quel momento, il candidato del Pd Stefano Bonaccini era poco conosciuto. Io, già allora, pensavo che i motivi fossero altri, e il dato del 2023 mi rafforza in questa convinzione”.

Dove, allora cercare i motivi per questa “diserzione di massa” dalle urne? “Non credo che la disaffezione rispetto alla politica sia il tema principale - prosegue Vassallo -. E neppure si può dire che stavolta i candidati fossero poco conosciuti. Penso che questo appuntamento elettorale, lontano dalle altre Regionali e molto a ridosso delle Politiche, sia stato poco sentito, anche perché «coperto» da altre emergenze. Ha prevalso un atteggiamento razionale, di fronte a un risultato ritenuto scontato. Non c’è stata una mobilitazione legata all’incertezza dell’esito”. Secondo il direttore dell’Istituto Cattaneo, un’analisi attenta della partecipazione ai seggi conferma questa impressione: “Il Pd, come risultato di lista, è andato abbastanza bene perché ha uno «zoccolo duro» di elettorato abbastanza stabile, identificato. Rispetto alle Politiche, i suoi voti sono calati del 30-40%, non di più. Ma la vera voragine si è aperta tra gli elettori del M5S e di Italia Viva, con un’astensione del 70-80% rispetto alle elezioni dello scorso settembre. Così, mediamente, gli elettori di centrodestra, galvanizzati dalla sicura vittoria, sono andati ai seggi in percentuale maggiore. Una situazione rovesciata rispetto al 2014, quando il Pd di Renzi era sulla cresta dell’onda e il centrodestra diviso e scoraggiato”.

Un’inversione di tendenza è dunque possibile, rispetto alla partecipazione elettorale? “Credo proprio di sì, anche in occasione di future Regionali. E’ necessario, però, che si avverta la polarizzazione tra due scelte, che l’esito sia percepito come incerto. Lo si è visto, per esempio, alle Politiche del 2018, con l’aumento di votanti nelle regioni del Sud, in quello che fu il grande successo del M5S”. 

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