Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Il “partito del terzo mandato” affila le armi
Il “terzo mandato” (per i presidenti di Regione e per i sindaci di Comuni con più di 15 mila abitanti) è, dunque, diventato il problema principale della politica italiana e veneta. Almeno, così, sembra, per chi sfoglia tutti i giorni le pagine dei giornali. Perché, nonostante se ne parli da molto tempo, la questione emerge oggi con prepotenza, nel panorama politico?
Certamente non per cause “nobili”. D’altronde, in una democrazia matura, che è fatta non a caso di regole e limiti, evocare una supposta “volontà popolare” è argomento che non regge.
Fondamentalmente, piuttosto, i motivi sono due. Il primo è che il prossimo anno inizieranno a essere “in scadenza” i “governatori” eletti con le leggi elettorali votate dalle singole Regioni circa 10-15 anni fa. L’esempio più conosciuto è quello di Luca Zaia (che a dire il vero, è già al terzo mandato, poiché il primo risale a prima dell’approvazione della legge elettorale). Ma ci sono anche alcuni presidenti del Pd, come Vincenzo De Luca, in Campania, Michele Emiliano, in Puglia, Stefano Bonaccini in Emilia Romagna. Il “peso specifico” dei presidenti di Regione è oggi molto grande, anche in seguito alla visibilità da loro assunta durante la stagione del Covid-19. Di conseguenza, la loro voce si unisce a quella, oggettivamente più debole, dei sindaci.
Il secondo motivo è che ci sono forze politiche in oggettiva difficoltà, che vedono nel terzo mandato un’ancora di salvezza, per non rischiare di vedere drasticamente ridotto il loro peso specifico. Dieci anni fa, la geografia politica era molto diversa. Il centrodestra guidava solo Lombardia, Veneto e il piccolo Molise, il Pd di Renzi vinceva facilmente in tutta Italia. Nell’opposizione, si stava riorganizzando la Lega dell’allora nuovo segretario Matteo Salvini, mentre Fratelli d’Italia era al 4 per cento. Anche tra i sindaci delle maggiori città, prevalgono nettamente gli amministratori del Pd e della Lega. E’ facilmente spiegabile, di conseguenza, che Lega e Pd (in questo caso con posizioni diverse) insistano per confermare gli uscenti. Al contrario, Giorgia Meloni, nonostante il consenso di cui gode, che verrà presumibilmente confermato alle elezioni Europee, è largamente sotto-rappresentata nel governo delle Regioni e e nell’amministrazione delle città. A tutto questo, va aggiunto che solo una conferma di Zaia, presumibilmente, impedirà che la Lega dopo le Europee diventi una polveriera ingestibile, travolgendo i delicatissimi equilibri interni.
Come finirà? Difficile dirlo. Non è facile cambiare una norma che si è consolidata, ma il “partito trasversale del terzo mandato” è più che mai agguerrito, tanto da ipotizzare di cambiare, nelle singole Regioni, la legge elettorale, togliendo l’elezione diretta; di conseguenza, salterebbe anche il tetto dei mandati. Si arriverà fino a questo punto? (Bruno Desidera)