venerdì, 25 aprile 2025
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Dissalatori sì o no? "Fondamentale sarebbe usare bene l'acqua che abbiamo"

Da inizio anno le falde acquifere si sono abbassate ulteriormente, di un altro metro e mezzo, rispetto al già disastrato 2022. Nessuna riforma è partita, così qualcuno ha avanzato l'ipotesi dei dissalatori. Abbiamo chiesto un approfondimento in merito a Giulio Boccaletti, climatologo, esperto sul tema. 

In questi ultimi giorni ha ripreso quota il dibattito sui dissalatori. Ne abbiamo parlato con Giulio Boccaletti, saggista e climatologo italiano. Ricercatore onorario associato alla Oxford University, è stato a capo della strategia di The Nature Conservancy, una delle più importanti organizzazioni mondiali per il clima. Famoso è il suo saggio “Acqua: un biografia” (Mondadori, 2022). 

Lei non sembra convinto della soluzione del dissalatore, ma a Jesolo, ad esempio, ci stanno pensando molto seriamente.

La dissalazione è un’opzione per la produzione di acqua potabile, dove non ci siano alternative. Costa parecchio, non solo per l’intensità energetica, ma anche per i costi dell’infrastruttura. Se non è usata continuamente finisce per essere ammortizzata su poca produzione, con il risultato che il metro cubo d’acqua costa ancora di più. Non è di per sé una cattiva o buona idea, dipende dalle alternative. Il riuso di acque grigie costa meno. Tutto questo per il potabile. La dissalazione non ha quasi mai senso per la riproduzione agricola a meno di non fare coltivazione idroponica (piante fuori suolo, senza terra e grazie all’acqua) o produzioni ad altissimo valore. Sicuramente non cereali e erbacee. 

La soluzione dei laghetti per conservare l'acqua potrebbe essere utile? Il nord Italia non è dotato di queste strutture e i fondi, che servono per coprire i costi, non arrivano dallo Stato.

Abbiamo bisogno di stoccaggio per regolarizzare una precipitazione sempre più erratica, mutevole e piccoli invasi possono aiutare, ma le diverse dimensioni servono per diversi usi. I grandi invasi servono per proteggere da variabilità interannuale, mentre i piccoli invasi possono aiutare a supportare l’uso stagionale. In ogni caso, il primo passo è l’aumento di produttività dell’acqua. Usarne meno, per produrre più valore. Ci sono già produttori agricoli efficienti, che stanno scegliendo cosa far crescere nei campi in base all’apporto idrico. La priorità dovrebbe essere l’efficienza agricola.

Anche con i mutamenti climatici in Italia, a suo avviso, continuerà ad arrivare acqua sufficiente? Il problema, quindi, è solo la sua distribuzione e conservazione?

Avere acqua a sufficienza non è mai solo una questione di offerta. Dipende da quale uso se ne fa. Di fronte alla siccità non è tanto solo una questione di distribuzione e conservazione. Bisogna anche assicurarsi che l’acqua sia usata per il suo massimo valore e che ci sia stoccaggio per avere l’acqua quando serve. Il problema non è che l’Italia ha poca acqua, ma che non è necessariamente disponibile nelle quantità a cui siamo abituati quando serve. 

Gli investimenti per orientare l'agricoltura potrebbero essere così ingenti da bloccare di fatto ogni progetto. E' esatto? Oppure con una spesa non elevata possiamo cambiare i metodi di irrigazione e le coltivazioni che scegliamo di sviluppare?

Non credo questo sia il problema. Gli investimenti, se volti ad aumentare la resilienza e produttività dell’agricoltura, a fronte di un clima più difficile, possono avere un ritorno economico positivo. La domanda è chi debba sostenere i finanziamenti. Se aspettiamo che siano solo gli agricoltori a finanziarsi, molti faticheranno a mobilitare il capitale per aumentare la propria efficienza. Ma il metro cubo risparmiato in agricoltura costa molto meno del metro cubo prodotto da un dissalatore. Prima di contemplare i dissalatori sarebbe meglio che capissimo quali investimenti in agricoltura possono aiutare ad aumentare efficienza e resilienza, liberando risorse per il resto della società. 

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