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Cibo e stress: tanti disagi nelle famiglie

Nutrizione e Covid. L'isolamento amplifica i problemi. L'Oms parla di "erosione della salute mentale". Ne parliamo con il dottor Agostino Paccagnella, direttore dell'Unità operativa di Malattie endocrine, del Ricambio e della Nutrizione all'ospedale Ca' Foncello di Treviso

11/03/2021

Se c’è un ambito che in quest’ultimo anno e mezzo ne ha viste di cotte e di crude è senz’altro il settore alimentare. Non parliamo solo di ristoranti, che tra restrizioni dovute alla pandemia, chiusure e ristori si sono destreggiati in questa scacchiera di Dpcm, ma merita soffermarsi per un momento sul concetto più ampio di cibo, legato prettamente alle abitudini alimentari che fin dai primi momenti di lockdown a oggi, sta ridefinendo la dimensione nutrizionistica di molte famiglie.

Non certo per scelta consapevole, ma piuttosto per un condizionato sistema di vita che ci ha condotti a passare molto più tempo a casa che fuori, imperversano nelle case degli italiani le sfide pizzaiole lanciate durante il primo lockdown o le ormai costanti serate trascorse sul divano guardando un film; in una serie di momenti di convivialità che richiamano quasi involontariamente la presenza di snack di accompagnamento e bibite.

Tutto ciò è stato fiancheggiato da uno stato d’animo negativo frutto della condensazione di paure, quali isolamento, ansia della malattia, problemi economici e distacco dai propri affetti. Riconducendo il tutto a quella che è stata definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) come: “erosione della salute mentale”.

Come ci conferma anche il dott. Agostino Paccagnella, direttore dell’Unità di Malattie endocrine, del Ricambio e della Nutrizione dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso: “Il lockdown passato e le attuali condizioni di vita stanno causando nelle persone un importante stress post traumatico; che può sfociare in rabbia, frustrazione e noia, amplificato ulteriormente dall’isolamento. Questa situazione colpisce sensibilmente la sfera legata al cibo e all’alimentazione, specialmente in soggetti che già soffrono di una patologia alimentare. Studi su tale tematica ci pervengono oggi dagli Stati Uniti, dove la condizione alimentare assume particolare rilievo. L’Università della Florida ha recentemente condotto un’analisi su un campione di 300 persone dimostrando come il 63% di queste, in una veste emotiva di negatività legata alla pandemia, abbia sviluppato una modifica nelle abitudini alimentari e nell’attività fisica. Questo stesso studio ha evidenziato, inoltre, come circa il 40% di tali persone abbiano aumentato il loro consumo di cibo come reazione a una situazione di angoscia famigliare. Questa correlazione tra alimentazione e sociale appare innegabile, dopotutto, se ci soffermiamo a riflettere: molti dei nostri momenti di convivialità legati anche a feste ed eventi accadono con la complicità di abbuffate di cibo. L’assunzione compulsiva di alimenti durante la pandemia si è manifestata, ad esempio negli adulti, in alterazioni legate all’azione di procurarsi il cibo. La tendenza all’immagazzinare è stata molto più forte, soprattutto in merito a carboidrati e dolciumi”.

Disturbi alimentari conclamati, ma anche latenti, rischiano di delineare un quadro futuro preoccupante gravato all’insorgere di malattie e condizioni di salute quali diabete e ipertensione.

“Personalmente - spiega il dott. Paccagnella - mi sento di definirmi preoccupato soprattutto in merito al peggioramento dello stato emotivo delle persone. A causa delle restrizioni, nel mio caso abbiamo dovuto interrompere l’educazione terapeutica che con una psicologa svolgiamo con un gruppo di diabetici, evidenziando come questo abbia acuito nei pazienti sensazioni di ansia e stress”.

Il disagio della pandemia e i sistemi nutrizionali sbagliati stanno generando modifiche nelle abitudini alimentari negli adulti, ma soprattutto nei bambini. Con l’aumento della sedentarietà e di spuntini fuori pasto, provocati anche da un allontanamento dalla routine scolastica e socio-sportiva, che ha oltremodo il compito di scandire il tempo dedicato alle pause merenda, è facile notare come le giornate dei più giovani trascorse a casa tra didattica e televisione sia frammentato da più pause merenda.

Essenziale in tale senso è la condizione di convivenza forzata tra genitori e figli. A farne da riprova è l’analisi americana effettuata dai ricercatori della Johns Hopkins Medicine. Nello svolgimento dell’indagine sono stati intervistati 318 genitori con bambini di età compresa tra i 2 e 12 anni. Ponendosi come obiettivo quello di ricercare una correlazione tra lo stress generato della pandemia e dalle restrizioni imposte, con le nuove abitudini alimentari assunte dai giovani; è emerso che la sedentarietà e l’aumento del tempo di convivenza generavano in primis uno stress nei genitori, con la conseguenza, che alcuni risultavano più propensi a utilizzare il cibo come strumento di conforto e gestione delle emozioni nei figli.

Tuttavia se da un lato si delinea un quadro legato a un abuso di cibo conforto ed errati stili di vita alimentari, dall’altro questo stesso studio ha evidenziato come in alcune famiglie emergesse anche una connotazione positiva di questo aspetto. Molti genitori, infatti, hanno riscoperto il dialogo con i figli proprio legato a questi momenti di condivisione alimentare.

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