venerdì, 22 novembre 2024
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Lavoro nel Miranese: qualificazione cercasi

Diverse le incertezze nel territorio: i casi Aprilia, Ilnor, Safilo. Le aziende che si sono rinnovate hanno espulso molta forza lavoro non qualificata che oggi fatica. Mancano, invece, nuove figure professionali. Appello alle scuole.

Ridimensionamenti, tagli occupazionali, contratti di solidarietà. Alcune aziende storiche del miranese vivono momenti di incertezza. Non passa giorno senza una notizia di incontri, relazioni tra le parti. Prendiamo l’Aprilia che il prossimo 5 marzo vedrà un nuovo incontro tra le parti sociali. Aprilia è stata fondata a Noale subito dopo la fine della II guerra mondiale dal cav. Alberto Beggio, come produttore di biciclette. Dopo gli anni ’70 l’azienda è diventata leader europeo nel mercato delle due ruote. Alla fine degli anni novanta aveva 1.600 dipendenti con una produzione di circa 300 mila veicoli l’anno, attraverso i due stabilimenti, quello di Noale dedicato a progettazione e ricerca – sviluppo con l’area di Racing (corse) -, e quello di Scorzè orientato alla produzione di veicoli. Nei primi anni 2000 ha assorbito anche Moto Guzzi. Nel 2004 è passata sotto il gruppo Piaggio facente capo a Roberto Colaninno. Nel 2008 la crisi ha messo in ginocchio i mercati mondiali andando ad incidere anche sul settore delle due ruote. La difficoltà economica di Piaggio ha avuto un impatto occupazionale anche su Aprilia. Oggi è attivo il contratto di solidarietà per 260 lavoratori di Noale e 330 di Scorzè.
Situazione critica anche alla Ilnor di Gardigiano di proprietà di Eredi Gnutti Metalli di Brescia. Dal 1961 è stata un’importante realtà del territorio che occupava circa un centinaio di addetti, affermata a livello europeo come uno dei produttori più dinamici di semilavorati in rame e leghe di rame. L’azienda lo scorso anno ha deciso la chiusura dello stabilimento e il trasferimento della produzione nel bresciano, ponendo tutti i lavoratori in cassa integrazione a zero ore. Anche il vescovo di Treviso mons. Gardin, in segno di solidarietà, durante la Settimana santa dell’anno scorso ha fatto visita ai lavoratori, quasi tutti della zona, con 15, 20, 30 anni di lavoro. Giovedì 1° febbraio in municipio a Scorzè c’è stato l’incontro tra il sindaco Mestriner, sindacati e dipendenti di Ilnor. Dovevano esserci anche l’assessora regionale al Lavoro Elena Donazzan e i rappresentanti di Confindustria. L’unica via percorribile è trovare un ricollocamento in altre aziende per i lavoratori che sono rimasti senza lavoro e a cui la cassa integrazione straordinaria scadrà a luglio.
Situazione critica anche a Santa Maria di Sala con la Safilo, azienda di produzione e distribuzione di occhiali che ha dichiarato centinaia di esuberi nelle sedi italiane e che il 12 e 13 febbraio fermerà completamente la produzione. Gli esuberi annunciati sono 100 a Santa Maria di Sala, 38 a Padova, 206 a Longarone, 228 a Ormoz in Slovenia. Ad occuparsi di questa azienda nei giorni scorsi anche i consiglieri regionali Pigozzo, Fracasso, Azzalin, Moretti, Salemi, Sinigaglia, Zanoni, Zottis e Guarda che con un’interrogazione hanno sollecitato la Regione affinché istituisca un tavolo di crisi. Il testo ricorda la composizione dell’azienda che “dispone di sette stabilimenti produttivi di proprietà, di cui quattro in Italia e tre all’estero; ha filiali produttive in 40 Paesi e distribuisce i propri prodotti in quasi 100 mila punti vendita nel mondo. L’azienda - scrivono - sta attraversando un periodo di crisi che colpisce in particolare le sedi produttive italiane e venete e purtroppo sono i dipendenti a farne le spese. Lo scorso aprile aveva dichiarato di voler produrre entro il 2020 il 70% dei propri articoli in Italia, mentre in autunno ha annunciato la firma di accordi per allargarsi nei mercati del Sud America, dell’Asia centrale e dell’Estremo Oriente”. Dove evidentemente il costo del lavoro è inferiore. Tra le soluzioni per evitare la mobilità per i lavoratori di Santa Maria di Sala ci sono i part-time e i prepensionamenti, oltre alla cassa integrazione.
Ma quale lettura dare a questa situazione? Lo spiega Stefano Boschini, segretario Fim Cisl Venezia, che sottolinea come nonostante questi casi eclatanti di aziende in crisi, nel miranese la situazione non è tra le più gravi. “Nel senso che non ha prodotto eventi traumatici come in altri territori - spiega Boschini -. Il comparto metalmeccanico più importante che unisce la produzione meccanica con l’elettronica, cioè chi produce macchine utensili, appena scoppiata la crisi si è subito riposizionato sui mercati esteri. Le aziende hanno attuato la riconversione, hanno innovato, si sono automatizzate con nuove tecnologie. Questo processo però ha comportato l’impiego di meno lavoratori ma più qualificati. Si sono persi i posti di lavoro meno specializzati. Le aziende, pur uscite dalla crisi, non sono state in grado di assorbire l’esubero di manodopera. Ora abbiamo una serie di lavoratori poco qualificati, magari di una certa età, che sono stati espulsi e che fanno molta fatica a riqualificarsi. Succede invece che le aziende cerchino figure qualificate che non trovano. Bisognerebbe che anche le scuole del territorio, le scuole tecniche, avessero altrettanta velocità nell’interpretare questi bisogni e formare delle nuove professionalità”.
“Ai lavoratori e alle lavoratrici che vivono una situazione di crisi occupazionale dico di non perdere la speranza perché c’è sempre una via d’uscita”. Ad affermarlo è don Paolo Magoga, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro, fino a pochi mesi fa parroco a Maerne ed oggi presidente del Centro di formazione professionale Opera Monte Grappa di Fonte Alto. “E’ importante la formazione che fanno scuole e centri professionali del territorio, anche per gli adulti. Faccio appello agli imprenditori affinché non dimentichino il valore della solidarietà. Se si lavora insieme tra enti, istituzioni e mondo imprenditoriale i risultati si ottengono”.

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