martedì, 17 settembre 2024
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Studenti del linguistico Canova alla scoperta della Cina

Lo stage linguistico, fortemente voluto dalla preside Maria Rita Ventura, rappresenta un vanto non da poco per il Liceo, che è il primo in Veneto ad aver organizzato un viaggio nel paese asiatico.

Lo sciopero dei piloti Air France, e il conseguente ritardo nel ritorno a casa, ha fatto crescere nei 36 studenti del liceo linguistico A. Canova bloccati a Pechino il desiderio di Italia. Tuttavia tornati in patria, di nuovo alle prese con la routine scolastica, provano ora un po’ di nostalgia nei confronti di quella bellissima esperienza che è stata il loro viaggio cinese, raccontato con grande entusiasmo e descritto come una delle avventure più belle mai vissute.
Lo stage linguistico, fortemente voluto dalla preside Maria Rita Ventura, rappresenta un vanto non da poco per questo Liceo, che è il primo in Veneto ad aver organizzato un viaggio in Cina. Dopo 12 ore di volo Pechino ha accolto gli alunni e le tre insegnanti accompagnatrici (Pugliara, Biondi e Ventura) con la nota nube di smog che avvolge la città. Con un cielo più terso nei giorni successivi e le incredibili esperienze vissute, il resto del viaggio è stato tutto da raccontare.
Soprattutto tre cose sembrano aver colpito i viaggiatori: innanzitutto la Grande Muraglia, che ha tanto stupito gli studenti per la sua imponenza; poi la Festa di metà autunno, tipicamente cinese, nota anche come Festa della Luna, che i canoviani hanno festeggiato presso il suggestivo lago di Houhai, dove – secondo la tradizione – hanno assaggiato dei piccoli dolci noti come torte lunari; infine ha destato meraviglia la perfezione architettonica della Città Proibita, palazzo imperiale della dinastia Ming e Qing che per quasi 500 anni è stata centro cerimoniale e  politico della società cinese. Questo il commento di uno studente: “A confronto con il caos di Pechino, con il grigio e l’elevatissimo numero di palazzi che quasi impediscono di vedere il cielo, la Città Proibita è uno spazio aperto, estremamente geometrico, pulito e ordinato che ti colpisce per l’estrema cura con cui è tenuto oltre che per l’emozione di trovarsi in un luogo precluso per secoli, anzi proibito, alla maggior parte delle persone”.
Ascoltando i racconti dei partecipanti emergono ovviamente più punti di vista, tuttavia sorprendentemente spesso in contrasto tra loro. L’immagine di Pechino che emerge dunque è quella di una città ricca di contraddizioni, che contemporaneamente conferma e smentisce gli stereotipi che l’occidentale medio ha riguardo la cultura cinese. Estrema civiltà ed estrema maleducazione (chiaramente sempre secondo il criterio occidentale) sembrano convivere. Così alcuni ricordano i quindici minuti di Tai Chi (arte marziale ginnico-spirituale di origine taoista) che hanno visto praticare dai dipendenti fuori dal luogo di lavoro prima dell’apertura, altri raccontano del gran numero di sigarette e alcolici che i ragazzi cinesi della Capital Normal University di Pechino (dove essi stessi hanno alloggiato dal 7 al 22 settembre) consumavano regolarmente.
Contemporaneamente quest’ultimi descrivono un’efficienza nei servizi (la metropolitana su tutti) pressoché inarrivabile per l’Occidente, e varie manifestazioni di rispetto e gentilezza per il prossimo così evidenti da mettere quasi in imbarazzo. “Il nostro viaggio a Pechino ci ha mostrato come prima di ogni partenza vadano abbandonati i pregiudizi, per apprezzare la Cina è necessario aprire la mente e osservare quel tipo di civiltà così com’è, confronti continui al proprio mondo sono inutili e limitanti”, ci dice come resoconto dell’esperienza la prof.ssa Monica Pugliara.
Ai racconti entusiasti seguono le considerazioni conclusive e soprattutto riflessioni circa il futuro. Qualcuno giura “mai più”, ma molti stanno già considerando un ritorno in Cina, sì come meta turistica ma anche e soprattutto come trampolino di lancio in ambito lavorativo: alla prossima generazione di universitari - con un punto di vista nuovo sul futuro che finalmente non considera più ostacoli insormontabili la lontananza da casa e il dover imparare una nuova lingua -  il viaggio sembra dunque aver aperto almeno un nuovo grande orizzonte e aver offerto un’importante possibilità di scelta in più. Qual è se non questa la grande bellezza dei viaggi?

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