Come sempre, per l’occasione, la “Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia...
Si può dare nuova vita alle ex aree industriali?
Si è tenuto a Treviso il convegno nazionale “La riqualificazione delle aree industriali tra pianificazione urbanistica e nuovi modelli di business". Molti i luoghi da riqualificare, non solo le ex caserme, ma anche le mega discoteche degli anni '80
Arginare lo spreco non è una caccia alle streghe, ma la volontà di rendere più efficiente il sistema. Riqualificare, ottimizzare e, se necessario, anche demolire le aree industriali dismesse nel Trevigiano fa parte di questa precisa volontà.
Se ne è parlato venerdì 28 novembre al convegno nazionale “La riqualificazione delle aree industriali tra pianificazione urbanistica e nuovi modelli di business”, organizzato dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso. L’incontro, nell’ambito del VII Simposio Annuale dell’Ordine, ha puntato lo zoom su uno dei temi di più stretta attualità per il territorio e le comunità.
“Il numero delle aree occupate è impressionante - ha introdotto i lavori Vittorio Raccamari, presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso -, recuperarle può trasformarsi però in un’opportunità. Ricordiamo che se i fallimenti crescono in tutta Italia e la crisi ha piegato anche il Veneto, nella nostra regione l’export è cresciuto del 4,4%. Non solo. Le imprese che hanno delocalizzato ritornano a investire in Italia per avvicinare la produzione alla ricerca, alla ricerca di professionalità più preparate. Bisogna essere pronti”.
Nel corso degli ultimi trent’anni, si è dunque assistito ad un proliferare di zone industriali, determinato non solo dal grande sviluppo dell’economia locale, ma anche da speculazioni inappropriate, indotte talvolta da provvedimenti legislativi fondati su previsioni errate e su motivazioni discutibili.
Oggi, anche a causa della crisi, la maggior parte di queste aree ha circa la metà della superficie coperta non utilizzata, per non dire abbandonata, e non sembrano esservi prospettive concrete di riutilizzo, nemmeno nel medio periodo. “La crisi ha accelerato i processi di chiusura di aziende – ha spiegato Domenico Dal Bo’, presidente dell’Osservatorio Economico e Sociale di Treviso – ed è necessario rendere più efficiente il sistema, cominciando proprio dalle aree industriali dismesse. Invece delle tantissime e sparse aree industriali potremmo pensare a una concentrazione spaziale delle attività produttive, per esempio in 28 piattaforme, come emerge da uno studio effettuato, studiare il contesto, le strade che vi scorrono accanto, le attività che le caratterizzano, confrontandosi in una ottica sovracomunale, visto che queste aree lambiscono più comuni contemporaneamente”.
L’idea, dunque, è quella di attivare soluzioni che non siano solo quelle di demolire quanto è stato edificato, ma anche recuperare attraverso concentrazioni produttive, che ricreino micro- distretti industriali e artigianali con uno specifico denominatore comune, anche attraverso la leva delle agevolazioni e degli incentivi.
Mettersi insieme, dunque, è la parola d’ordine che da tempo risuona a più livelli: “Immaginiamo queste imprese – ha aggiunto Federico Della Puppa, Università Iuav di Venezia – che da sempre producono i loro rifiuti, consumano la loro energia, come isole isolate. Devono invece mettersi insieme e diventare aree sociali ed ecologiche sostenibili, creando per esempio servizi per i propri dipendenti, come asili nido e scuole. Non è tanto un problema di amministrazione pubblica, ma di chi sostiene le imprese”.
Il problema è dunque chiaro e le soluzioni pure, ma concretamente si può fare qualcosa? E se sì, ci sono già esempi realizzati nel nostro Paese?
“Sì, è possibile recuperare aree dismesse – ha spiegato Roberto Pugliese di Audis (Associazione Aree Urbane Dismesse) – e Audis, per esempio, è nata proprio per recuperare scali ferroviari, caserme e vari contenitori in grandi città come Treviso, Venezia, Napoli, Roma. Abbiamo ottenuto il maggior successo a Torino, dove una città prima industriale si è trasformata in una città di servizi. Le piattaforme industriali vanno bene, ma bisogna rileggere il territorio nel suo insieme per un nuovo sviluppo che ridisegni il paesaggio. Si parla di turismo e c’è chi ha proposto di pensare un itinerario delle Ville Venete. Ma una cosa è andare a vedere i Castelli della Loira, immersi in un paesaggio rimasto intatto appositamente, una cosa è fare lo slalom tra ville e capannoni”. Momenti dunque di grande riflessione che hanno messo intorno a uno stesso tavolo importanti attori. Un contributo è arrivato anche dalla Cgil di Treviso che, per l’occasione, ha allestito la significativa mostra fotografica “Vuoti a Perdere”, oltre cinquanta scatti dell’archivio fotografico “Archispi” che hanno stimolato la riflessione sui vuoti industriali e sulle modalità di rigenerazione di tali spazi.
Non solo caserme: in vendita anche le mega-discoteche costruite tra gli anni ‘80 e ‘90
Sono moltissimi gli immobili abbandonati che attendono di essere riconvertiti. Interessante segnalazione di Ansa Real Estate. Le mega discoteche che furono vere e proprie icone di stile negli anni ‘80 e ‘90 hanno chiuso i battenti e cercano una nuova vita. Il sito Immobiliare.it ha raccolto una serie di annunci. Essendo improbabile che venga mantenuta la loro vecchia funzione anche per gli alti costi, lo stesso suggerisce di riconvertire i locali in depositi, parcheggi, supermercati o gelaterie. “Di certo, come Audis, possiamo solo suggerire che non tutto può essere recuperato e trasformato in supermercato e affini. Il dismesso come noto non è tutto uguale in termini di opportunità per il territorio e la rigenerazione e il recupero vanno sottoposti a valutazioni preliminari approfondite e dettagliate”. Ad esempio, vicino a noi, a Bassano del Grappa si vende lo Shindi, una discoteca in auge fino agli anni 2000, ora usata come piano bar, costruita in una villa che a metà ‘800 ospitava un centro termale e ha ancora un pozzo di acque sulfuree funzionanti”.
Superficie di 400 metri quadrati, su un lotto di terreno di 9.000 metri quadrati, 5.000 dei quali edificabili, la villa attualmente dovrebbe rimanere a destinazione ricettivo-alberghiera-commerciale. Mesi fa si era parlato di un interessamento dell’imprenditore Renzo Rosso.
A quello delle discoteche sembra essere legato il destino dei night club, anch’essi passati di moda: molti sono in vendita.
Nel frattempo, per la rigenerazione di immobili ex militari, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha istituito una “Task Force” di coordinamento con Difesa Servizi S.p.A. e Agenzia del Demanio, con il compito di velocizzare gli iter di valorizzazione del patrimonio non più utile alle esigenze militari. Gli esiti degli interventi - spiega l’Audis - dovrebbero essere indirizzati verso il riuso, in particolare le dimensioni e l’ubicazione delle caserme consente di mobilitare capitali pubblici e privati, per costruire partnership finalizzate ai processi di riconversione e riuso, essenziali in questo momento di crisi economica.