Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
Mostra fotografica a palazzo Bomben sulle popolazioni che abitano le colline del Prosecco
Si può visitare fino a domenica 18 dicembre a Treviso la mostra "Rive / Piere / Casère e il popolo delle colline" allestita a palazzo Bomben. Oltre alla mostra, Antiga ha pubblicato un volume che racconta le colline del Conegliano Valdobbiadene e le sue genti.
Un omaggio a chi quelle colline le ama, le vive, le lavora e, nella quotidianità, ha contribuito a renderle famose in tutto il mondo. “Rive / Piere / Casère e il popolo delle colline” vivono in una mostra, per di più fotografica, allestita a palazzo Bomben di Treviso fino al 18 dicembre e nel volume pubblicato da Antiga. “Le colline del Conegliano Valdobbiadene una delle massime espressioni nazionali di bellezza, cultura e qualità enologica”, le definisce Elvira Bortolomiol, presidente Consorzio Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, in uno dei testi contenuto nel volume.
Un lavoro durato cinque anni, curato da Miro Graziotin, “con la forza pacifica e creativa della luce Arcangelo Piai e Corrado Piccoli”, la collaborazione di Carlo Rubini e Daniele Ferrazza. Ma che non vuole essere “né pedagogia, né invettiva, né denuncia” su come eravamo e come siamo diventati con la monocultura del Prosecco. “Semplicemente un atto d’amore, un tributo alle persone che abbiamo intervistato, a loro e ai loro antenati”, spiega Miro Graziotin. Il territorio scelto è quello delle rive, più impervie, di Valdobbiadene.
Eccolo allora il popolo delle colline, resistente alle asperità e alla fatica, che ha abbandonato le casère, fatte di pietre, “pietre che di quelle rive sono figlie e matrice con i loro colori cangianti”, “muti edifici che trasudano storia”, lasciate sembra appena ieri, i materassi realizzati con lo scarto della copertura delle pannocchie di granoturco, le giacche pesanti appese al muro. Abbandonate alla ricerca di qualche comodità in più in pianura, che non ha significato lasciare le amate rive che i contadini hanno, però, cercato di rendere meno “nemiche” con la forza dell’ingegno. “Difficile infatti trovare altrove somiglianze nel modo in cui i nostri colli sono stati resi produttivi attraverso l’ingegnosa realizzazione dei ciglioni; difficile accostare il nostro paesaggio collinare fatto di pendenze quasi verticali ad altre realtà non solo nazionali. Ancora, non è frequente trovare altrove testimonianza di una tenacia produttiva definita eroica, accostata però a una evoluzione culturale che ha permesso al nostro vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg di essere proposto con successo al mondo intero”, ribadisce Bortolomiol.
Le donne e gli uomini delle colline si prendono cura di questi luoghi: figli che mai avrebbero pensato di prendere in mano il lavoro dei genitori e che invece non riescono ad allontanarsi.
“Camminando per queste distese asperità accompagnati dalla perticazione di Carlo Rubini e dal complice censimento di Daniele Ferrazza - scrive Miro Graziotin - si percepiscono i battiti del cuore del dinosauro: ci dice che questa terra, come la sua gente, è inquieta e in cammino”.
Oltre alle splendide fotografie di Piai e Piccoli, la mostra raccoglie gli strumenti dei contadini di un tempo “reperti multiformi che abbiamo tentato di sottrarre all’oblio per portarli alla luce della storia” e, disseminate qua e là, le pietre che hanno fatto le casère, ma anche questi terreni.
Un video in esposizione dà voce al popolo delle colline, ad alcuni tra coloro che hanno scelto di restare, o di tornare, ancora una volta “non per sollecitare l’indugio nostalgico, ma per descrivere la fierezza discreta, di chi alleva futuro con la fatica e la passione che solo la terra può esigere con inusitata intensità”.
La mostra rimarrà aperta fino a domenica 18 dicembre, con orario giovedì–venerdì ore 15–19 sabato e domenica ore 10–13 / 15–19, ingresso libero.