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Canova, gloria trevigiana. Dal classicismo al romanticismo

La mostra inaugurerà il 14 maggio assieme al secondo stralcio dei lavori al museo civico Luigi Bailo

Anche Treviso offrirà il suo omaggio allo scultore Antonio Canova nell’anno del centenario dalla morte.
Lo farà con una mostra in programma al museo civico Luigi Bailo, che per l’occasione inaugurerà anche la seconda ala dell’edificio, dopo il restauro.
La monografica dal titolo “Canova, gloria trevigiana. Dalla bellezza classica all’annuncio romantico” sarà visitabile dal prossimo 14 maggio e fino al 25 settembre, ma nel frattempo il direttore dei Musei trevigiani, Fabrizio Malachin, ha voluto svelare alcune opere in anteprima e raccontare il percorso della mostra.

Innanzitutto la “trevigianità” dell’artista possagnese deriva da elementi storici molto precisi. “Già nel 1803, proprio a Treviso, nasce il mito del Canova bambino prodigio. La città, inoltre - spiega Malachin -, all’indomani della scomparsa dello scultore, avvenuta a Venezia, decide di onorarlo con un monumento marmoreo e una medaglia celebrativa, affidando la realizzazione del primo a Luigi Zandomeneghi e la medaglia a Francesco Puttinati. L’Ateneo di Treviso volle dedicare a Canova anche una sonata «con parole e musica appositamente composta per tale occasione dal socio onorario dell’Ateneo, maestro professor Rossini».

L’attivismo dell’Ateneo non lasciò indifferente il fratello di Antonio Canova, Giovanni Battista Sartori, che nel 1837 donò al sodalizio trevigiano il volume monumentale con le incisioni delle opere di Antonio Canova. Si tratta di un unicum sia per le dimensioni, 90 x 73 cm formato chiuso, che per il contenuto, ben 86 rami realizzati da diversi artisti. L’opera, restaurata, viene esposta per la prima volta in mostra e riprodotta integralmente come allegato al catalogo. Nel 1845 fu realizzata una custodia per il dono con ganci idonei all’esposizione a muro.

Il ruolo di Treviso divenne fondamentale anche negli anni del secondo centenario canoviano della nascita dell’artista, quello del 1957. Potrà sembrare strano, oggi, pensare a un Canova la cui fama era «piuttosto languente in una cerchia ben più vasta che non quella dell’affetto e della riconoscenza paesane, dopo un lungo periodo di quasi indifferenza per non dir oblio», come scriveva Coletti. Attorno a Canova c’era ancora una certa «inquietudine critica», tanto che «molti critici e storici illustri ne parlavano male, molto male»”.

L’arte dello scultore, infatti, dopo la gloria conosciuta in vita, venne definita “neoclassica” in senso dispregiativo e durante il ventennio fascista venne considerata un modello dell’arte utilizzata dal regime come propaganda. Fu così che, solo negli anni ’50 del Novecento, l’autore tornò a essere stimato e considerato un artista in termini assoluti e acquisì la fama indiscussa di cui tuttora gode. La rivalutazione si deve, in primo luogo, alla “Mostra Canoviana”, allestita nel 1957 a Palazzo dei Trecento, curata da Luigi Coletti che ebbe l’oggettivo merito di riaccendere i riflettori sullo scultore.

Oggi, dunque, Antonio Canova torna a Treviso con un itinerario inedito e del tutto originale, che vuole essere scientifico e didattico al tempo stesso, raccontando qualcosa di nuovo sull’artista e sulla sua opera. Verranno portate alla conoscenza del vasto pubblico molte opere inedite, presenti all’interno degli archivi museali e restaurate per l’occasione. Circa la metà delle opere in esposizione provengono dunque dai depositi cittadini, ma non mancheranno capolavori in prestito da molti musei nazionali e in qualche caso dall’estero. Era previsto anche l’arrivo di un marmo dall’Ermitage di San Pietroburgo, ma la recente invasione della Russia in Ucraina ha congelato i rapporti anche tra i musei e fatto saltare tutti gli accordi. Oltre al filone della trevigianità l’esposizione, che ripercorre 50 anni di produzione scultorea nella sua evoluzione, presenterà una nuova lettura critica dell’artista, rappresentato come ponte tra la cultura classica e quella romantica, con un piede già proteso verso la modernità.

A esprimere la propria soddisfazione per il progetto è intervenuto anche il sindaco di Treviso, Mario Conte, che ha ricordato come, a causa della pandemia, tutti i progetti delle mostre trevigiane avessero subito una battuta d’arresto e come in questi due anni sia stato necessario ripensare all’offerta culturale cittadina, che, nonostante tutto, prosegue tenendo fissi gli obiettivi di qualità, scientificità e internazionalità.

L’assessora alla Cultura, Lavinia Colonna Preti, si è invece soffermata su alcune opere tributo al Canova che saranno in mostra. Tra queste alcuni famosi ritratti e i calchi della mano destra e la maschera funeraria del maestro. Anch’essi fanno parte delle opere presenti nei depositi dei musei cicvici e sono stati restaurati per l’occasione. “Quando, il 13 ottobre 1822, Canova muore - spiega il direttore del museo -, scatta la caccia alle sue reliquie, quasi fosse un santo. I calchi di Treviso, rari, sono quindi l’esito di quel mito che era evoluto in un culto”.

La mostra sarà aperta dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 18. Biglietto intero 9 euro, ridotto 6 euro.

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